Studiare il cervello rendendolo trasparente?
L'aggettivo "trasparente" non è una esagerazione semantica, dato che l'organo trattato diventa veramente trasparente.
Precisiamo subito che non si tratta di un modo per avvicinare la realtà al regno della finzione letteraria, come L'Uomo Invisibile di H.G. Wells (ma anche di Ralph Waldo Ellison) o la protagonista dei Fantastici Quattro della Marvel. Prima di tutto perché il trattamento è distruttivo e va quindi fatto post-mortem e poi perché lo scopo è prettamente scientifico, finalizzato a "vedere" la struttura interna di un organo senza bisogno di sezionarlo.
Vedere qualcosa di invisibile?
Capisco che a leggerla così possa sembrare alquanto curiosa l'idea di rendere invisibile qualcosa per ... vederla meglio. Meglio aggiungere allora qualche altro tassello sul metodo CLARITY ("limpidezza" in italiano).
Il cervello prima e dopo il trattamento (credit: Deisseroth lab). Ulteriori dettagli nella figura -->qui |
CLARITY è un metodo sviluppato da Karl Deisseroth della Stanford University che permette di osservare direttamente l'interno di un cervello integro (o di ampie porzioni di tessuto cerebrale) rendendolo "otticamente trasparente". La trasformazione da opaco a trasparente si basa sulla eliminazione dei componenti otticamente opachi (come i lipidi, mediante il SDS - sodio dodecilsolfato), la fissazione della componente proteica e nucleica (grazie alla formaldeide) e l'aggiunta di una "impalcatura" trasparente per mantenere l'integrità tissutale (si usa un idrogel a base di acrilammide).
Una volta effettuato il trattamento i lipidi vengono rimossi lasciando l'impalcatura di idrogel e di proteine/acidi nucleici: si passa da un tessuto biologico ad un ibrido contenente componenti esogene che assicurano stabilità strutturale e trasparenza. La visualizzazione (o meglio l'aumento del contrasto per distinguere architrave da materiale biologico) è ottenuto grazie a molecole fluorescenti fatte esprimere dal tessuto quando ancora vivo (ad esempio con tecniche tipo --> Brainbow) oppure mediante marcatura successiva mediata o da sonde di acido nucleico o da anticorpi legati a fluorofori. Una volta posizionata la molecola di contrasto le tecniche di visualizzazione rientrano nelle tecniche di microscopia standard (per ulteriori dettagli vedi figura pubblicata su Nature -->qui).
Un esempio "minimalista" di cosa è possibile vedere senza sezionare il tessuto. L'immagine è quella dell'ippocampo di topo in cui i diversi colori rappresentano diverse cellule. I neuroni eccitatori sono in verde, quelli inibitori in rosso e gli astrociti in giallo (original from Deisseroth Lab; image taken from wikipedia). |
Il risultato è incredibile e permette di visualizzare nel dettaglio le interazioni esistenti nel network neuronale e ricostruire così nel dettaglio "chi interagisce con cosa".
Le tecnologie attuali consentono di osservare i neuroni e le loro connessioni a livello microscopico, ma solo attraverso le sezioni ultrasottili prelevate dalla regione cerebrale di interesse. Le immagini bidimensionali così ottenute devono poi essere assemblate al computer, se lo scopo è quello di ottenere un dato tridimensionale. Un lavoro che comporta l'allineamento di migliaia di immagini per riuscire a mappare le proiezioni a lungo raggio delle cellule nervose. Un lavoro complesso, soggetto ad errori e con limite di risoluzione basso. Solo tenendo a mente questa complessità si può apprezzare la potenza operativa fornita da Clarity.
I
dati potenzialmente ottenibili con questa nuova tecnica, uniti alle
informazioni derivanti da studi in vivo di risonanza magnetica, fanno
presumere nel prossimo futuro una accelerazione nel campo delle
neuroscienze. Accelerazione che si ripercuoterà inevitabilmente nelle
nostre conoscenze sulle malattie neurologiche. Diventerà possibile confrontare i circuiti dei tessuti crioconservati prelevati da pazienti deceduti con controlli di cervelli sani. Si potrebbe ad esempio creare una "libreria" di cervelli a cui i
ricercatori dei diversi campi potranno afferire, consultare e, riporre,
una volta terminata l'analisi.
"Questo è probabilmente uno dei progressi più importanti in neuroanatomia da decenni", ha affermato Thomas Insel, direttore del National Institute of Mental Health (parte dei National Institute of Health) di Bethesda, ente che ha finanziato parte del lavoro.
Per avere una idea delle potenzialità conoscitive legate a questa tecnica, vi consiglio la visione del video che segue.
All credits to Nature video.
Le capacità analitiche che le neuroscienze ci stanno regalando negli ultimi anni sono entusiasmanti: dalla optogenetica al brainbow e infine il Clarity sono solo alcune delle tecniche che promettono di rivoluzionare il campo come l'invenzione della PCR fece con la biologia a partire dagli anni '80.
Un esempio pratico delle potenzialità analitiche di Clarity viene da uno studio condotto nel laboratorio di Deisseroth (l'ideatore della tecnica) centrato sull'analisi dei circuiti prefrontali. Sebbene sia noto da anni che è nella corteccia prefrontale che risiede gran parte delle funzioni superiori e di autocontrollo (come ben esemplificato dai pazienti affetti da demenza frontotemporale e il celebre caso di Phineas Gage), poco si sa sul coinvolgimento di queste areee nella "classificazione" delle esperienze (positive vs. negative). Esperienze che poi verranno associate ad uno o più stimoli concomitanti e che indurranno le ben note "attese" di una data esperienza al solo verificarsi di uno stimolo (fenomeno alla base della sindrome da stress post-traumatico --> QUI). Il lavoro di Deisseroth ha portato alla identificazione di due tipi di cellule nella corteccia la cui attivazione trasmette univocamente esperienze positive o negative ad altre regioni del cervello (dove avverrà la memorizzazione).
Articolo originale
- Structural and molecular interrogation of intact biological systems.
K. Chung et al, Nature (2013) 497, pp. 332–337
- CLARITY for mapping the nervous system
Kwanghun Chung & Karl Deisseroth, Nature Methods 10,pp 508–513 (2013)
- Stanford research shows that different brain cells process positive and negative experiences
Stanford / news
- Wiring and Molecular Features of Prefrontal Ensembles Representing Distinct Experiences
Li Ye et al, Cell (2016), 165(7) pp1776-1788
- Stanford University School of Medicine, news
- Clarity Resources --> link
- Map the Brain with CLARITY --> Leica Microsystems
- Deisseroth lab --> link
Kwanghun Chung & Karl Deisseroth, Nature Methods 10,pp 508–513 (2013)
- Stanford research shows that different brain cells process positive and negative experiences
Stanford / news
- Wiring and Molecular Features of Prefrontal Ensembles Representing Distinct Experiences
Li Ye et al, Cell (2016), 165(7) pp1776-1788
- Stanford University School of Medicine, news
- Clarity Resources --> link
- Map the Brain with CLARITY --> Leica Microsystems
- Deisseroth lab --> link
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