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Tumore alla mammella: lo screening salva la vita (e l'esempio della Jolie)

E' di queste settimane la notizia della mastectomia preventiva a cui si è sottoposta Angelina Jolie. Una operazione sicuramente drastica ma che, date le condizioni genetiche, l'età e il vissuto della donna, è giustificata. Con questo non si vuole dire che sia un esempio da seguire ma che, ripeto, essendo la Jolie portatrice di una mutazione predisponente ad alta penetranza (pari a circa 87%) ha permesso di minimizzare (non di eliminare) il rischio associato, e cosa ancora più importante di eliminare l'ansia che la consapevolezza di essere a rischio comporta. Una consapevolezza che tramuta i controlli periodici, a cui ogni donna è bene si sottoponga in veri e propri calvari, data la quasi certezza, delle donne portatrici, che prima o poi il responso sarà positivo. Soprattutto perchè alcune delle mutazioni di BRCA non aumentano solo il rischio di tumore al seno ma anche all'ovaio. Tralascio il giudizio circa i commenti diffusi urbi et orbi dall'antico Umberto V. "sufficiente sottoporsi a controlli ogni 6 mesi"(SIC!). Il che iniziando a 16 anni fanno … quante ansie laceranti?
Lasciamo stare. Un giornalista vero, e non il solito zerbino che i media italiani inviano, avrebbe dovuto chiedere semplicemente "i rimborsi regionali ottenuti valgono l'ansia generata dalla paziente? Come fa a dire che la decisione della Jolie non è razionale?" . Per concludere, certamente è meglio che una ventenne posticipi questo intervento a dopo la maternità, quando i vantaggi di un intervento radicale supereranno gli svantaggi.


Torniamo a parlare di scienza, usando i numeri, e della importanza di screening periodici nelle donne il cui rischio è quello della media della popolazione e di età paragonabile. I numeri che riporto derivano da un recente studio inglese pubblicati sotto forma di "letter" sul British Journal of Cancer.

Punto di partenza dello studio: le donne che si sottopongono a screening routinario sembrano avere un rischio del 10% superiore rispetto a quelle che non lo fanno (Collette et al, 1984; van Dijck et al, 1996; Puliti et al, 2008). Le ragioni sono varie:
  • l'esistenza di fattori di rischio generici (spesso chi si sottopone a screening ha in famiglia casi di malattia, quindi è geneticamente a rischio) 
  • la paura delle malattie in genere e il conseguente stato d'ansia sono fattori noti nell'aumentare il fattore di rischio.
Dai valori citati nell'articolo si stimano 749 diagnosi di tumori alla mammella ogni 10 mila screening. I valori sono ricavati dai 681 casi realmente diagnosticati nell'ambito dello studio Marmot, aumentato del 10%.
Ci si è quindi chiesto cosa sarebbe successo (in base a valori derivati dalla popolazione reale) a queste donne se non si fossero presentate allo screening.
Primo calcolo. Donne che fanno lo screening:
    ⁃    749 sarebbero state trovate positive e avrebbero ricevuto il trattamento terapeutico d'elezione;
    ⁃    di queste 749, circa 157 sarebbero morte di tumore. 56 in meno rispetto a quelle ipotizzabili nel gruppo che non si sottopone a screening (quindi con fattore di rischio inferiore del 10%);
    ⁃    delle 592 rimanenti, 56 avrebbero avuto la vita salvata (o per lo meno allungata) proprio grazie alla diagnosi precoce. 167 sarebbero state trattate, data la positività allo screening, per noduli che non avrebbero creato problemi nel corso della vita (casi categorizzati come sovradiagnosi). Le restanti 369 sarebbero state trattate in anticipo per un tumore che sarebbe stato scoperto e trattato successivamente in assenza di screening

Secondo calcolo. Prendiamo ora le stesse donne e ipotizziamo che non abbiano potuto/voluto sottoporsi a screening. Di queste
    ⁃    582 sarebbero state diagnosticate con il tempo positive al tumore e avrebbero ricevuto le cure del caso (582= 749-167 le sovradiagnosi prima citate). 168 avrebbero sviluppato dei tumori poco aggressivi/non sintomatici che non avrebbero alterato l'aspettativa di vita.
    ⁃    Delle restanti 582 donne trovate positive, 213 sarebbero morte di tumore alla mammella cioè 56 in più rispetto a quelle che si sono sottoposte a screenig preventivo. 369 avrebbero ricevuto una terapia risolutiva e sarebbero sopravvissute.

Al netto dei numeri, lo screening preventivo può causare maggiori problemi di ansia e un trattamento terapeutico "eccessivo" (trattati anche i noduli non pericolosi), ma salva almeno 56 donne ogni 10 mila analizzate.
Il che non è irrilevante visto che parliamo di vite salvate.

Conclusione. Lo screening preventivo nelle persone "normali" è importante purchè non si leghi a stati d'ansia esagerati e a frequenze superiori a quelle consigliate (dipendenti dall'età).

Fonte
Mortality benefits and overdiagnosis estimates for women attending breast screening
N Ormiston-Smith, H Scowcroft and CS Thomson, British Journal of Cancer (2013) 108, 2413–2414.

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