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Integratori a base di riso rosso. Usarli con intelligenza non è un optional

Integratori a base di riso rosso fermentato ed effetti collaterali o per porre la domanda più in generale, può un integratore alimentare causare danni all'organismo? 

La risposta viene dalla statistica ed è sempre SI, qualunque prodotto venga preso in considerazione (anche il più innocuo).
La differenza tra eventi aneddotici e conclamati allarmi viene non solo dal numero assoluto di segnalazioni ma dalla rilevazione anche di piccole nicchie di rischio causate da un utilizzo erroneo o dall'utilizzo da parte di persone a rischio per sottostanti problemi.

Il potenziale flag sul "riso rosso" nasce da un articolo pubblicato tempo fa sul British Medical Journal.

Nel case report si descrive il caso di una reazione avversa, i dettagli in seguito, attribuibile ad un componente specifico presente nell’integratore noto come riso rosso fermentato (da lievito)
Come noto a molti, il riso rosso fermentato (da non confondere con il riso rosso in vendita nei supermercati, semplice variante del riso) è tra i pochi prodotti non categorizzati come medicinali capaci di abbassare il livello del colesterolo e data la sua azione i medici avvisano che non deve essere assunto da chi è sotto terapia con le statine.
L’integratore è preparato partendo da riso bianco su cui viene fatto crescere il fungo Monascus purpureus, quindi bollito per eliminare fungo e processo fermentativo. E’ il fungo a conferire il colore rosso e questo spiega la confusione potenziale tra questo prodotto e il vero riso rosso (variante naturale dal colore rossastro, non indotta dalla fermentazione). Il riso rosso fermentato è presente sia nella cucina asiatica che nella medicina tradizionale cinese.
Il principio attivo responsabile della azione ipocolesterolemizzante è la monacolina K, presente sia nei farmaci anti-colesterolo propriamente detti (vedi lovastatin) che negli integratori in vendita nei supermercati. In quanto prodotto naturale non è catalogato come farmaco, quindi non è soggetto alle restrizioni alla vendita dei farmaci propriamente detti, il che spiega il rischio di assunzioni errate sia nel metodo che nello scopo.
Monacolina K

Il rischio intrinseco con questa categoria di prodotti (integratori e simili) è di usarli al posto di terapie farmacologiche appropriate. L'unica indicazione in cui tali integratori potrebbe avere un senso è la colesterolemia lieve, dove questo trattamento INSIEME ad una migliore dieta e all'attività fisica quotidiana, può aiutare a riportare i valori nella norma.
I farmaci a base di statine (sotto il cui nome ricade un'ampia classe di molecole) sono ben più efficaci (2-3 volte) nella capacità di ridurre il colesterolo rispetto al "riso rosso" ma sono anche associati al rischio di effetti collaterali per cui il medico stesso tende a limitarne la prescrizione (che di fatto ha carattere continuativo) solo al permanere dei valori di colesterolo al di sopra di certi valori e, colesterolemia famigliare esclusa, non prima dei 50 anni.

Ma anche il “riso rosso” (inteso come summa di monacolina K e, forse, altro) non è esente da problemi potenziali sia in caso di dosaggi eccessivi che, in alcuni soggetti, a dosaggi standard.
Ribadiamo un concetto: se un prodotto genera un effetto allora sta modificando la fisiologia (a livello sistemico, tessutale o cellulare) di chi la assume; se viene indicato come privo di qualunque effetto indesiderato anche remoto allora è una indicazione che quello che assumete è “acqua fresca” o peggio fuffa spacciata per altro. Riprendendo un vecchio detto in economia “non esistono pasti gratis”. Questo ci ricorda anche che i trattamenti fai da te non sono mai da seguire senza previo consulto di personale qualificato, fosse anche il classico farmaco da banco o un integratore.
Torniamo al caso descritto nell’articolo.
Una donna di 64 anni, titubante all’idea di iniziare un trattamento con le statine, aveva scelto la strada degli integratori a base di monacolina K. Ad un certo punto cominciò a presentare sintomi caratteristici di un danno epatico acuto, risoltisi solo dopo ospedalizzazione.
Entrando un poco più nel dettaglio si scopre che la donna aveva optato (errore o consapevolmente?) per un dosaggio inverosimile per 6 settimane.
La paziente assumeva 1200 mg/giorno di monacolina K quando l’assunzione giornaliera indicata su qualunque confezione (1 o 2 pastiglie a seconda dei casi) è di 10 mg (equivalente a 350 mg di riso fermentato). In questi casi il vecchio modo di dire “dose da cavallo” è addirittura riduttivo.
Tra i sintomi riportati (apparsi nelle 2 settimane prima del ricovero) stanchezza, gonfiore e ittero, quest’ultimo il segnale che aveva spinto la donna a recarsi in ospedale. Qui, oltre alle analisi del sangue che avevano indicato il danno epatico, una biopsia (fatta per escludere altre e nefaste cause) confermò il danno come caratteristico da assunzione di farmaci. La terapia che ne è seguita, a parte l'ovvia interruzione dell'assunzione di integratori, un trattamento con steroidi per ridurre il processo infiammatorio, continuato fino al ritorno dei parametri ematici entro l'intervallo di normalità.
La monacolina (che fa parte delle statine) agisce inibendo la sintesi endogena del colesterolo, cosa ben diversa dall'azione degli steroli vegetali che invece inibiscono l’assorbimento intestinale del colesterolo (ulteriori informazioni a fondo pagina su Danacol e simili). 
Schema semplificato della via di biosintesi del colesterolo. Le statine (e la monacolina K) agiscono inibendo la HMG-CoA reduttasi. Poiché tale azione ha anche l'effetto di diminuire il coenzima Q10, gran parte di integratori (e statine) contengono nella formulazione anche tale coenzima
(image credit: Int. J. Mol. Sci. 2019, 20, 3531 )
Oltre al coenzima Q10 viene spesso aggiunta la vitamina B12 di cui è nota la sua azione nel ridurre il colesterolo totale (A. Antonysunil et al (2015)
Tra i rischi legati all'assunzione eccessiva di monacolina, alterazioni strutturali e funzionali dei muscoli e, nei casi più gravi, a reni e al fegato. Un avviso da non trascurare se si pensa che il 30% delle malattie epatiche in USA è legata al consumo di integratori.

Questa la ragione per cui gli addetti ai lavori raccomandano in primis uno stile alimentare corretto e una regolare attività fisica, elementi essenziali per ridurre i grassi nel sangue e aumentare i livelli di HDL, e SOLO dopo queste correzioni, e per i casi più lievi, l’utilizzo di integratori. 
Gli integratori, infatti, generalmente riescono ad abbassare il colesterolo del 5-7%, mentre le statine anche del 20%. Quindi le statine (e in conseguenza la prescrizione medica) sono l'unica terapia possibile quando si parla di vera ipercolesterolemia.


Fonte
- Acute liver injury induced by red yeast rice supplement


*** Nota sui fitosteroli *** 
L'effetto di riduzione del colesterolo da parte degli steroli vegetali è stato in effetti confermato da un trial clinico nel 2008 e a seguire affrontato a livello europeo da parte della EFSA (European Food Safety Authority). Riguardo al "claim" di efficacia di prodotti come Danacol vale sempre la regola del buonsenso di cui sopra dato che l'effetto è inferiore al 10%.
Altro elemento da considerare è che ancora oggi si discute se la sola riduzione dei livelli di LDL si correli ad una significativa riduzione delle patologie cardiovascolari.
- Danacol® and blood cholesterol (The EFSA Journal (2009) 1177, 1-12)
- Plant sterol-enriched fermented milk enhances the attainment of LDL-cholesterol goal in hypercholesterolemic subjects.  N. Plana et al, (2008) Eur. J. Nutr. 47(1):32-9. 
- Danacol® Monograph (SISA (Società Italiana per lo Studio dell'Aterosclerosi - (.pdf)
Riguardo al meccanismo con cui i fitosteroli agiscono, l'ipotesi più probabile è una competizione con il colesterolo a livello dei recettori dell'epitelio intestinale


  1.  Nguyen, Tu T. (1999). "The Cholesterol-Lowering Action of Plant Stanol Esters"The Journal of Nutrition129 (12): 2109–2112. doi:10.1093/jn/129.12.2109
  2. ^ Trautwein, Elke A.; Duchateau, Guus S. M. J. E.; Lin, Yuguang; Mel'nikov, Sergey M.; Molhuizen, Henry O.F.; Ntanios, Fady Y. (2003). "Proposed mechanisms of cholesterol-lowering action of plant sterols". European Journal of Lipid Science and Technology105 (3–4): 171–185. doi:10.1002/ejlt.200390033.
  3. ^ De Smet, E; Mensink, RP; Plat, J (2012). "Effects of plant sterols and stanols on intestinal cholesterol metabolism: suggested mechanisms from past to presentMolecular Nutrition & Food Research56 (7): 1058–72. doi:10.1002/mnfr.201100722



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