Gli uccelli marini sono animali belli a vedersi e biologicamente interessanti. Non si tratta ovviamente di un gruppo tassonomicamente omogeneo (pensate alle differenze tra pinguini e gabbiani) ma di animali adattatisi perfettamente ad una più o meno ampia nicchia ecologica. Tanto più ristretta la nicchia e tanto maggiore la probabilità che le variazioni locali (non necessariamente legate alla antropizzazione ambientale o all'inquinamento) abbiano un effetto devastante sulle probabilità di sopravvivenza di tali specie.
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L'ipotesi funzionale più accreditata è che gli uccelli usassero queste protuberanze per trattenere la preda pescata dall'acqua più che per sminuzzarla.
Come doveva apparire un pelagornitide (credit: Peter Trusler) |
Un altro elemento problematico nello studio dei pelagornitidi è che non si sa bene dove posizionarli all'interno dell'ombrello tassonomico degli Aves, la classe che comprende tutti gli uccelli noti. Nessun paleontologo saprebbe dire con certezza con chi siano i parenti più stretti di questi uccelli: pellicani; albatros; anatre; ... ?! La soluzione provvisoria è stata quella di inserirli all'interno di un ordine creato appositamente, quello degli Odontopterygiformes. Ma forse la classificazione dovrà essere di portata maggiore se, come sostengono alcuni ricercatori in base alla filogenetica, i pelagornitidi dovrebbero essere lasciati fuori dal superordine dei Neoaves (che include tutti gli uccelli tranne i Paleognati (incapaci di volare) e i Galloanserae (a cui appartengono tra gli altri, anatre e polli).
Terzo e ultimo motivo che rende speciali i pelagornitidi è la loro dimensione, sicuramente fuori dal comune. Il più grande uccello vivente è l'albatros errante (Exulans diomedea) dotato di una apertura alare che può arrivare ai 3,5 metri. Grande ma molto inferiore ai 4,5 metri visti in uno degli scheletri di pelagornitidi meglio conservati; soprattutto se si considera che oltre all'impalcatura ossea bisogna aggiungere le le grandi penne primarie, il che porterebbe la dimensione reale a poco meno di 6 metri.
Una dimensione che permette di definirli come i più grandi esseri viventi che abbiano solcato i cieli dal tempo degli pterosauri (estinti 66 milioni di anni fa).
Se questi curiosi animali fossero ancora in vita, credo dovremmo preoccuparci delle nostre mani e non tanto delle patatine di cui gabbiani e albatros sono ghiotti quando adocchiano qualcuno che pasteggia mentre cammina pensando ai fatti suoi sulla battigia.
Confronto tra albatross, pelagornitidi e noi |
Fonte
- Giants of the Sky
Daniel T. Ksepka & Michael Habib, Scientific American (2016), 314, pp.64 - 71
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