Introduzione
Viviamo e ci siamo evoluti in un mondo pieno di virus, molti dei quali sono diventati parte integrante del nostro patrimonio genetico (esempio classico --> i retrotrasposoni). Se è vero poi che alcuni virus rappresentano una seria minaccia per la nostra salute è altrettanto vero che il 99,9 % periodico di tutti i virus presenti sul pianeta sono per noi totalmente innocui.
Il che non dovrebbe stupire chi conosce i principi base del funzionamento virale. I virus sono come "macchine" estremamente specializzate che necessitano per potere funzionare (leggasi, replicare il proprio materiale genetico) di sfruttare il "macchinario" cellulare. Semplifichiamo pensando ad una serratura e a un software di funzionamento di cui loro possiedono la chiave di entrata e il codice di attivazione. Basta una variazione minima in uno di questi due passaggi per rendere un virus pari ad un inerte granello di sabbia.
Insieme a virus esclusivamente umani come il morbillo coesistono virus cross-specifici come l'influenza (condivisa con alcuni uccelli da cui periodicamente emergono ceppi capaci di valicare la barriera cross-specie, da cui originano le note pandemie) fino ad arrivare a virus totalmente incapaci di replicarsi nelle nostre cellule. La totale dipendenze da uno specifico sistema proteico (quello della cellula ospite) è il motivo per cui ogni tipo di virus ha "preferenze obbligate" non solo per un determinato organismo ma anche per le cellule bersaglio (ad esempio per le cellule epiteliali della mucosa e nessuna affinità per le cellule epiteliali della cute). Varcare la barriera cross-specie è possibile solo in seguito a mutazioni e solo se il nuovo ospite ha caratteristiche molecolari sufficientemente simili a quelle del bersaglio originario. Basta un singolo aminoacido diverso in una regione chiave del recettore cellulare per rendere il virus totalmente incapace di "vedere" la cellula.
Per rendere il concetto il virus responsabile del cimurro nei cani e quello del morbillo umano, pur appartenendo alla famiglia dei Paramyxoviridae, sono totalmente incapaci di infettare l'altro ospite (anche dopo migliaia di anni di stretta convivenza, una situazione potenzialmente in grado di favorire la comparsa di mutanti cross-specifichi).
E' altresì noto che alcuni virus, proprio a causa
del loro dipendere totalmente dal macchinario di replicazione cellulare, hanno la nefasta capacità di indurre tumori cioè uno stato patologico in cui le cellule hanno "perso il controllo" di "quando e se" dividersi. Il tumore è qui un "effetto collaterale" dell'azione del virus finalizzata a riattivare il complesso replicativo. Alcune stime recenti parlano di circa il 15% dei tumori la cui origine può essere fatta risalire ad un evento infettivo. Tra i virus dotati di questa capacità abbiamo il virus del sarcoma di Rous (RSV) e
l' HTLV negli uccelli, il virus della epatite B (HBV) negli umani, il MMTV nei topi, (etc).
Sempre in ambito di patogenicità indiretta (non direttamente correlata con la replicazione virale) vale la pena menzionare il probabile coinvolgimento di un virus nella insorgenza del diabete di tipo-I. Non si tratterebbe qui di un evento causato dal virus ma di una anomala (eccessiva, fuori controllo e fuori bersaglio) reazione allo stesso da parte del sistema immunitario che, nei soggetti geneticamente predisposti, porta alla distruzione delle cellule beta del pancreas.
Sempre in ambito di patogenicità indiretta (non direttamente correlata con la replicazione virale) vale la pena menzionare il probabile coinvolgimento di un virus nella insorgenza del diabete di tipo-I. Non si tratterebbe qui di un evento causato dal virus ma di una anomala (eccessiva, fuori controllo e fuori bersaglio) reazione allo stesso da parte del sistema immunitario che, nei soggetti geneticamente predisposti, porta alla distruzione delle cellule beta del pancreas.
Per concludere questa carrellata, si deve citare il fenomeno della parziale permissività: quando un virus "animale" con cui noi entriamo in contatto è strettamente imparentato con un "nostro" virus può accadere che il virus sia sufficientemente simile da riuscire ad entrare nella cellula umana (o viceversa) ma troppo diverso per riprogrammare a suo vantaggio il macchinario cellulare. In questi casi due sono le possibilità: nessuna particella virale viene prodotta (infezione abortiva); pochi virus prodotti (infezione semi-permissiva). L'ultimo caso spiega per quale motivo gli studi condotti da Edward Jenner dimostrarono l'efficacia dell'inoculazione del virus vaiolo bovino in umani (che produce sintomi molto blandi) come agente protettivo - in grado cioè di attivare la risposta immunitaria - nei confronti del temibile vaiolo umano.
Nota. Per una panoramica del variegato mondo dei virus consiglio la lettura del precedente articolo --> "Virus. Quasi-organismi sub microscopici".
Il caso: virus bovino e tumore mammario umano?
Credit: UC Berkeley |
Nonostante queste premesse ha suscitato sorpresa la scoperta di una possibile correlazione tra il virus della leucemia bovina (BLV) e il tumore al seno nelle donne.
Lo studio, condotto da ricercatori dell'università di Berkeley e pubblicato sulla rivista PLoS ONE, è consistito nell'analisi del tessuto mammario di 239 donne (sia sane che con storia di tumore al seno) per cercare tracce genetiche della presenza di BLV. Nel 59 per cento dei campioni che provenivano da donne con storia di cancro al seno si è rilevata la presenza del DNA virale, contro il 29 per cento dei campioni di tessuto da donne sane.
Valori di odds-ratio compatibili con l'esistenza di una correlazione.
Valori di odds-ratio compatibili con l'esistenza di una correlazione.
Attenzione però ad estrapolare in automatico un nesso causale tra virus e tumore!
Come sottolineato da Gertrude Buehring, autrice principale dell'articolo, i dati NON indicano per se stessi l'esistenza di un nesso causale (cioè il virus provoca il tumore) ma una associazione. Il virus infatti potrebbe infatti essere arrivato successivamente allo sviluppo del tumore, anche se rimarrebbe da capire perché questo sia avvenuto principalmente nelle donne con tumore. Quello che è certo è che il dato dovrà essere confrontato su larga scala per verificarne la forza statistica e inoltre bisognerà capire se e quanto tale virus sia in grado di replicarsi nelle cellule umane.
Come sottolineato da Gertrude Buehring, autrice principale dell'articolo, i dati NON indicano per se stessi l'esistenza di un nesso causale (cioè il virus provoca il tumore) ma una associazione. Il virus infatti potrebbe infatti essere arrivato successivamente allo sviluppo del tumore, anche se rimarrebbe da capire perché questo sia avvenuto principalmente nelle donne con tumore. Quello che è certo è che il dato dovrà essere confrontato su larga scala per verificarne la forza statistica e inoltre bisognerà capire se e quanto tale virus sia in grado di replicarsi nelle cellule umane.
Come sia giunto il virus ai tessuti mammari umani non è noto anche se i maggiori indiziati sono il consumo di latte non pastorizzato o di carne poco cotta (entrambe procedure sconsigliate per ovvie ragioni igieniche); alternativamente potrebbe essere stato trasmesso da altri esseri umani, possibilità invero remota.
Nota. Già nel 2001 uno studio aveva mostrato la presenza di antigeni virali in sezioni di tessuto mammario umano ma l'assenza di materiale genetico virale, l'equivalente della pistola fumante nella ricerca del colpevole, rallentò il processo di monitoraggio per anni fino a che non si resero disponibili tecniche a maggiore sensibilità.
Il BLV, pur essendo relativamente diffuso nei bovini, con predilezione per il sangue e i tessuti mammari, ha una scarsa patogenicità: meno del 5% degli animali infettati si ammala. Proprio questo fatto, insieme all'assenza di evidenze chiare di una potenziale trasmissibilità ad essere umano ha giocato un ruolo chiave per spiegare lo scarso interesse degli allevatori (e soprattutto delle autorità sanitarie) ad implementare attività volte al contenimento prima e alla eradicazione poi dei focolai di infezione. Per fare un raffronto tra procedure interventiste e lo scarso interesse mostrato per il BLV, una malattia dei bovini come l'afta epizotica
pur innocua per gli esseri umani ma altamente contagiosa e deleteria per i bovini è da anni attentamente monitorata. Le misure adottate prevedono l'abbattimento di tutti i capi nell'area in cui si
manifesta il contagio, anche di quelli apparentemente sani o di quelli di un allevamento adiacente.
Se i dati presentati in questo articolo venissero confermati su larga scala è indubbio che le cose cambieranno anche per il BLV.
Tra le ricadute immediate dello studio vi sarebbe (condizionale d'obbligo in attesa di conferme) anche lo spostamento dell'enfasi verso la prevenzione del tumore al seno (riducendo gli agenti potenzialmente in grado di favorilo) piuttosto che nell'impari lotta di tentare di eradicarlo o anche solo controllarlo una volta che sia comparso.
Qualunque oncologo sa che i progressi concreti nella cura dei tumori raggiunti negli ultimi anni sono in gran parte da attribuire al miglioramento delle capacità diagnostiche (eliminare un tumore nelle primissime fasi dello sviluppo) e della prevenzione (vedi ad esempio fumo e tumore al polmone) più che nella efficacia di terapie nelle forme tumorali avanzate.
Qualunque oncologo sa che i progressi concreti nella cura dei tumori raggiunti negli ultimi anni sono in gran parte da attribuire al miglioramento delle capacità diagnostiche (eliminare un tumore nelle primissime fasi dello sviluppo) e della prevenzione (vedi ad esempio fumo e tumore al polmone) più che nella efficacia di terapie nelle forme tumorali avanzate.
Fonti
- Exposure to Bovine Leukemia Virus Is Associated with Breast Cancer: A Case-Control Study
Buehring GC et al, PLoS One. 2015 Sep 2;10(9)
- Bovine leukemia virus in human breast tissues
GC Buehring et al, Breast Cancer Res. 2001; 3(Suppl 1): A14.
Nessun commento:
Posta un commento