E' di pochi giorni la pubblicazione dell'anello "molecolare" mancante nella catena di eventi (meglio definibile come pathway) che porta all'Alzheimer. Fatta la scoperta, il passo successivo è stato verificare se fosse possibile, mediante molecole specifiche, revertire alcuni dei tratti patologici tipici della malattia.
Molto si è appreso sul morbo di Alzheimer (AD) da quando la malattia venne identificata più di un secolo fa. Un sforzo che negli ultimi anni ha visto incrementare in modo esponenziale i dati molecolari grazie all'aumento delle conoscenze nel campo delle neuroscienze e soprattutto a tecniche genetico-molecolari sempre più raffinate.
Non voglio riassumere per l'ennesima volta informazioni note e/o facilmente reperibili sulla malattia. Semplificando il tutto al massimo, uno degli elementi distintivi (rispetto ad altre patologie neurodegenerative) dell'AD sono le placche amiloidi e gli ammassi neurofibrillari. Il loro accumulo nel cervello è, secondo uno dei modelli più accettati dalla comunità scientifica, direttamente correlato al processo neurodegenerativo. Nell'ambito di questa teoria, alcuni ricercatori sostengono che queste placche siano la causa della neurodegenerazione mentre altri ritengono che siano un epifenomeno, ovvero una conseguenza della neurodegenerazione.
In un articolo pubblicato l'anno scorso il team diretto da Stephen Strittmatter dell'università di Yale, mostrava che il peptide beta-amiloide (componente principale delle placche) poteva associarsi sulla superficie del neurone con la proteina prionica (a sua volta nota per la cosiddetta sindrome della mucca-pazza). L'interazione portava, in modo ignoto, all'attivazione dell'enzima Fyn con il risultato di problemi nella funzionalità sinaptica.
Uno schema semplificato che raffigura le proteine di membrana coinvolte (®S. Strattmatter's lab & Yale Univesity / ®cell.com/neuron) |
Caratterizzato il quadro molecolare è stato possibile cercare una molecola che potesse correggere questa attivazione anomala. Questa molecola, trovata nel principio attivo di un farmaco sviluppato per un'altra malattia (sindrome dell'X fragile), è stata infine testata su topi di laboratorio con alterazioni simili a quelle dell'AD.
Risultato: le facoltà mnemoniche e di apprendimento (oltre che la densità sinaptica) perse con il progredire della malattia sono state in buona parte ripristinate.
Una volta confermati questi dati, il passo successivo vedrà necessariamente i test sull'uomo.
Un risultato estremamente importante dato il costo umano e sociale di una malattia in rapida ascesa (a causa anche dell'innalzamento della vita media della popolazione).
Risultato: le facoltà mnemoniche e di apprendimento (oltre che la densità sinaptica) perse con il progredire della malattia sono state in buona parte ripristinate.
Una volta confermati questi dati, il passo successivo vedrà necessariamente i test sull'uomo.
Un risultato estremamente importante dato il costo umano e sociale di una malattia in rapida ascesa (a causa anche dell'innalzamento della vita media della popolazione).
(Articolo successivo e precedente, su questo blog sul tema Alzheimer).
Fonti
- Alzheimer amyloid-β oligomer bound to postsynaptic prion protein activates Fyn to impair neurons.
Um JW et al, Nat Neurosci. 2012 Sep;15(9):1227-35
- Metabotropic glutamate receptor 5 is a coreceptor for Alzheimer aβ oligomer bound to cellular prion protein.
Um JW et al, Neuron. 2013 Sep 4;79(5):887-902
- Alzheimer’s missing link found: Is a promising target for new drugs
Yale news
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