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Lo strano caso dell'animale che sfrutta la fotosintesi

Faccio outing.
Dopo avere letto una "research news" apparsa sul portale della università di Bristol (UK) ho scoperto l'esistenza di un animale alquanto strano del quale, se qualcuno me ne avesse parlato, avrei vigorosamente negato l'esistenza (non sapendo che la sua scoperta risale al 1891!!).
S. roscoffensis (wikimedia)

Brutta cosa l'ignoranza ma almeno mi consola il pensiero di avere imparato anche oggi qualcosa di nuovo in zoologia e sull'evoluzione dei rapporti simbiontici.
E' proprio sulla simbiosi che verte lo strano caso dell'animale-vegetale di cui parlo oggi.
Avete letto bene. Animale-vegetale. Sembra una antitesi ma questo è la descrizione che più si avvicina all'organismo Symsagittifera roscoffensis, un verme piatto lungo circa 3 mm appartenente al phylum degli acelomorfi (simile ma geneticamente diversi dai "classici" platelminti). Il suo curioso colore verde (da cui il nome comune "mint-sauce" per la somiglianza con un piatto tradizionale --> qui) tradisce la sua strabiliante capacità di sfruttare la fotosintesi come unica fonte energetica.
Chiariamo meglio il concetto sottolineando subito un punto chiave: nessun dubbio che sia un "vero" animale incapace di per sé di fare fotosintesi. La sua capacità viene dall'avere stretto una "amicizia" di lungo periodo (databile su una scala di decine di milioni di anni) con un'alga ospitata nel suo corpo che conferisce all'animale il caratteristico colore e che funge da "pannello fotoelettrico". In cambio dell'ospitalità l'alga fornisce al verme tutti i nutrienti (quindi l'energia) necessaria alla sua sopravvivenza, tanto che il mint-sauce non ha bisogno di andare in cerca di cibo.

S. roscoffensis mentre "prende il sole"
credit: bristol.ac.uk /Dailymail
La S. roscoffensis vive nelle acque poco profonde e sabbiose del Galles e delle Channel Islands ed è solita, durante le fasi di bassa marea, riunirsi in gruppi organizzati sulla spiaggia per "prendere il sole". Quando la marea si alza, si seppellisce sotto la sabbia in attesa della successiva occasione per ricaricarsi.
Oltre alla loro peculiare modalità (per essere animali) grazie alla quale ottengono i nutrienti, si distinguono per le forme spiraliformi che queste colonie temporanee assumono all'aumentare della densità di individui.
Per comprendere l'origine della forma i ricercatori inglesi hanno confrontato riprese video del fenomeno con simulazioni al computer (derivanti da ipotetici modelli aggregativi). Si è scoperto così che queste masse verdi che ricoprono le spiagge del Galles sono il risultato di una interazione attiva tra ciascun individuo allo scopo di ottenere maggiore sicurezza confondendosi in una moltitudine di consimili. Non molto diverso da quello che fanno i pesci che si muovono in enormi banchi o gli uccelli (vedi i caratteristici storni sui cieli romani) per confondere i predatori e facilitare la sopravvivenza, in caso di aggressione.
Image: Nigel Franks via bristol.ac.uk
Una sorta di super-organismo (ecco che torna questa parola --> qui) che ha occupato una nicchia ecologica in cui le classiche macro-alghe falliscono per assenza di punti di ancoraggio.

Questo animale è considerato un modello-sperimentale in molte aree della biologia, tra cui la rigenerazione delle cellule staminali. C'è da scommettere che troverà nuova gloria anche tra chi si occupa di modelli comportamentali.

Fonte
-  Social behaviour and collective motion in plant-animal worms
Nigel R. Franks et al, (2016) Proceedings of the Royal Society B

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