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I test in vitro su embrioni scimmia-uomo riaccendono il dibattito sugli animali ibridi

Il lavoro in 2 righe: in embrioni di scimmia nelle primissime fasi dopo la fecondazione sono state inserite cellule staminali umane derivate da fibroblasti embrionali. Le chimere così ottenute sono sopravvissute (in colture di laboratorio!) per i 19 giorni della durata dell’esperimento 
Il lavoro è stato pubblicato il 15 aprile su Cell.

Panoramica
La logica sottostante l’esperimento era verificare la fattibilità di quasi-organismi chimerici utilizzabili sia per i test dei farmaci che per sviluppare in vitro “organi” umanizzati adatti per i trapianti; il "quasi" è riferito all'essere un approccio finalizzato allo studio in vitro e non prevede una fase di gestazione.
Il lavoro è il proseguimento di esperimenti risalenti al 2017 in cui si utilizzarono come riceventi embrioni di maiale e mucca inoculati con cellule umane, e embrioni di ratto inoculati con cellule di topo. I risultati all'epoca mostrarono una efficienza molto bassa tranne che per la chimera ratto-topo, prevedibile dati i 90 milioni di anni che separano il punto di biforcazione evolutiva tra ungulati, roditori e primati.

L'ultimo lavoro in ordine di tempo (scimmia+umano) è stato anche quello che ha provocato maggiori riserve anche tra gli addetti ai lavori; usare embrioni di macachi come riceventi di cellule embrionali umane pone inevitabilmente dubbi etici attinenti alla classificazione dell'embrione finale.
Tra i dubbi sollevati il principale è che eventuali chimere uomo-primate non potrebbero in ogni caso essere usate come modelli sperimentali, come invece lo sono topi e roditori, perché la ricerca e la sperimentazione su primati non umani è vincolata da regole etiche be più stringenti di quelle sui roditori.
Quindi, questa la domanda, perché sfidare i confini etici quando risultati simili si sarebbero potuti ottenere usando come embrione di partenza quello di maiale o bovino? Altra punto sollevato è la necessità di tali test quando c'è la ricerca sugli organoidi è in piena ascesa e si pone come migliore (futura) alternativa sia alla ricerca sugli animali che alla creazione di organi di ricambio.
La risposta ufficiale degli autori dello studio è che il fine principale di questo approccio non è impiantare gli embrioni chimerici nelle scimmie affinché generino organismi compiuti ma come strumento da usare in coltura per capire come, nelle fasi iniziali dello sviluppo, cellule di specie diverse comunichino tra loro. Un punto questo condivisibile anche se difficile da spiegare ai non addetti ai lavori il cui metro di paragone spontaneo sono gli eventi narrati su “l’isola del dottor Moreau” e questo spiega la mediaticità della notizia.

Dentro l'esperimento
Dopo avere fecondato gli oociti di macaco, lo zigote è stato lasciato crescere in coltura per 6 giorni fino allo stadio di blastocisti, raggiunto il quale sono state microiniettate le cellule umane pluripotenti (capaci quindi di dare origine a molti tipi di tessuto ed organi). 

Nota. Il processo è ovviamente molto più complicato del semplice prelievo di cellule embrionali ottenute in laboratorio e la loro aggiunta alla blastocisti. Sia che le cellule di origine siano embrionali pure che IPS (derivate da cellule somatiche) perché queste riacquistino almeno alcune delle caratteristiche tipiche di una cellula realmente pluripotente (più di una multipotente o staminale tessutale ma meno di una totipotente quali sono le cellule fino allo stadio di morula) è necessario trovare il cocktail giusto di trattamenti in coltura per fare "ringiovanire" le cellule (alias de-differenziarla). Bastano minime variazioni di stato di partenza anche ammettendo di avere trovare il cocktail ottimale perché la cellula iniettata sia "incapace" di recepire gli stimoli chimici nel nuovo ambiente embrionale e si comporti in modo anomalo morendo o danneggiando lo sviluppo coerente dell'embrione
 
Data la variabilità e casualità del processo di aggiunta (dove la cellula umana va a localizzarsi all’interno dell’embrione e la sua "predisposizione" a differenziare) era ampiamente preventivata una ampia eterogeneità nei risultati. E infatti dei 132 embrioni trattati, 91 hanno raggiunto gli 11 giorni post fertilizzazione e solo 3 erano quelli rimasti al giorno 19. Un “crollo”, indicativo di quanto il processo sia ad oggi poco efficiente e controllabile, quindi poco utilizzabile a scopi “produttivi”.
Altro limite dell’approccio è che una volta effettuata l’aggiunta delle cellule rimaneva c'era solo il “wait and see” per capire quali tra le cellule di partenza umane si sarebbero comportate in modo coerente con lo sviluppo embrionale.

Primo vero effetto della sperimentazione è che è già stata calendarizzata per maggio una riunione della International Society for Stem Cell Research (ISSCR) in cui verranno aggiornate le linee guida per la ricerca sulle cellule staminali. Si sa già che queste riguarderanno l’utilizzo di primati non umani e le chimere umane con il bando a qualunque sperimentazione che implichi l’integrazione delle cellule umane nel sistema nervoso in via di sviluppo della chimera. Un paletto importante e di suo sufficiente a impedire problemi etici; fare crescere cellule umane in grado di originare (ad esempio) un fegato umano in una chimera, pronto per un trapianto o su cui studiare l’effetto dei farmaci non implica alcuna “umanizzazione” della chimera; avere un sistema nervoso di primate arricchito (e non si sa di quanto) di cellule umane qualche problema etico indubbiamente lo pone.

Come nota di cronaca, il Giappone ha revocato il divieto di esperimenti con embrioni animali contenenti cellule umane già nel 2019 dando così il nulla osta ai finanziamenti statali nel campo. Per quanto riguarda la Cina, siamo tutti molto consapevoli di quanto sia difficile avere notizie affidabili ex ante (cioè prima che i fatti arrivino ai media) come la vicenda di He Jankui sui bambini CRISPR ha ben dimostrato.

Fonti
- Chimeric contribution of human extended pluripotent stem cells to monkey embryos ex vivo
Tao Tan et al, Cell (2021), 184(8):2020-32

- Derivation of Pluripotent Stem Cells with In Vivo Embryonic and Extraembryonic Potency
Yang et al., (2017) Cell 169, 243–257

- Generation of Chimeric Rhesus Monkeys
Masahito Tachibana et al, (2012) Cell, 148(1-2):285-95

https://www.nature.com/articles/d41586-021-01001-2

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