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La luna Europa come non l'avevamo mai vista

(Ultimo aggiornamento novembre 2020)

La NASA ha recentemente pubblicato "nuove" immagini di Europa, una delle lune di Giove, scattate nel 1990 dalla sonda Galileo.
(Credits: NASA/JPL-Caltech/SETI Institute)
 
Non si tratta però di una operazione di amarcord fotografico ma della rielaborazione dei dati di allora (un segnale digitale) con gli algoritmi e la potenza di calcolo attuali.
La differenza tra le vecchie immagini e quelle "nuove" si vede e non è meramente estetica. Le immagini rielaborate evidenziano una superficie che i tecnici della NASA hanno definito il terreno del caos (chaos terrain), qualcosa che sembra un incrocio tra lastre irregolari di ghiaccio e una superficie graffiata.

Nelle vecchie immagini di Europa la percezione era di un'ampia superficie ghiacciata intervallata da zone "canaliformi" a tinte scure difficili da interpretare (conosciamo bene gli abbagli che immagini poco risolute possono generare anche nelle menti brillanti, vedi i canali marziani visti da Schiapparelli).
L'immagine di Europa prima della recente rielaborazione (credit: NASA / Jet Propulsion Lab-Caltech / SETI Institute)
 
Le immagini rielaborate dopo 20 anni mostrano una superficie coperta da lunghe scanalature che procedono a zig-zag, incrociandosi tra loro.
La zona è detta Chaos Transition in quanto mostra una zona di transizione tra il "terreno del caos" a blocchi, a sinistra e le pianure ondulate a destra. Alcuni blocchi sono interpretati come pezzi di materiale superficiale preesistente, rotto e ruotato individualmente. Le loro ombre indicano che anche alcuni di questi blocchi si sono inclinati. Ben visibile una cresta che attraversa il centro dell'immagine (Credits: NASA/JPL-Caltech/SETI Institute)

L'interesse degli scienziati planetari per queste immagini è nel cercare di comprendere le dinamiche che hanno dato origine ad una superficie la cui età, stimata tra 40 e 90 milioni di anni, è ben più giovane della stessa Europa, formatasi assieme al sistema solare 4,6 miliardi di anni fa. In effetti, Europa ha la superficie tra le più giovani del sistema solare.
L'ipotesi più verosimile è che le lunghe creste e le bande lineari che attraversano la superficie di Europa siano la "risposta" della crosta ghiacciata della luna quando, durante la sua orbita, le forze mareali di Giove la allungano e la stirano. Le creste si formerebbero quando una crepa nella superficie si apre e si chiude ripetutamente, originando "rilievi" di poche centinaia di metri e larghi qualche chilometro, ma che possono estendersi per migliaia di chilometri.
Uno "stress" quello di Europa tutto sommato blando se guardiamo alla luna Io, che è l'oggetto più geologicamente attivo del sistema solare (leggasi vulcani, lava e pennacchi  di vapori a base zolfo che si proiettano fino a 500km dalla superficie). Il tutto a causa sia della maggiore abbondanza di silicati (le altre lune sono più ricche di ghiaccio) che della azione mareale congiunta di Giove e delle altre lune che quando entrano in risonanza provocano forti stravolgimenti della struttura di Io.
Un vicino "ingombrante". Ad ogni orbita Europa è stiracchiata e allungata con ovvi effetti sulla superficie. Nel disegno si vede Giove sullo sfondo e l'altra luna IO con uno "sbuffo" vulcanico (credit: NASA/JPL-Caltech)

Le bande invece dovrebbero essere i punti in cui le crepe hanno continuato a separarsi orizzontalmente, producendo aree ampie e relativamente piatte.
La zona del chaos terrain conterrebbero blocchi che si sono spostati lateralmente, ruotati o inclinati prima di congelarsi nelle nuove posizioni.

Immagine della Chaos Transition con blocchi e creste formatesi per la fratturazione della superficie causata dalle forze mareali di Giove (Credits: NASA/JPL-Caltech/SETI Institute)
Questa immagine mostra il terreno del caos in cui i blocchi di materiale si sono spostati, ruotati, inclinati e congelati. I ricercatori della NASA lo usano come un puzzle per ricostruire i cambiamenti della superficie di Europa. L'area è stata chiamata Chaos Near Agenor Line per la sua vicinanza alla omonima banda nella parte inferiore dell'immagine. (Credits: NASA/JPL-Caltech/SETI Institute)


Naturalmente questo è solo un assaggio di ciò che la nuova sonda, Europa Clipper, ci fornirà quando diventerà operativa. Bisognerà purtroppo aspettare ancora qualche tempo visto che il lancio che doveva avvenire quest'anno è stato spostato al 2024.
Per altre informazioni sulla missione Clipper vi rimando ad un precedente articolo su questo blog --> "Atterrare su Europa non sarà uno scherzo"

 *** Aggiornamento 11/2020 ***

Uno scenario aggiuntivo che potrebbe spiegare almeno alcuni dei pennacchi (plumes) che prorompono di tanto in tanto dalla superficie ghiacciata di Europa propone che questi possano essere originati da sacche d'acqua incorporate nel guscio ghiacciato (vale a dire dall'interno della crosta ghiacciata) piuttosto che dall'acqua spinta verso l'alto dall'oceano sottostante.
Il nuovo modello (pubblicato il 10 novembre su Geophysical Research Letters) delinea un processo per cui l'acqua arricchita di sale (una sorta di salamoia) che si muove all'interno del guscio ghiacciato della luna possa arrivare a formare sacche d'acqua a maggior concentrazione salina, pronte per essere espulse (vuoi dalla pressione del "pack", vuoi per forze mareali del pianeta).

Come originino i pennacchi non è una mera questione accademica ma definisce se vi sono o meno le condizioni per forme di vita: l'acqua proveniente dalla crosta ghiacciata è considerata meno ospitale per la vita rispetto a quella nell'oceano interno perché manca verosimilmente dell'energia (ad es. sorgenti idrotermali sul fondo oceanico) che è un ingrediente necessario per la vita. Poiché effettuare analisi o in futuro perforazioni per raggiungere l'oceano sottostante è molto complicato, avere a disposizione plumes sulla superficie che originano direttamente dall'oceano fornirebbe uno strumento già pronto all'uso. Se esistono diversi tipi di plumes allora diventa fondamentale capire quali sia quelle da studiare e quelle no per evitare falsi negativi.
E' stato grazie alle immagini raccolte dalla sonda Galileo che i ricercatori hanno potuto formulare questa ipotesi alternativa/complementare sulle plumes, come conseguenza di una serie di eventi di congelamento e pressurizzazione che danno origine al crio-vulcanismo i cui prodotti vengono poi scagliati nello spazio circostante.
L'analisi si è focalizzata su Manannán, un cratere di 29 chilometri originato da un impatto una decina di milioni di anni fa. Da simulazioni al computer si è calcolato che la collisione ha generato un enorme calore, che avrebbe prima causato lo scioglimento del ghiaccio poi risolidificato mantenendo una sacca d'acqua pressurizzata all'interno del guscio ghiacciato.

Il cratere Manannán (credit: USGS)

Le sacche d'acqua così formatesi potrebbero spostarsi lateralmente "lungo" la supeficie ghiacciata causando lo scioglimento delle aree che vengono in contatto, un processo che aumenta la salinità della sacca, consentendone il mantenimento allo stato liquido)
Secondo il modello, quando una di queste sacche si è venuta a trovare nel centro del cratere di Manannán, si è arrestata iniziando nel contempo a congelare; questo ha provocato un rapido incremento di pressione che è poi sfociato nell'emissione del pennacchio alto oltre 1,6 chilometri. La cicatrice dell'eruzione ricorda la forma di un ragno ed è quella fotografata dalla sonda Galileo.


Qualunque sia la conclusione (potrebbero esserci più tipi di pennacchi), i risultati suggeriscono che il guscio di ghiaccio di Europa è molto più dinamico del previsto.

Missioni come Europa Clipper aiutano hanno un ruolo chiave nel campo dell'astrobiologia, sebbene non progettate e costruite (ovvero attrezzate) per questo fine. Un progetto che dovrà essere portato avanti dalle prossime missioni.

Un video dello scorso anno prodotto da NASA/Goddard sulle plumes di Europa



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