Riprendo brevemente il discorso iniziato nel precedente post per riportare uno studio su tecniche in via di sviluppo per limitare l'utilizzo di animali in laboratorio.
Un team guidato da Eric A. Johnson dell'University of
Wisconsin a Madison ha sviluppato un saggio di laboratorio su neuroni coltivati in vitro, per individuare contaminazioni della tossina botulinica in campioni sospetti.
Sappiamo tutti che questa tossina, a parte il recente utilizzo anti-rughe, è causa di avvelenamenti spesso mortali qualora contamini prodotti alimentari. La tossina è prodotta da un batterio anaerobio obbligato, il Clostridium botulinum. Essendo la tossina termostabile, essa permane anche dopo avere cotto il cibo e/o l'agente patogeno rimosso.
Il saggio che si avvale di neuroni derivati da cellule staminali pluripotenti, minimizza l'utilizzo del donatore animale di cellule: basta un singolo donatore per mantenere in coltura per tempi indefinite le sue cellule e da queste derivare, all'occorrenza, le cellule neuronali.
Nemmeno a dirlo e subito le industrie farmaceutiche hanno colto il potenziale risparmio e si sono gettate nel processo, ne breve ne economico, di validazione del saggio: procedimento questo assolutamente necessario per dimostrare la riproducibilità dello stesso e testarne i margini di errore (che devono essere assolutamente trascurabili).
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