CC

Licenza Creative Commons
Questo opera di above the cloud è concesso sotto la Licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Italia.
Based on a work at scienceabovetheclouds.blogspot.com.

The Copyright Laws of the United States recognizes a “fair use” of copyrighted content. Section 107 of the U.S. Copyright Act states: “Notwithstanding the provisions of sections 106 and 106A, the fair use of a copyrighted work (...) for purposes such as criticism, comment, news reporting, teaching, scholarship, or research, is not an infringement of copyright.”
Any image or video posted is used according to the fair use policy
Ogni news è tratta da articoli peer reviewed ed è contestualizzata e collegata a fonti di approfondimento. Ben difficilmente troverete quindi notizie il cui contenuto sia datato.
QUALUNQUE link in questa pagina rimanda a siti sicuri!! SEMPRE.
Volete aiutare questo blog? Cliccate sugli annnunci/prodotti Amazon (se non li vedete, disattivate l'Adblocker mettendo questo sito nella whitelist. NON ci sono pop up o script strani, SOLO Amazon). Visibili in modalità desktop! Se poi decidete di comprare libri o servizi da Amazon, meglio ;-)
Dimenticavo. Questo blog NON contiene olio di palma (è così di moda specificarlo per ogni cosa...)

"Riacceso" il cervello di un maiale morto da ore. E non è una scena di Pet Sematary

La notizia potrebbe suonare come un poco credibile plot hollywoodiano sulla falsariga di film anni '80 (da Linea Mortale a Reanimator e Pet Samatary), ma l'esperimento è reale e nemmeno collocabile tra i progetti di uno scienziato pazzo.
Steve Martin, neurochirurgo pazzo in un film del 1983

Ricercatori della Yale School of Medicine sono riusciti a ripristinare l'attività cellulare del cervello di maiali morti e a mantenerli vitali per le 36 ore del test.
Nota. La "riattivazione cerebrale" non è stata fatta su (o usando) animali di laboratorio ma sul cervello prelevato da animali macellati per fini alimentari in una azienda vicina all'università. La distinzione non è di poco conto in quanto segna la differenza tra un esperimento fatto su animali da laboratorio (fortemente regolamentato) ed uno fatto con materiale assimilabile a campioni autoptici (da cadaveri) e in più prelevato da animali finalizzati alla produzione di carne, quindi non uccisi per fini sperimentali.
L'esperimento è consistito nella perfusione del cervello estratto da un animale morto 4 ore prima (privato quindi di ossigeno, glucosio o altri nutrienti per tutto il tempo) con una soluzione fisiologica acellulare progettata per impedire la coagulazione e per veicolare sia agenti farmacologici che l'ossigeno (trasportato da emoglobina libera, data la mancanza di globuli rossi).
La perfusione è avvenuta mediante un sistema di pompe e filtri, chiamato BrainEx.
Schema del sistema BrainEx (credit: Z. Vrselja et al, Nature via vox.com)

Scopo dello studio
Può essere visto su due livelli. Il primo è l'analisi di fattibilità nel recuperare/preservare l'attività metabolica cellulare in porzioni più o meno estese del cervello per poterle studiare in laboratorio. Il secondo, vincolato al successo del primo, è l'eventuale ricomparsa della comunicazione intercellulare sotto forma di trasmissione di potenziali d'azione, utile per la caratterizzazione dei circuiti neuronali locali.

Sebbene sia oggi possibile tenere in coltura, anche per settimane, espianti vitali di aree cerebrali, si tratta in pratica della coltura di cellule, private dell'architrave 3D in cui queste sono organizzate in vivo. Un limite non di poco conto se si considera che la già essenziale correlazione funzione-struttura 3D riferita ad un qualunque altro organo, assurge a requisito fondamentale quando si vuole comprendere la complessità della rete neurale.
Vero che l'analisi strutturale delle diverse aree cerebrali è in uso da anni (pensate alle prime bellissime immagini catturate al microscopio da Ramón i Cayal) ma per decenni ci si è dovuti accontentare di sezioni tissutali fissate in formalina per preservarne l'integrità; in altri termini tessuti morti. Negli ultimi anni nuove tecnologie hanno permesso di dare uno sguardo alla struttura di tessuti vivi (vedi l'affascinante tecnica del Brainbow, in cui ciascun neurone emette un colore diverso, o Clarity che rende il cervello trasparente) e anche di monitorare il funzionamento del cervello in azione, per di più in modo totalmente non invasivo (vedi la fMRI) ma si è sempre sentita la mancanza di un metodo per studiare struttura e funzione usando un modello "da laboratorio". Le sezioni di tessuto sono chiaramente inadeguate per rispondere alle domande sulla funzione e sulla connettività neuronale se non su scala ridotta. Inoltre gran parte della struttura 3D viene persa durante la preparazione del tessuto e solo grazie alla potenza dei computer è stato possibile ricreare in silico l'intreccio ordinato della foresta neuronale grazie alla comparazione tra innumerevoli sezioni adiacenti e trasversali tra loro.

Il sistema BrainEx ha permesso di superare questo gap e senza usare organi (quindi animali) che non fossero già disponibili.
Tuttavia il cervello non è un organo come gli altri. Ragionare sulla sua riattivazione - se fattibile, anche solo su scala limitata - ha sollevato fin da subito nei ricercatori una serie di problemi etici legati al riattivare la funzionalità di cervelli defunti. Avrebbe questo comportato la ricomparsa di una sia pur minima attività percettiva e magari di dolore, ansia o altro?
Una preoccupazione probabilmente infondata se si considera che sono sufficienti pochi minuti di ipossia per indurre la morte cerebrale, un evento per definizione irreversibile.
Nota. Attenzione alla differenza di significato tra cervello preso da un animale morto e un cervello "morto", cioè le cui cellule sono morte. Nel primo caso alcune cellule tra quelle meno sensibili alla privazione di ossigeno e nutrienti potrebbero essere "recuperabili" entro un certo lasso di tempo, in quanto non ancora morte. Nel secondo caso nulla è recuperabile qualunque cosa si faccia, per l'ovvia ragione che le cellule sono morte.
Le conseguenze di un ictus diffuso (o che colpisce aree chiave anche se limitate) sono ben note e rappresentano un ulteriore elemento di "conforto" nel ritenere estremamente improbabile che la riattivazione anche di estesi gruppi di cellule nel cervello "rianimato" sia associabile al ripristino delle funzioni superiori quale è lo stato di coscienza.

L'attributo "estremamente improbabile" non permette di escludere l'evento. Tale consapevolezza, e l'implicito rischio etico, impose di approntare contromisure qualora gli strumenti di monitoraggio dell'attività cerebrale avessero rilevato segnali (tipicamente onde cerebrali) riconducibili ad una seppur marginale attività corticale superiore.
Due le procedure di emergenza predisposte qualora l'EEG (elettroencefalogramma) avesse mostrato un qualunque segnale indicativo di stress: sostanze ad azione anestetica da introdurre nel liquido di perfusione e riduzione della temperatura.

Spostiamoci ora sul risultato sperimentale. La procedura ha permesso una sostanziale riattivazione metabolica senza alcuna evidenza di attività EEG (elettroencefalogramma).

Sufficiente per escludere i timori di una riattivazione percettiva? NI.

Da un lato la possiamo infatti escludere un "risveglio" perché le conoscenze acquisite concordano sul fatto che un recupero anche minimo di "coscienza" o percezione, implica la comparsa, ALMENO, di onde di bassa ampiezza nell'intervallo alfa (8-12 Hz) e beta (13-30 Hz).
Nessuna di queste onde è stata rilevata nell'intervallo di tempo sperimentale.
Pertanto, in assenza di attività EEG l'esperimento può essere paragonato, da un punto di vista etico, ad esperimenti condotti su tessuti post-mortem e quindi fuori da ipotesi regolatorie.

Eppure è difficile scacciare completamente il pensiero quando si entra in una zona dai confini incerti.
Fino ad ora infatti era opinione comune tra neurobiologi e medici che l'attività neurale e la coscienza fossero irrimediabilmente perse dopo soli pochi minuti di interruzione del flusso sanguigno nei cervello (almeno nei mammiferi). Anzi come ben sappiamo, è sufficiente un calo di pressione (quindi anche di ossigeno che raggiunge il cervello) di pochi secondi per provocare svenimenti. Se la circolazione non viene ripristinata in tempi brevi il passo tra perdita di coscienza e morte cerebrale è rapido.
In questo studio si è visto che 4 ore dopo la morte era possibile riattivare nelle cellule il metabolismo degli zuccheri, finalizzato per la produzione di energia e sintesi proteica. Certamente questa è cosa ben diversa dal ripristinare la rete neurale ma rimane il punto che un evento prima ritenuto non possibile, sia in effetti fattibile.

Altre domande sorgono spontanee.
Sebbene sia estremamente probabile che l'attività EEG sia stata persa in modo irreversibile con la morte dell'animale non si può escludere che il non averla rilevata durante la "rianimazione" sia conseguenza del protocollo sperimentale usato più che una assenza definitiva. La soluzione di perfusione conteneva infatti agenti chimici inibenti l'attività neurale, introdotti seguendo l'ipotesi che sarebbe stato più semplice ottenere una certa riattivazione metabolica bloccando sul nascere funzioni neuronali come l'attività bioelettrica.
Ma cosa sarebbe successo se durante l'esperimento tali inibitori fossero stati rimossi? Ci sarebbe stata la comparsa di attività EEG? E in questo caso si sarebbe dovuta interpretare come un ritorno di attività cerebrale vera e propria o solo come usa serie di attività scoordinate, epifenomeni del metabolismo neuronale privi di ogni "grammatica" informativa?
Altra ipotesi è che magari sarebbe servito uno "shock" elettrico, come quello usato per fare ripartire il cuore, per resettare il neurone (ovviamente solo nel caso in cui il neurone fosse ancora vitale) in stasi e farlo ripartire.
O magari ci vuole più tempo rispetto alle sei ore di perfusione fatte con BrainEx perché la riattivazione bioelettrica si manifesti.

In sintesi l'approccio basato su BrainEx evidenzia potenziali mancanze nella normativa vigente sulla sperimentazione (quando si usano organi "senzienti") e ad un livello superiore mette in discussione le ipotesi di vecchia data su ciò che rende un mammifero (quindi anche noi) vivo pur in assenza di segnale EEG.

***

Passiamo ora ad alcune delle domande "pratiche" che un esperimento del genere solleva, specie tra chi non ha un background di neurobiologia.

Questa ricerca potrebbe portare all'immortalità?
E 'improbabile. I ricercatori hanno fornito alle cellule cerebrali ossigeno e sostanze nutritive mediante  perfusione e questo ha ripristinato alcune funzioni cellulari, come il metabolismo degli zuccheri; non      vi sono però dati su quanto a lungo il sistema BrainEx avrebbe potuto tenere in vita l'organo (l'esperimento è stato portato avanti solo per 36 ore complessive).
Sappiamo altresì che i danni da invecchiamento o malattia in aree critiche come il cervello sono irreversibili quindi la tecnica in sé non sarebbe utilizzabile per "ringiovanire" il cervello.
Sebbene oggi l'unico modo per usare BrainEx sia quello di rimuovere il cervello dalla calotta cranica (impensabile non solo in un essere umano ma anche usando un animale vivo) nulla vieta di pensare che in futuro un approccio simile diventi possibile "in sito", magari usando persone decedute in seguito ad un incidente o per eventi cardiovascolari.
Altro punto importante è che il test NON è stato fatto su un organo congelato ma su un espianto; inutile quindi per coloro (e non sono pochi) che oggi pianificano di congelare il proprio corpo (post-mortem, per motivi legali) in vista di terapie future.

Lo studio permette di pensare a futuribili trapianti di cervello?
Trapiantare un cervello da un corpo all'altro è qualcosa che attiene oggi (e nel futuro prossimo) al regno della fantascienza (o magari della distopia fantascientifica) più che alla fattibilità, e sensatezza, scientifica. Questo dimostra unicamente la possibilità di ripristinare le funzioni (alcune) cellulari (di alcune) in un cervello. Trapiantare un cervello è qualcosa di molto più complicato; una delle sfide principali sarebbe il collegamento tra il tronco encefalico e il midollo spinale. Solo così verrebbe ripristinato l'asse bidirezionale, di controllo e sensoriale, tra centro e periferia.

Un cervello separato dal resto del corpo potrebbe mai essere cosciente?
Difficile rispondere. In questo esperimento i ricercatori hanno deliberatamente impedito al cervello dei maiali di riprendere conoscenza, usando sostanze chimiche per bloccare l'emergere del potenziale d'azione. Non è stata inoltre osservata alcuna attività cerebrale assimilabile allo stato di coscienza. L'idea di per sé non è però impossibile. In un test i ricercatori hanno rimosso sezioni di tessuto cerebrale e dopo avere applicato uno stimolo elettrico hanno visto che i neuroni avevano mantenuto la capacità di rispondere. Altri esperimenti condotti presso la UCSD nel 2018 sono ancora più informativi: usando organoidi di cervello, vale a  dire "mini cervelli" ottenuti in laboratorio partendo da cellule staminali adulte, questi producevano onde cerebrali con pattern simili (non uguali) a quelli osservabili nei nati prematuri (--> Nature).
La sezione di un organoide di cervello che evidenzia la presenza di neuroni corticali maturi nella parte esterna
(Credit: Muotri Lab/UC San Diego)
Capire se un cervello "isolato" potrebbe mai percepire qualcosa di ciò che lo circonda implicherebbe per prima cosa l'aggancio ad organi sensoriali come gli occhi o la pelle. Ma sappiamo altrettanto bene dalla clinica che pur in assenza di stimolazione sensoriale è possibile uno stato di coscienza (ad esempio nella sindrome locked-in).
Tutti questi test "limitati" sono stati effettuati negli USA dove vi sono norme stringenti sull'utilizzo di animali vivi ma non sugli organi DOPO che sono stati rimossi dal corpo. Ipotizzare un qualsiasi esperimento che comporti l'utilizzo di un cervello "isolato" da un animale necessiterebbe l'approvazione dei comitati etici e nutro seri dubbi che riceverebbero il via libera (viste le pene esistenti per chi viola le leggi federali). Un problema che non si applica in altri paesi come ben evidenzia il caso delle bambine-OGM cinesi.

L'attività cerebrale minima osservata nell'esperimento suino è paragonabile ad uno stato vegetativo?
No. Sebbene una persona in stato vegetativo non sia considerata cosciente, i suoi neuroni sono ancora attivi e capaci di inviare segnali, tra cui quelli che regolano i cicli sonno-veglia e la funzione cuore-polmone, solo per citarne alcuni. In molti casi gli occhi del paziente possono seguire il movimento del dito del medico ma si tratta di un riflesso spontaneo che non attiene alla coscienza (assente per i danni corticali). Al contrario, i neuroni del cervello espiantato dal cadavere dei maiali non mostravano alcuna attività elettrica se non come risposta alla stimolazione con elettrodi (risposta di riflesso e non capacità intrinseca)

Certamente lo studio solleva domande sulla definizione di cosa sia una entità consapevole e quali diritti meriti. Non a caso (ma dal mio punto di vista in modo immotivato) sono in corso discussioni etiche circa se e quando attribuire diritti alla macchine dotate di IA.


Fonte
- Restoration of brain circulation and cellular functions hours post-mortem
Z. Vrselja et al (2019) Nature 568, pp. 336–343

- Pig experiment challenges assumptions around brain damage in people
Nature (2019)

- Part-revived pig brains raise slew of ethical quandaries
Nature (2019)



Nessun commento:

Powered By Blogger
"Un libro non merita di essere letto a 10 anni se non merita di essere letto anche a 50"
Clive S. Lewis

"Il concetto di probabilità è il più importante della scienza moderna, soprattutto perché nessuno ha la più pallida idea del suo significato"
Bertrand Russel

"La nostra conoscenza può essere solo finita, mentre la nostra ignoranza deve essere necessariamente infinita"
Karl Popper