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"Se sei mio figlio identificati con la password che ti ho dato quando eri nell'uovo", sembrano dire alcuni passeri

"Se sei mio figlio dammi la password che ti ho cantato quando eri nell'uovo". Questo il metodo identificativo di alcuni passeriformi.
Di solito le madri, siano esse mammiferi oppure uccelli, cominciano ad impartire gli insegnamenti alla prole solo dopo la nascita. E' noto tuttavia che alcuni studi hanno mostrato che l'embrione (sia esso nella placenta o nell'uovo) è in grado di sentire i suoni provenienti dall'esterno. Sarà per questo motivo, sarà che la madre non vuole perdere tempo sta di fatto esiste un uccello che canta alle proprie uova insegnando al nidiaceo una volta nato l'ABC della comunicazione con la propria madre.
L'uccello in questione, Malurus cyaneus, è un passeriforme australiano che ha evoluto questo comportamento per uno scopo preciso: evitare di allevare nidiacei altrui inopinatamente depositati nel proprio nido. 
Malurus cyaneus (®Nevil Lazarus/CC-BY)
Come si tutela da questo rischio di spreco di tempo ed energie? Cantando trasmette una sorta di password (una nota specifica) che i nidiacei dovranno poi usare nei loro vocalizzi per chiedere il cibo alla madre. Niente password-niente cibo. Uno strategemma evolutosi per contrastare la abbondante presenza di cuculi nell'area.
Non sia mai poi che la severità materna venga annullata dal padre disattento! La password viene infatti insegnata anche al compagno, che quindi in assenza del segnale specifico si esimerà dall'alimentare i piccoli.
Come è nata questa scoperta? Si sapeva da tempo che questi passeriformi erano molto più bravi nello scoprire la presenza di intrusi nel nido, ma non si capiva come facessero. Il mistero è stato ora risolto dal gruppo di Sonia Kleindorfer della Flinders University di Adelaide, il cui lavoro è stato recentemente pubblicato su Current Biology.
Dallo studio condotto su un certo numero di nidi si è scoperto che ogni nidiata emetteva dei vocalizzi non del tutto omogenei. Esisteva una sorta di firma che distingueva gli uni dagli altri. Trasmettendo la registrazione sonora captata in un nido in un altro nido i genitori del primo nido accorrevano ad alimentare la prole. Tutte le altre coppie non mostravano invece alcun interesse alla sorte dei nidiacei, in quanto non loro.
Se mi dai la password ti do il cibo ®NHPA/Photoshot

Obiezione ovvia. Se questo metodo si è evoluto per difendersi dal cuculo che deposita le sue uova nei nidi altrui, anche i nidiacei invasori dovrebbero imparare i vocalizzi. L'elemento discriminante è il tempo che intercorre fra la deposizione e la schiusa del cuculo (nasce prima e butta fuori dal nido le altre uova). Le "lezioni" materne infatti iniziano circa 10 giorni dopo la deposizione delle uova legittime e durano circa 5 giorni: il tempo necessario affinchè embrioni imparino il richiamo. L'uovo del cuculo rimane nel nido soli due giorni prima di schiudersi (in anticipo sui legittimi nidiace) senza avere imparato la lezione. Risultato? I genitori abbandonano il nido non sentendo alcun richiamo, e vanno a nidificare altrove.
Un sistema a prova di cuculo? Non sempre. Il metodo è estremamente efficace con una specie di cuculo ma non con un'altra dove l'efficienza nello smascherare l'intruso scende al 40% (2 coppie di genitori su 5 si fanno fregare). Come mai? Questa seconda specie di cuculo va a tentativi, emettendo delle note diverse fino a che il genitore adottivo nei paraggi, e non ancora fuggito, risponde.

Nota.
Anche gli esseri umani vengono "istruiti" al linguaggio quando sono ancora embrioni. La prova (o meglio la piu' recente) arriva dall’équipe di Eino Partanen, dell’Università di Helsinki ed è stata pubblicata su PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences). In estrema sintesi l'autore afferma che il sistema nervoso dei neonati è già modellato sui suoni che ha udito più spesso nella fase fetale, conservandone la memoria. La ricerca, condotta su una trentina di donne, è consistita nel fare ascoltare una registrazione contenente una pseudoparola ("tatata” e sue varianti) negli ultimi tre mesi di gravidanza. Le donne campione dovevano ripetere durante quei mesi piu' volte al giorno quella parola, a differenza del gruppo di controllo che lo aveva ascoltato solo una volta. Dopo la nascita, i bambini appartenenti al gruppo "esposto" presentavano una risposta neurale specifica ogni qualvolta tale parola veniva pronunciata. Questi risultati sembrano indicare che l’ascolto di suoni nell’utero modella lo sviluppo cerebrale del feto e questo è a sua volta importante nel predisporre all’apprendimento del linguaggio e dei suoni che lo caratterizzano. Secondo gli autori i dati ottenuti potrebbero essere utili per predisporre futuri trattamenti "preventivi" contro disturbi dell’apprendimento, come la dislessia.
Corollario di questi risultati il fato che è sconsigliato esporre il feto, troppo spesso, a musica/suoni ad alto volume in quanto si rischierebbe di compromettere lo sviluppo del suo sistema nervoso (Proc Natl Acad Sci U S A. 2013; 110(37):15145-50) .


Fonti
- Wrens teach their eggs to sing
  Zoë Corbyn, Nature (2012)
- Embryonic Learning of Vocal Passwords in Superb Fairy-Wrens Reveals Intruder Cuckoo Nestlings
  Diane Colombelli-Négrel, Current Biology 22 (22) 2155-2160, 2012


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