Ossido di zinco da laboratorio |
L'ossido di zinco, una molecola usata frequentemente nelle creme solari per la sua capacità di filtrare sia gli UV-A che UV-B, potrebbe trovare nuova vita come rivestimento per impianti medicali ad uso interno come pacemaker, protesi, valvole cardiache e articolazioni. Tutto questo grazie alla sua azione antibatterica, finora misconosciuta.
Oltre che nelle creme solari, dove è presente sotto forma di nanoparticelle, l'ossido di zinco è ampiamente usato nelle creme per le dermatiti da pannolino, le piaghe da decubito e, grazie alla sua azione antiseborroica, l'acne.La conferma viene da ricercatori della università del Michigan con l'osservazione che un rivestimento di particelle a forma piramidale (su scala nanometrica) di ossido di zinco era in grado di bloccare la crescita di un particolare ceppo di un noto patogeno, lo Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA), riducendo di oltre il 95 per cento la formazione del biofilm.
Nota. Con biofilm si intende un qualsiasi aggregato di microrganismi in cui le cellule si attaccano l'una all'altra fino a ricoprire con uno strato (film) più o meno spesso, una data superficie. I microbi, incorporati in una matrice polimerica auto-prodotta, sono caratterizzati da una estrema resistenza alle sostanze ambientali, tra cui gli antibiotici. Val la pena sottolineare che tale resistenza è di diversa natura da quella "classica", causata da mutazioni geniche - o acquisizione di nuovi geni. Si tratta di una resistenza "strutturale" che impedisce la penetrazione dell'antibiotico negli strati interni del biofilm.
Nei soli Stati Uniti il numero di dispositivi medici che dopo l'impianto sono stati causa di una infezione è superiore al milione. In questi casi la terapia elettiva, basata sull'utilizzo di un cocktail di antibiotici, è lungi dall'essere risolutiva sia a causa della resistenza intrinseca del biofilm che degli effetti collaterali del trattamento. La soluzione ultima è quella di rimuovere l'impianto medicale sostituendolo con uno nuovo (o reinserendo lo stesso previa sterilizzazione) dopo avere adeguatamente sanitizzato la cavità in cui era sito.
La scoperta delle proprietà antibatteriche dell'ossido di zinco è quindi di particolare importanza in quanto permette di pensare a trattamenti preventivi in grado di rendere fin dall'inizio tali impianti "inospitali" per i batteri.
Schematizzazione di un pacemaker rivestito da
nanoparticelle che impediscono l'adesione di un batterio (credit: Steve Alvey / Un. Michigan) |
Tra le informazioni contenute nell'articolo pubblicato sulla rivista Nanomedicine, particolarmente interessante è il ruolo che la forma delle nanoparticelle gioca nella sua azione antisettica. Nello specifico la conformazione piramidale su base esagonale è la più efficiente nel bloccare l'azione di un enzima batterico chiamato beta-galattosidasi necessario per scindere il lattosio nelle sue componenti di base, glucosio e galattosio, che i batteri preferiscono.
Purtroppo non tutti i batteri patogeni sono ugualmente sensibili all'ossido di zinco; il motivo sembra risiedere nella particolare struttura della parete cellulare che nel caso del patogeno MRSA vede gli enzimi chiave per la sintesi della parete interagire con le nanoparticelle. Una volta stabilito il contatto, l'enzima viene inibito con un effetto a cascata che porta alla lisi del batterio. Se tale contatto non avviene, anche l'azione antibiotica dello zinco viene meno.
Sebbene il rivestimento con lo zinco non sia di per sé in grado di bloccare completamente la crescita dei batteri (efficienza del 95 per cento), tale riduzione potrebbe essere sufficiente per dare il tempo ai trattamenti antibiotici standard di funzionare o al sistema immunitario di prendere il controllo della situazione rimuovendo il focolaio.
Nell'immediato futuro bisognerà studiare più in dettaglio l'effetto dell'ossido di zinco sulle cellule umane adiacenti allo scopo di escludere ogni effetto collaterale.
Fonte
- Zinc oxide nanoparticle suspensions and layer-by-layer coatings inhibit staphylococcal growth.
Matthew J. McGuffie et al, Nanomedicine (2016) 12(1)33-42
- Sunscreen ingredient may prevent medical implant infections
University of Michigan, news
Nessun commento:
Posta un commento