Una serie di analisi, apparentemente curiose, è stata condotta da un team internazionale di 20 biologi e paleontologi guidati da Alistair Evans, il cui lavoro è stato pubblicato sulla rivista PNAS di gennaio.
Quello che è stato fatto è stato confrontare 28 diversi gruppi di mammiferi (fra i quali elefanti, primati e balene) analizzandone le variazioni delle dimensioni basate su resti fossili, avvenute negli ultimi 70 milioni di anni. Da queste osservazioni è risultato che la velocità di "rimpicciolimento" è molto più veloce di quella tendente al gigantismo. In termini numerici servono 24 milioni di generazioni per passare dalle dimensioni di un topo a quella di un elefante o 10 milioni se la taglia di partenza è quella di un coniglio.
Il processo inverso (diciamo verso il nanismo) può richiedere "solo" 100.000 generazioni. Queste osservazioni sono particolarmente evidenti confrontando animali il cui habitat attuale è un isola mentre quello dei loro antenati o cugini ancora viventi è continentale. L'isola, un luogo ristretto in cui le fonti di cibo sono limitate, impone un ecosistema basato su animali di piccola taglia. Questo è chiaramente il motore che spiega la diversa velocità evolutiva: il nanismo risulta favorito in quanto determina un minor fabbisogno di cibo. In assenza di grossi predatori poi la necessità di grosse dimensioni verrebbe meno. Fino ad ora questa era una idea diffusa, ora i dati la confermano.
Nessun commento:
Posta un commento