Nelle ultime settimane gli astronomi hanno diffuso due interessanti notizie su Marte e Encelado, una delle lune di Saturno, diverse per contesto ma accomunate dall'acqua come oggetto della notizia.
Quando si parla di acqua in ambito planetario si accende la spia dell'attenzione degli esobiologi cioè di coloro che studiano la fattibilità della vita al di fuori del nostro pianeta.
Quando si parla di acqua in ambito planetario si accende la spia dell'attenzione degli esobiologi cioè di coloro che studiano la fattibilità della vita al di fuori del nostro pianeta.
La vita, come noi la conosciamo, oltre ad essere centrata sul carbonio, necessita di acqua. Fatti salvi questi due punti di partenza, la vita è declinabile in molte varianti a seconda di come l'organismo ricavi l'energia per il suo metabolismo e come assembli i "mattoni" su cui la vita è costruita (in soldoni da dove prende il carbonio).
Cosa è la vita? Un virus è vivo? Sono alcune delle domande a cui gli scienziati hanno cercato di dare una risposta. Se non si sa definire esattamente la "vita" sarà anche impossibile cercare la vita al di fuori del nostro pianeta. Vi rimando ad un precedente articolo per approfondimenti sul tema --> "Virus come quasi-organismi"
Identificare l'acqua allo stato liquido su un pianeta non è di per sé indicativo della presenza della vita ma è la condizionre minima perché essa (per come la conosciamo) possa esistere; in assenza di acqua non sapremmo nemmeno cosa cercare (o immaginare) di "vivo".
Marte
Ricercatori italiani hanno identificato le tracce di qualcosa di paragonabile ad un lago a circa 1.5 km di profondità sotto la calotta del polo sud marziano.
I ghiacciai di CO2 nel polo sud marziano (credit: NASA)
E' bene sottolineare che la notizia non è la presenza di acqua sulla superficie di Marte ma di acqua liquida "permanente". Ad oggi, a parte i ghiacci delle calotte marziane (dove però date le temperature anche la CO2 diventa ghiaccio), la presenza di acqua sulla superficie ha sempre avuto la caratteristica di sporadicità, destinata a rapida scomparsa a causa della evaporazione/sublimazione favorita dalla tenue atmosfera marziana a sua volta conseguenza di una minore forza gravitazionale e dell'assenza di campo magnetico.
Tale precarietà rende la superficie marziana inadatta alla vita anche se vi sono evidenze - confermate dall'analisi condotta dal rover Curiosity - che in un lontano passato (prima che il nucleo di Marte si raffreddasse) l'acqua fosse estremamente abbondante e in grado di formare oceani. Se vita c'è o c'è stata, l'unica possibilità di trovarne tracce è sotto la superficie, in aree protette dalle radiazioni cosmiche che passano indisturbate attraverso la mini atmosfera e dove l'acqua possa esistere e persistere allo stato liquido.
I dati sul lago sotterraneo, pubblicati sulla rivista Science, sono stati ottenuti grazie al radar Marsis montato a bordo dell'Orbiter Mars Express inviato dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA). L'analisi del tracciato radar della superficie e del sottosuolo ha mostrato che sotto lo strato di ghiaccio e roccia vi è acqua liquida distribuita lungo circa 20 km di ampiezza. Non si tratta di un "lago" profondo, essendo nell'ordine dei metri, ma è nettamente diverso da una semplice acqua di fusione risultato del riempimento dello spazio tra le rocce (fenomeno evidente sotto molti ghiacciai terrestri).
Un lago, quasi sicuramente, ma di sicuro non un eden nascosto; una certezza questa che viene dalle condizioni locali. Perché l'acqua rimanga allo stato liquido a temperature stimate tra -10 e -30 gradi Celsius, la salinità deve essere elevata e sappiamo bene cosa succede nei laghi salati sulla Terra (ad esempio il mar Morto).
Nel caso del sodio cloruro, la temperatura di congelamento in condizioni di saturazione (23,3% sale) è intorno a -22°C. Condizioni queste, estreme ma non impossibili per la vita se consideriamo che ci sono batteri (alofili estremi) in grado di tollerare salinità fino al 30%.
Un caso simile sulla Terra è quello del lago Vostok, sito sotto i ghiacci dell'Antartide (articolo correlato --> Vita sotto i ghiacci dell'Antartide?). L'unica analisi condotta in loco di cui sono a conoscenza risale agli anni '90. All'epoca si parlò di tracce di vita ma si tratta di risultati poco affidabili, biologicamente, visto che il carotaggio non fu condotto in condizioni di sterilità. Un altro lago terrestre interessante per la ricerca di vita primordiale è quello posto sotto la superficie della regione dell'Ontario in Canada (--> articolo).
Se è stato difficile trivellare il suolo antartico per prelevare campioni di acqua, immaginate la complessità logistica di farlo su Marte. Difficile ma non impossibile se si pensa a quante soddisfazioni ci stanno dando le varie sonde e rover inviate sul suolo marziano. Trivellare 1,5 km di ghiaccio marziano non è impresa oggi possibile ma almeno sappiamo dove (forse) potrebbero esserci tracce di vita (o fossili) su Marte.
Fonte
- Radar evidence of subglacial liquid water on Mars
R. Orosei et al, Science 25 Jul 2018
Se è stato difficile trivellare il suolo antartico per prelevare campioni di acqua, immaginate la complessità logistica di farlo su Marte. Difficile ma non impossibile se si pensa a quante soddisfazioni ci stanno dando le varie sonde e rover inviate sul suolo marziano. Trivellare 1,5 km di ghiaccio marziano non è impresa oggi possibile ma almeno sappiamo dove (forse) potrebbero esserci tracce di vita (o fossili) su Marte.
Fonte
- Radar evidence of subglacial liquid water on Mars
R. Orosei et al, Science 25 Jul 2018
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Encelado
La seconda notizia giunge da molto lontano cioè da Encelado, una delle lune di Saturno (--> QUI).
A differenza di Giove e Saturno, pianeti giganti gassosi, affascinanti ma con zero possibilità che possano ospitare la vita, le loro lune si sono rivelate luoghi molto interessanti sia come potenziali "punti di atterraggio" per le sonde (e magari un giorno per basi umane) che come luoghi potenzialmente adatti ad ospitare vita microbica. Anche in questo caso non sulla superficie (prive di atmosfera ed esposti alle radiazioni) ma sotto; possibilità meno remota dopo che si è scoperta l'esistenza di oceani sotterranei (di acqua e non di idrocarburi). Su Encelado in particolare le prove dell'esistenza di acqua sotterranea viene dalle immagini catturate dalla sonda Cassini (--> QUI) in cui si scorgono geyser che fuoriescono dal suolo ghiacciato della superficie.
Ricercatori dell'università di Heidelberg hanno analizzato i dati sui geyser visti da Cassini rilevando la presenza di complessi macromolecolari di tipo organico.
Paradossalmente pur essendo Encelado ben più lontano da noi di Marte, è quello che offre meno problemi per una missione di trivellazione e di analisi delle acque sottostanti: quasi ogni punto di atterraggio va bene; l'acqua è poco sotto il ghiaccio (un centinaio di metri) a differenza del lago marziano, sito sotto 1 km di roccia.
Credit: NASA/Cassini |
Ricercatori dell'università di Heidelberg hanno analizzato i dati sui geyser visti da Cassini rilevando la presenza di complessi macromolecolari di tipo organico.
I dati indicano molecole anche di un centinaio di atomi, insolubili, costituite da miscele di componenti aromatici (ad anello) e alifatici (lineari) dotati di gruppi funzionali con ossigeno e forse azoto.Mentre una sostanza organica semplice (ad esempio il metano) è comune in ambito planetario, molecole organiche complesse implicano l'esistenza di processi chimici altrettanto complessi. Non necessariamente biologici è bene sottolinearlo ma è pur sempre una possibilità. Anche qui si rimarrà nel campo delle speculazioni almeno finché non si potrà analizzare un campione di acqua.
Attività idrotermica su Encelado (Credit: ESA) |
Paradossalmente pur essendo Encelado ben più lontano da noi di Marte, è quello che offre meno problemi per una missione di trivellazione e di analisi delle acque sottostanti: quasi ogni punto di atterraggio va bene; l'acqua è poco sotto il ghiaccio (un centinaio di metri) a differenza del lago marziano, sito sotto 1 km di roccia.
Fonte
- Macromolecular organic compounds from the depths of Enceladus
Frank Postberg et al, (2018) Nature, 558(7711):564-568
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