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I virus comuni possono innescare il morbo di Alzheimer?

Dopo la parentesi a-scientifica del precedente articolo sull'Alzheimer (i dati manipolati che hanno affondato l'ipotesi amiloide), torniamo alla scienza con un nuovo studio sulle cause che potrebbero contribuire all'insorgenza della malattia.
Image credit: Tufts University
Viviamo in un mondo ricco di virus e siamo, nella quasi totalità, stati già infettati da virus come influenza, EBV (mononucleosi), Herpes (famiglia che annovera tra i suoi membri l'herpes classico e la varicella) e molti altri.

Rimanendo nell'ambito degli herpesvirus alcuni di questi hanno la sgradita caratteristica di rimanere con noi per tutta la vita, nascosti (Herpes simplex) nei gangli nervosi del sistema periferico, occultati dal loro essere dormienti alle pattuglie immunitarie, ma pronti a riemergere in caso di abbassamento delle difese (a seguito di stress, colpi di freddo, invecchiamento, ...) per poi tornare silenti una volta che le pattuglie immunitarie abbiano riportato la situazione alla normalità.

Tra le varie patologie che possono emergere da questi risvegli inopportuni, il fuoco di Sant'Antonio è forse la forma più nota specie negli anziani.
Nota. Il termine è in verità alquanto ampio dato che comprende tre patologie ad eziologia del tutto diversa (herpes zoster, ergotismo e erisipela). Solo la prima è quella di nostro interesse.
Tralasciando le varie caratteristiche cliniche della malattia basti qui dire che lo studio di cui oggi mi occupo ha evidenziato come a seguito dell'attivazione virale che si manifesta come fuoco di Sant'Antonio, si possono innescare eventi infiammatori cerebrali che favoriscono l'accumulo di proteine anomale classicamente associate all'Alzheimer (AD). 
Sulle cause prime dell'AD ci sono solo ipotesi e poche certezze. Tra le ipotesi formulate quella amiloide (oggi "in disgrazia"), la Tau, le ipotesi vascolare e infiammatoria, da variazioni isoprenoidi, ... .  Il vero dilemma delle ipotesi amiloidi e Tau (aggregati extracellulari e intracellulari, rispettivamente) è sempre stato se questi siano causali o causati (epifenomeni) dalla malattia. Una malattia che, ricordo, inizia impercettibilmente e può essere confusa con il normale invecchiamento, da cui si differenzia poi per la velocità di progressione e gravità dei sintomi.
In estrema sintesi le cause sono poco chiare, fatto salvo i casi di familiarità della malattia che hanno portato all'identificazione di un certo numero di alleli (variazioni geniche) ad alto rischio
Lo studio, pubblicato sul Journal of Alzheimer's Disease, frutto della collaborazione tra università inglesi e americane, mostra che il virus varicella-zoster (VZV), agente causale della varicella e del fuoco di Sant'Antonio, può attivare l'herpes simplex (HSV) e mettere in moto le prime alterazioni tipiche dell'AD.

Solitamente l'HSV-1, la variante più comuni dell'HSV responsabile dell'herpes labiale, giace dormiente all'interno delle cellule del ganglio del nervo trigemino. Una volta attivato però, oltre a causare le lesioni esterne ben note, può innescare una serie di reazioni che risultano nell'accumulo di proteine ​​tau e beta amiloide nei neuroni e alla progressiva  perdita di funzionalità degli stessi. Sarebbe quindi un "uno-duo" virale a mettere i neuroni in una situazione di rischio aumentata, mentre il solo HSV non sarebbe un fattore di rischio.

Secondo le stime dell'OMS sono circa 3,7 miliardi le persone sotto i 50 anni ad essere infettate dall'HSV-1 (infezione che, ripeto, dura per tutta la vita anche se asintomatica causa virus dormiente). Discorso simile per per il VZV con stime di persone positive intorno al 95% già prima dei 20 anni. I dati indicano che circa 1 persona su 3 positive al VZV manifesterà nel corso della vita sintomi legati al fuoco di Sant'Antonio.

Per comprendere meglio la relazione di causa-effetto tra i due virus e il morbo di Alzheimer, i ricercatori hanno ricreato ambienti simili a quelli del cervello in piccole spugne di 6 millimetri fatte di proteine ​​della seta e collagene. Il passaggio successivo è stato usare queste spugne come substrato per la crescita e successivo differenziamento fino a neuroni (tra loro interconnessi) di cellule staminali neurali. Una sorta di mini-cervello, da un punto di vista della cablatura.
Su questo "milieu strutturale" si è studiato l'effetto della infezione virale con i virus prima citati, sia singolarmente che in combinazione. Mentre i neuroni infettati da VZV, non hanno mostrato la formazione di placche/agglomerati di tau o beta-amiloide, il risultato cambiava usando neuroni già infettati da HSV-1 (allo stato dormiente) poi esposti a VZV. Qui si è osservata la riattivazione di HSV e un netto incremento delle proteine ​​​​tau e beta-amiloide, con successivo decremento funzionale a livello delle connessione interneuronali.
Si è inoltre osservato che i campioni infettati da VZV rilasciavano molte più citochine, gli effettori della risposta infiammatoria, i veri responsabili del "risveglio" dell'HSV.
È probabile quindi che i vari cicli di attivazione dell'HSV-1 (cioè le recidive erpetiche che tutti noi sperimentiamo in vita) possa causare (nei soggetti infettati con VZV) un accumulo dei danni infiammatori e con esso danni funzionali ai neuroni.

Il vaccino per VZV, utile per varicella e herpes zoster, sembra correlarsi ad un minor rischio di demenza precoce, molto probabilmente diminuendo la probabilità di riattivazione virale durante i periodi di stress.

Per legarci alla situazione pandemica attuale, ricordo anche alcuni pazienti anziani guariti dal COVID19 hanno sviluppato problemi neurologici, guarda caso legati alla riattivazione di VZV e HSV-1.
I prossimi anni ci diranno quanto la recente pandemia ha aumentato il rischio (indiretto) di patologie neurodegenerative.

Articolo successivo sul tema --> Alzheimer una malattia autoimmune?

Fonti
- Potential Involvement of Varicella Zoster Virus in Alzheimer’s Disease via Reactivation of Quiescent Herpes Simplex Virus Type 1
Dana M. Cairns et al, (2022) Journal of Alzheimer's Disease



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