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Autismo. Un nuovo modello murino apre prospettive terapeutiche

L'autismo è una patologia complessa ed eterogenea che ha nel deficit relazionale l'aspetto comune.
Sebbene le cause siano tuttora fonte di indagine, la malattia è verosimilmente legata ad un mix di cause genetiche predisponenti e di anomalie nello sviluppo del sistema nervoso durante la gestazione. Il caso-autismo sta lentamente uscendo dai recinti specialistici in cui è da sempre confinato, anche per le false credenze associate. Prima fra tutte il considerare il personaggio interpretato da Dustin Hoffman in "Rain Man" come esemplificativo della condizione autistica. Il possedere incredibili doti nel calcolo matematico (o altre capacità estremamente specifiche) è solo una delle possibili forme con cui l'autismo si può presentare.

Non a caso il termine corretto per indicare la malattia è Disturbo dello Spettro Autistico (ASD), una definizione-ombrello che copre una patologia eterogenea la cui eziologia è multipla. Vale la pena sottolineare che l'ASD non è un problema trascurabile dato colpisce circa 1 ogni 110 bambini.
Dicevo prima che l'elemento comune alle diverse forme ASD è la carenza degli aspetti base emozionali, elementi questi essenziali per gli esseri umani che, essendo animali sociali, non possono prescindere dalla comprensione dei segnali emozionali.
Un dato ancora più importante se si considera che la diagnosi di autismo è riferita principalmente ai bambini. Quando i bambini crescono, se non opportunamente seguiti, diventano inevitabilmente individui assolutamente incapaci di alcuna interazione base; persone condannate a vivere ai margini della società e generalmente etichettati come ritardati e/o psicotici. 
Un problema devastante per le famiglie.
Problema acuito negli anni dalle spiegazioni fornite da alcuni eminenti psicologi (di cui è perfino meglio tacere il nome) che attribuivano l'autismo ad una carenza nella cura materna nella primissima infanzia. Una teoria che non solo NON ha una base scientifica (o meglio è pari a quella circa l'esistenza dei venusiani) ma che ha creato ulteriori sensi di colpa in genitori che di tutto hanno bisogno fuorchè di ipotesi strampalate.
Oggi, sia grazie ai progressi delle neuroscienze molecolari e della genetica che all'opera di sensibilizzazione condotta da persone che il problema lo vivono quotidianamente (Gianluca Nicoletti, Fulvio Ervas, etc vedi libri a fondo pagina) il velo oscuro intorno a questa malattia si sta sollevando.
Rimando ad un mio precedente post per altre considerazioni scientifiche sull'argomento (vedi Autismo: una patologia geneticamente eterogenea).

Lo scopo del post odierno è quello di riassumere un interessante studio pubblicato alcuni mesi fa sulla prestigiosa rivista Nature. Il lavoro descrive l'approccio testato per invertire (parzialmente ovviamente) i sintomi dell'autismo; studio effettuato su un topo modificato geneticamente. Altri studi farmacologici erano stati condotti prima di allora ma i risultati, seppure moderatamente positivi in topo, si erano dimostrati inefficaci in uomo. Il modello murino usato non era infatti adeguato per la complessità dello studio. Non adeguato nel senso che non ricalvava le alterazioni molecolari in Uomo.
Il team di ricercatori guidato da Nahum Sonenberg della McGill University di Montreal ha pensato allora di creare un nuovo modello murino partendo da topi geneticamente modificati mancanti del gene Eif4ebp2. Entrando nello specifico questo gene codifica per una proteina, 4E-BP2, la cui funzione è quella di spegnere la traduzione di alcuni RNA messaggeri.
I topi privi di Eif4ebp2 mostrano molti sintomi tipici del soggetto autistico, tra cui la scarsa interazione sociale, una capacità comunicativa alterata e la presenza di comportamenti ripetitivi.
Per quanto scritto sopra, se Eif4ebp2 viene eliminata, aumentano i livelli delle proteine la cui produzione è regolata negativamente da Eif4ebp2. Tra le proteine up-regolate, Sonenberg ne ha identificato alcune note come neuroligins (NLGNs), proteine localizzate nella membrana cellulare dei neuroni ed importanti per la funzionalità delle connessioni sinaptiche. L'aumento delle NLGNs induce una iperstimolazione del segnale interneuronale che secondo molti ricercatori è alla base dei sintomi dell'autismo.

Secondo Jack Price, un neurobiologo dello sviluppo presso il Kings College of Psychiatry di Londra. "questa nuova ricerca contribuisce a chiudere la lacuna meccanicistica grazie al collegamento diretto tra le anomalie nella sintesi proteica e le neuroligin".
Cosa ancora più interessante, Sonenberg mostra anche che gli effetti della carenza di Eif4ebp2 possono essere invertiti! L'approccio tecnicamente più ovvio sarebbe stato quello di usare la terapia genica per inserire una copia funzionante del gene difettivo; un approccio tuttavia pieno di incognite tecniche e che necessita di un rodaggio pluriennale.
Più interessante l'idea da loro sviluppata. Dato che 4E-BP2 è in grado di bloccare la traduzione agendo sul complesso proteico che da il via al processo, i ricercatori si sono domandati se fosse possibile sviluppare una molecola in grado di mimare il blocco, sostituendosi quindi alla proteina mancante.
La molecola è stata prodotta e sperimentalmente si è mostrata in grado, sia a livello locale (sinapsi) che sistemico (scomparsa dei sintomi associati all'autismo), di bloccare specificamente la traduzione dei geni a valle di 4E-BP2.
Non contenti, i ricercatori hanno anche provato un approccio basato basato su tecniche di RNA interference (usando cioè piccoli RNA in grado di bloccare la traduzione degli RNA messaggeri per le NGLN). Anche in questo caso il risultato è stato positivo.

Il dato più importante è che la patologia murina è stata revertita (un anglicismo oramai comune tra i ricercatori ...). Chiosa Christos Gkogkas, uno degli autori del lavoro, "sebbene l'autismo sia una disfunzione a carico delle fasi iniziali dello sviluppo neurologico, siamo stati in grado di correggerne le manifestazioni comportamenti in topi adulti".

Sonenberg mette giustamente in guardia il pubblico da indebite aspettative sulle possibilità di una terapia in tempi brevi. "Il farmaco che abbiamo usato è troppo tossico perchè sia ipotizzabile un suo utilizzo in studi clinici", dice. "Ma abbiamo dimostrato che questa via è praticabile. Identificati i potenziali bersagli terapeutici e dimostrato che la terapia farmacologica è possibile in linea di principio" il resto segue. Come la ricerca farmaceutica insegna.

Il problema vero, come accennavo nell'introduzione, è nella eterogeneità della malattia. Se la malattia avesse una causa ben definita (ad esempio una mutazione nel gene X in una percentuale sufficiente di pazienti) lo sviluppo di terapie adeguate sarebbe più "diretto". Al contrario, la ASD è il punto di arrivo di molte, e spesso ancora ignote, anomalie genetiche. Ciascuna  delle quali riguarda meno del 1% dei casi. Questo implica che una terapia potenzialmente funzionante in un soggetto potrebbe non esserlo negli altri 99. Se tuttavia mutazioni diverse colpissero proteine agenti sulla stessa via metabolica, anche l'eterogeneità genetica non sarebbe più un ostacolo insormontabile. Permetterebbe cioè di identificare delle terapie correttive specifiche per una data via metabolica.

Siamo ancora all'inizio. Ogni scoperta illumina il tunnel conducendoci all'uscita.

(articolo successivo sull'argomento, qui)

Fonti
- Autism-related deficits via dysregulated eIF4E-dependent translational control
 Gkogkas CG et al., Nature 2012



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