Identificare l'autismo dallo sguardo dei neonati? Uno studio americano pensa sia possibile.
I bambini autistici mostrano già nei primissimi mesi di vita una minore propensione a stabilire un contatto visivo con le persone con cui entrano in contatto. Questo è quanto emerge da uno studio preliminare pubblicato nelle scorse settimane sulla rivista Nature da Warren Jones, direttore del Marcus Autism Center di Atlanta.
I bambini autistici mostrano già nei primissimi mesi di vita una minore propensione a stabilire un contatto visivo con le persone con cui entrano in contatto. Questo è quanto emerge da uno studio preliminare pubblicato nelle scorse settimane sulla rivista Nature da Warren Jones, direttore del Marcus Autism Center di Atlanta.
Se il dato verrà confermato da uno studio epidemiologico più ampio, vorrà dire avere a disposizione uno strumento per la diagnosi precoce dell'autismo, una malattia estremamente eterogenea e ad eziologia praticamente ignota. La definizione più corretta della malattia è non a caso Autism Spectrum Disorder (ASD).
Diagnosi precoce vuole dire attivare il prima possibile un percorso mirato a
facilitare "l'uscita dal guscio emozionale" in cui questi bambini si
trovano. Non si tratta, ovviamente di guarire ma di minimizzare i
problemi che ogni persona autistica (e la sua famiglia) dovrà affrontare crescendo, facilitando la loro capacità di comunicare (e di essere compresi).
Il team di Jones ha seguito 110 bambini dal momento della nascita fino al secondo anno di età. 59 di questi erano soggetti "a rischio" in quanto avevano un fratello (ricordo che nella maggior parte dei casi la malattia colpisce i maschi) affetto, mentre i restanti erano i controlli, cioè bambini appartenenti a famiglie senza casi pregressi. Un numero di bambini non molto alto ma idoneo per uno studio preliminare considerando che la frequenza dell'ASD nella popolazione è di 1 su 88 (altri dettagli qui).
Durante il periodo dello studio i bambini sono stati visitati circa 10 volte ad intervalli regolari. I test comportamenti consistevano nel mostrare loro video di persone seguendo con particolari strumenti la direzione dello sguardo. "I bambini nascono una forte predisposizione innata per il contatto visivo", afferma Jones. "Soprattutto i più piccoli tendono a focalizzarsi sugli occhi di chi osservano, molto di più che verso altre parti del volto".
Tra i bambini seguiti tredici, diagnosticati successivamente come autistici, mostravano delle anomalie nel test visivo. Dodici di questi bambini appartenevano al gruppo "a rischio".
I risultati del test sono diversi a seconda dell'arco temporale considerato. Mentre nei primi due mesi di vita il "comportamento visivo" è uguale tra autistici e non, dal secondo mese in avanti (ed entro il sesto mese) si assiste ad un costante decremento nei bambini autistici nella capacità di (l'interesse a) fissare gli occhi del soggetto mostrato nel video.
I ricercatori invero si aspettavano delle differenze marcate fin dalla nascita e non dal secondo mese. Tuttavia il dato mostrato, preliminare, è molto importante in quanto permette di iniziare fin da subito una terapia atta a favorire dei miglioramenti quando ancora il cervello è al massimo della sua plasticità. Uno dei problemi della ASD è che, data l'estrema eterogeneità dei sintomi, la diagnosi può arrivare anche dopo alcuni anni quando la capacità di "recupero" del bambino è fortemente compromessa. Iniziare il prima possibile è quindi l'unica strategia utile.
Jones tuttavia invita, saggiamente, alla cautela, "aspettiamo che vengano ultimati gli studi su un campione di bambini molto maggiore". Ovvia precisazione, ma nel frattempo si può cominiciare a prendere atto dell'esistenza di questo possibile strumento diagnostico.
Fonti
- Attention to eyes is present but in decline in 2–6-month-old infants later diagnosed with autism.
Warren Jones & Ami Klin. Nature (Novembre 2013), doi:10.1038/nature12715
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