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Autismo: una patologia geneticamente eterogenea

L'autismo è un disturbo della sfera relazionale dovuta ad anomalie nello sviluppo cerebrale. Sebbene non sia associata a fenomeni di chiaro ritardo mentale, anzi a volte fa emergere capacità molto rare nel resto della popolazione, è una malattia invalidante in quanto i soggetti colpiti hanno estrema difficoltà di integrazione sociale. Va inoltre sottolineato come il quadro psico-patologico delle persone affette da autismo sia più complesso e variegato di quello generalmente noto e derivato da film come "Rain Man" et similia. L'autismo è ad oggi meglio inquadrato in Autism Spectrum Disorders (ASD), un gruppo di malattie simili ma molto probabilmente geneticamente diverse, con tratti in comune quale la chiusura del paziente in uno spazio mentale difficilmente accessibile ad altri.
Si tratta di una patologia non così rara visto che è diagnosticata nelle sue varie forme in 1-5 bambini ogni 1000. A causa dei suoi effetti invalidanti e del costo sociale (ed umano) si è cercato a lungo di comprenderne le basi genetiche. Poichè la "penetranza" nel caso di gemelli omozigoti, in cui almeno uno dei due ne sia affetto, è dell'ordine del 60%, ne risulta che la componente genetica è molto importante ma di suo non è sufficiente a provocare la malattia. Che il fattore scatenante sia ambientale, abbia natura ormonale durante la gestazione o sia dovuto a nuove mutazioni casuali non è ancora del tutto compreso. Il fatto che questa malattia abbia anche natura sporadica (cioè all'interno di famiglie senza individui affetti su più generazioni) farebbe ipotizzare che il numero di geni coinvolti (o meglio il numero minimo di geni mutati simultaneamente presenti) debba essere basso, quindi associato a mutazioni casuali.
Nota. Uno dei geni più frequentemente alterati nei soggetti con ASD è Shank3 (deficitario nell'1% dei soggetti, che codifica per una proteina presente soprattutto nelle sinapsi neuronali. Altra alterazione frequente è il polimorfismo CNV di un'area contenente un gene già duplicato coinvolto nell'omeostasi del ferro. L'area coinvolta è di 600 kb sita in 16p11.2, presente in numero tra 3 e 8 copie.
Come detto sopra, l'ASD è un insieme di malattie ad eziologia poco nota e verosimilmente diversa. E' possibile individuare al suo interno alcuni gruppi in cui gli individui condividono caratteristiche simili (ad esempio l'Asperger) e anche un alcuni casi in cui la componente genetica è meglio definita (vedi nota).
Nota. Alcuni dei soggetti affetti da autismo condividono con i soggetti colpiti dalla sindrome di Angelman (SA - vedi anche qui) una alterazione genica della regione cromosomica 15q11-13, in cui si trova il gene UBE3A, importante in quanto soggetto ad imprinting (solo l'allele materno è espresso nei neuroni). Se nella SA il difetto è la perdita dell'allele materno (e quindi la totale assenza della proteina), nelle forme di autismo note come 15q-linked si ha una duplicazione della regione originata dalla madre con conseguente "eccessiva" attività della proteina UBE3A. Aggiungo solo che la proteina UBE3A è un elemento importante del processo di ubiquitinazione, il meccanismo con cui la cellula "marca" le proteine da distruggere (vuoi perchè difettose, in eccesso o non più utili). Poiché la sindrome di Angelman e l'autismo-15q possono essere associati ad una causa genetica chiara, queste forme della malattia sono le più suscettibili di futuri interventi terapeutici.
Risulta quindi molto interessante il lavoro pubblicato su Nature poche settimane fa dal gruppo di Evan Eichler della University of Washington a Seattle, che si focalizza sul cosidetto autismo sporadico in bambini con ASD che presentano diversa gravità e fenomenologia della malattia. Questo lavoro è l'ideale prosecuzione di un lavoro pilota condotto su 20 famiglie "autistiche"(vedi qui) in cui venne analizzato il trio (madre, padre, figlio/a) alla ricerca di mutazioni presenti solo nel figlio/a (quindi mutazioni de novo).
Nota. Le leggende metropolitane sulle cause dell'autismo ogni tanto riemergono. E' bene allora conoscerle per esserne "immunizzati". Non parliamo infatti di leggende innocue tipo "Elvis è vivo", ma di ipotesi sull'origine della malattia. Tra tutte due sono le due più aberranti. La prima è quella formulata da uno psicologo aveva avuto un discreto successo mediatico postulava che la causa principale fosse in una carenza di cure parentali (leggi materne). Una ipotesi priva di ogni evidenza scientifica ma che ha avuto l'effetto di generare tensioni e sensi di colpa nei genitori già provati dalla malattia del figlio. La seconda riguarda il probabile caso di frode dello studio pubblicato nel 1998 sulla prestigiosa rivista medica "The Lancet" nella quale si affermava l'esistenza di un legame tra vaccinazioni e autismo. L'articolo venne in seguito ritirato dopo che nessuno nella comunità scientifica fu in grado di confermare i risultati. L'accusa di frode implica la volontarietà dell'azione e non un errore sperimentale. I danni provocati da entrambi sono facilmente immaginabili.


Nel lavoro su Nature il campione analizzato è molto più ampio e comprende 677 individui da 209 famiglie in cui un solo figlio è affetto da ASD. Come ulteriore controllo sono stati considerati anche 50 fratelli/sorelli non affetti.
 L'analisi dell'esoma (la porzione del genoma codificante) ha portato alla identificazione di 248 mutazioni de novo, di cui 120 sono state classificate, a causa dell'effetto immediato sulla proteina codificata, come severe. Queste mutazioni sono state a loro volta ristrette su 60 candidati in base alla natura della mutazione, evidenze funzionali e/o in base a studi precedenti. Diverse cose risultano subito evidenti: in primis l'ampia eterogeneità genetica e cosa interessante il fatto che la maggior parte delle proteine alterate sia coinvolta nei processi di rimodellamento della cromatina. Una funzione questa fondamentale per la regolazione trascrizionale e non solo; un meccanismo importante in tutte le fasi dello sviluppo ma soprattutto durante lo sviluppo embrionale.
Un altro aspetto emerge: l'origine della mutazione è paterna in 4 casi su 1. Una ipotesi proposta negli anni '30 da un genetista ma mai provata sperimentalmente. Questo dato è tanto più forte quanto maggiore è l'età del padre al momento del concepimento.

Se da una parte questi dati permetteranno in un prossimo futuro di fare luce sui meccanismi alla base dell'autismo, l'ampia varietà di geni coinvolti rafforza l'idea che le patologie sottostanti alla definizione unica di ASD, siano molteplici. Un dato qusto che non aiuta da un punto di vista diagnostico. Secondo gli autori nessuno dei geni coinvolti potrà, singolarmente, essere ritenuto responsabile per più dell'1% dei casi di autismo attualmente diagnosticati. La necessità conseguente di fare screening prenatale su diverse centinaia di geni target rende al momento questa analisi economicamente non sostenibile.
Sarà necessario quindi concentrarsi ora sulla correlazione gene/ASD-specifico prima di sviluppare metodologie diagnostiche sufficientemente specifiche, tali da potersi utilizzare su larga scala.

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articolo successivo sull'argomento autismo, qui

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