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Gli antibiotici nel piatto. Non un problema alimentare ma sanitario

Gli esperti in prevenzione lanciato da tempo l'allarme sulla dilagante resistenza agli antibiotici e sul potenziale baratro che si prospetta davanti a noi se dovesse venire l'arma che ci ha protetti nel corso degli ultimi 70 anni.
Non si tratta di un mero avvertimento ma del serio rischio che tutti noi corriamo di avere armi spuntate contro malattie di origine batterica che credevamo di avere relegato al passato o semplicemente avere reso non pericolose.
L'utilizzo a pioggia di antibiotici nella pratica medica (usati troppo e male, specialmente per il dilagare della pratica dell'automedicazione) è solo una parte del problema. A fare precipitare gli eventi ha giocato un ruolo chiave l'utilizzo massiccio di queste molecole nell'allevamento e nell'agricoltura, e la mancata o carente implementazione di impianti di depurazione idonei a valle dei siti sensibili (ospedali e allevamenti), cosa che ha permesso la sopravvivenza e la diffusione dei ceppi resistenti.
David Paterson (credit uq.edu.au)
A reiterare l'allarme sono stati David Paterson e Patrick Harris, due ricercatori dell'università del Queensland che in un articolo apparso su The Lancet Infectious Diseases hanno alzato l'indice contro due nazioni come India e Cina in cui la disponibilità di trattamenti moderni non è andata di pari passo con lo sviluppo di infrastrutture di smaltimento (o di sanità di base). Soprattutto la Cina, impegnata come nessun altro nello sviluppo di allevamenti intensivi per sostenere la necessità di alimentare il miliardo e passa di abitanti, corre il rischio di innescare una catastrofe sanitaria dalle ripercussioni imprevedibili.

credit: antibioticsfor. com
Nello specifico il problema è che gli antibiotici della classe delle polimixine rappresentano oggi l'ultima difesa funzionante per il trattamento di ceppi multiresistenti e sono per questo particolarmente usati nei reparti di terapia intensiva.
Dov'è il problema? In Cina questi antibiotici sono tuttora ampiamente utilizzati in agricoltura e questo sta generando un effetto a cascata con la diffusione di ceppi resistenti alle polimixine negli animali di allevamento come polli e maiali. Il computo previsto per la fine del 2015 indica in migliaia di tonnellate la quantità di polimixine utilizzate nella sola Cina.
Come prevedibile, la resistenza è arrivata fino ai batteri patogeni (o anche solo opportunistici) per l'essere umano come dimostrano alcune segnalazioni degli enti sanitari locali.
La trasmissione è invero molto semplice e può avvenire maneggiando carni derivate da animali trattati con antibiotici e infettati da uno di questi ceppi batterici o consumando cibi non cotti in modo adeguato. Il fattore rischio assume valori esplosivi quando il batterio resistente raggiunge gli ospedali, dove la facilità di trasmissione aumenta esponenzialmente.

Le conferenze sull'ambiente (ad esempio COP21) sono sicuramente importanti ma oggi il rischio concreto è che l'umanità (a partire dalle aree più densamente popolate) vada incontro a epidemie terrificanti causate non da ceppi particolarmente virulenti di batteri ma dall'essere rimasti indifesi di fronte ad esse, potendo contare solo sul solo nostro sistema immunitario: un sistema eccezionale ed efficiente ma che, come le epidemie di peste bubbonica ci hanno insegnato, impongono un dazio di vite umane enorme prima che la battaglia sia vinta.
Anche senza pensare ad epidemie di tale portata, pensate alle complicazioni infettive associate ad un banalissimo intervento dal dentista qualora la profilassi antibiotica non fosse più disponibile.



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Fonti
- Emergence of plasmid-mediated colistin resistance mechanism MCR-1 in animals and human beings in China: a microbiological and molecular biological study
Yi-Yun Liu et al, Lancet Infect Dis. 2015 Nov 18

-  Colistin resistance: a major breach in our last line of defence
 David L Patersonemail , Patrick N A Harris  Lancet Infect Dis. 2015 Nov 18

-   Antibiotic 'last line of defence' breached in China
 CBC news/health (19 nov 2015)

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