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Biologia sintetica. Costruire pori di membrana usando il DNA

DNA per costruire pori di membrana?
Un'idea fattibile secondo i ricercatori inglesi del UCL che ne ipotizzano un pronto utilizzo nel campo della biologia sintetica e, potenzialmente, in ambito terapeutico.

Facciamo però un passo indietro e mettiamo in ordine alcuni concetti base.
Le membrane che delimitano le cellule (o che ne delimitano i compartimenti interni) non sono delle strutture omogenee e impenetrabili ma un "oceano lipidico" su cui "galleggiano" (o sono immerse) molteplici proteine variamente modificate e con diverse funzioni.
La membrana cellulare. Lipidi, proteine, zuccheri,
Oltre alle proteine con funzioni strutturali ve ne sono altre organizzate in modo da generare dei veri e propri canali, la cui apertura è regolata a seconda delle necessità, consentendo un flusso anche solo unidirezionale, necessario per le funzioni di import/export della cellula. La cellula non è infatti un sistema chiuso e per mantenere l'omeostasi deve scambiare con l'esterno prodotti (rifiuti, messaggi o anche solo ioni e quindi acqua) in modo controllato.
Alcuni di questi canali mettono in comunicazione due cellule adiacenti mentre altri collegano il "dentro" con il "fuori" nelle sue diverse accezioni (ambiente, spazio intercellulare, lume degli organi, etc).
I canali possono essere di varia complessità (singola catena polipeptidica, multimeri di una stessa subunità, complessi eteromerici, ...) e dimensione. In alcuni casi permettono il passaggio di un solo tipo di ione (il sodio ma non il potassio ad esempio) mentre in altri casi (vedi i pori nucleari) il poro centrale è grande a sufficienza da fare transitare RNA e proteine ribosomali.
Schema semplificato di canali che permette la diffusione facilitata di ioni (credit: wikimedia). Consiglio la visione del video "Active transport" su youtube per una bella simulazione della membrana e di un particolare meccanismo di trasporto, il trasporto attivo.
Tratto comune a tutti i canali di membrana è l'essere basati unicamente sulle proteine. 
Questo però non vuol dire che le proteine siano le uniche depositarie di una struttura che permette il passaggio di molecole polari attraverso la barriera "invalicabile" del doppio strato lipidico; significa solo che l'evoluzione ha usato il materiale che aveva a disposizione ottimizzandolo. Una volta che nella notte dei tempi la protocellula si dimostrò adatta a definire un "dentro" ed un "fuori" e a sfruttare la presenza di corpi "estranei" (le proteine) dentro la membrana, questo divenne il materiale di partenza imprescindibile sul quale, negli eoni seguenti, vennero apportati i miglioramenti funzionali del caso. Reinventare una nuova modalità per definire un canale, alternativo alle proteine, non è un processo probabilisticamente possibile.
Nota. In biologia la parola "miglioramento" è sdrucciolevole in quanto si presta ad essere fraintesa come "superiore" nell'albero evolutivo. In realtà è sempre e solo questione di adattamento all'ambiente. Chi non è adatto scompare anche se evoluto, chi è semplice ma adatto rimane immutato milioni di anni (confrontate il "primitivo" squalo con "l'evoluto" mammut).

Sviluppare in laboratorio strutture alternative a quelle presenti in natura non è un eresia "contronatura" dato che non siamo vincolati ad un processo di adattamento a quello che già esiste ma possiamo ipotizzare strutture alternative per svolgere la stessa funzione. Il caso del DNA, sede dell'informazione genetica, usato, anche, come mattone per costruire dei pori di membrana, è un esempio di questa "libertà" sintetica.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Nanotechnology, dimostra come il DNA sia di fatto un buon "mattone" per costruire dei pori stabili e funzionalmente prevedibili, tali cioè da definire forma, dimensioni e carica (oltre che tempistica) delle molecole che si vuole fare transitare. Di sicuro le proteine sanno fare questo molto bene ma la loro complessità intrinseca rende difficile progettarle da zero; quando necessario si usano proteine modello già esistenti e si apportano su di esse le modifiche per la funzione cercata il che pone dei limiti oggettivi alle potenzialità sperimentali.
Il DNA offre invece un approccio molto più semplice (come design) per creare pori sintetici altamente specifici, di dimensioni volute (con diametro interno di 2 nanometri), apribili e chiudibili su richiesta, in grado dunque di veicolare i prodotti stoccati all'interno delle vescicole membranose in modo altamente specifico. 
Una  situazione ideale per molti approcci terapeutici in campo oncologico (pensate a tossine consegnate solo a cellule tumorali) e neurologico (ad esempio fattori trofici in grado di prevenire la neurodegenerazione di aree a rischio).
Schematizzazione di un poro sintetico di membrana basato sul DNA
Image: Michael Northrop, Arizona State University

In conclusione l'approccio presentato nell'articolo è un grande passo in avanti nella costruzione e utilizzo di strutture biologiche sintetiche, e promette una nuova era nel design dei pori e a cascata nel campo della biologia sintetica. Un progresso che fa seguito a quello ottenuto nel 2014 da ricercatori del Lawrence Livermore National Laboratory, che avevano creato dei canali ionici di membrana basati su nanotubi di carbonio (--> llnl.gov).
Immagine artistica di un nanotubo di carbonio attraverso cui transita un acido nucleico.
Credit: DOE/Lawrence Livermore National Laboratory

Articoli simili su questo blog: DNA origami; Bio-robot e chip per la memoria umana e i tag "robotica", "tech" o "biotech".


Fonte
- DNA ‘building blocks’ pave the way for improved drug delivery
 UCL/News (2016)

- A biomimetic DNA-based channel for the ligand-controlled transport of charged molecular cargo across a biological membrane
Jonathan R. Burns et al, Nature Nanotechnology (2016) 11, pp. 152–156



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