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Geni zombie ovvero geni che si attivano dopo la morte come segnale di emergenza

È un po' di tempo che non parlo di "zombie", beninteso sempre in ambito di scienza vera e non SF, quindi colgo l'occasione di una recente pubblicazione per tornare sul tema.
Per altri articoli tematici vi rimando al tag--> "zombie in natura" (con i casi delle formiche zombificate da un fungo e i gamberi) o al vecchio "identificate cellule vive in cadaveri" che sotto alcuni aspetti richiama l'articolo odierno.
Punto di partenza è che tutta l'attività cerebrale si interrompe non appena una persona muore. I neuroni sono infatti le cellule il cui metabolismo è più dipendente dall'ossigeno e gli effetti di una ipossia anche solo temporanea si vedono nelle persone che hanno avuto episodi ischemici o trovatisi in assenza di ossigeno per pochi minuti. 
Arriva ora uno studio che dimostra come alcuni geni (scherzosamente chiamati "geni zombie") si attivano dopo la morte cerebrale.
Le cellule gliali con espressione genica aumentata nella fase post-mortem
Image credit: Jeffrey Loeb/UIC via Washington Post

Il lavoro viene da un team dell'Università dell'Illinois a Chicago (UIC) e ha osservato questo curioso fenomeno nelle cellule gliali, un particolare tipo di cellule infiammatorie cerebrali che mostrano tra l'altro la crescita di appendici dal corpo cellulare per un certo numero di ore a partire dal decesso.
Lo studio si è basato su tessuto cerebrale fresco prelevato durante interventi chirurgici di routine su pazienti con disturbi neurologici, simulando così lo stato in cui si sarebbero venuti a trovare queste cellule in condizioni post-mortem. Dall'analisi dell'espressione genica hanno potuto individuare tre classi "comportamentali" di geni, di cui una mostra un netto incremento di attività prolungata dopo il decesso simulato. 
Per quanto questo possa sembrare strano, un simile comportamento non sorprende gli addetti ai lavori. La massiccia morte cellulare conseguente all'ipossia/anossia che coinvolge in particolare le cellule neuronali, attiva in automatico una risposta infiammatoria ad opera delle cellule gliali, naturalmente più resistenti all'assenza di ossigeno (resistenza conseguenza di un metabolismo che passa dalla respirazione mitocondriale alla glicolisi anaerobica). Una risposta non causale visto che tra i compiti di queste cellule c'è quello di ripulire i detriti lasciati dalle cellule defunte, fenomeno particolarmente importante dopo una lesione cerebrale e un ictus.

Ecco le tre classi "comportamentali" post-mortem: 

  • una prima classe di geni rimaneva sostanzialmente stabile per 24 ore - la loro espressione non è cambiata molto. Si tratta dei cosiddetti geni "housekeeping", la cui funzione (e prodotti proteici) sono alla base del funzioni cellulari essenziali; la loro inerzia a cambiare viene non a caso sfruttata usandoli come normalizzatori dell'espressione specie quando si comparano esperimenti condotti a tempi o condizioni diverse.
  • Una seconda classe genica, con espressione precipuamente neuronale, mostrava invece un comportamento irregolare ma con chiara tendenza a rapido deterioramento nell'immediatezza dello stato di "morte". Molti di questi geni giocano un ruolo chiave nei processi "superiori".

  • Arriviamo al terzo gruppo di geni che, nomen omen, è diventato attivo nello stesso momento in cui i geni associati alla funzionalità dei neuroni crollavano nella loro attività. Questi geni "zombie" raggiungono il picco di espressione circa 12 ore dopo il "decesso".
Lo scopo della ricerca ha valenza perché avvisa di possibili artefatti dell'espressione genica quando si utilizzano biopsie vecchie di ore, i cui risultati sarebbero fuorvianti rispetto alla cellula in condizioni fisiologiche. Nel peggiore dei casi (la biopsia è quella ed è unica) questi dati informano su quali siano i geni da non considerare in quanto a rischio artefatti.


Nel 2016 era stato condotto uno studio simile ma su animali (topi e zebrafish) che avevano evidenziato un simile comportamento di iper-attività post-mortem in più di 1000 geni, la maggior parte dei quali si attivava mezz'ora dopo il decesso e in alcuni casi raggiungeva il picco dopo 24 o perfino 48 ore. I geni coinvolti codificano per proteine funzionali e per regolatori, il che mostra che il sistema cellulare lavora finché possibile per mantenere l'omeostasi del sistema compensando i problemi ambientali.

Fonti
- Selective time-dependent changes in activity and cell-specific gene expression in human postmortem brain
Fabien Dachet et al,  Scientific Reports, 11,6078 (2021) 

- ‘Zombie Genes’? UIC Researchers Find Some Brain Cells Increase Activity After Death
CBS Chicago, 23 marzo 2021


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