Non si tratta del titolo di un B-movie anni '50 né di un avvistamento tipo mostro di Loch Ness e tantomeno di un pesce di aprile. Si tratta del sorprendente risultato di una ricerca condotta da paleontologi canadesi in collaborazione con biotecnologi inglesi. Una collaborazione nata dalla necessità di definire la provenienza di reperti ossei trovati dai canadesi nell'isola di Ellsmere. I reperti, vecchi di tre milioni di anni secondo la datazione al carbonio 14, erano infatti troppo esigui per poterne ricavare informazioni dettagliate sull'animale.
Image credit: Science |
Non sorprende, osservando la figura allegata, che i paleontologi in un primo momento li avessero confusi con del legno fossile; solo una successiva ispezione con la strumentazione presente al campo base permise loro di scoprire che non era legno ma ... una tibia. Rimaneva da capire a che animale fosse appartenuta.
Dalle dimensioni di un reperto osseo, e grazie all'anatomia comparata, è spesso possibile risalire alla dimensione (e a spanne anche alla famiglia) dell'animale. Diversa cosa è ovviamente caratterizzare il reperto con precisione assoluta. Negli ultimi anni tuttavia i progressi fatti dalla genetica molecolare e dalla biotecnologia hanno reso possibile approcci prima fantascientifici. I canadesi decisero di contattare i colleghi inglesi in quanto questi avevano messo a punto un procedimento noto come collagen fingerprinting (impronta digitale del collagene). Una tecnica che permette, partendo da quantità minime di collagene osseo, di risalire alla specie (vivente o estinta purché ben nota).
Si scoprì così che il profilo molecolare era quasi identico a quello dell'odierno dromedario e dell'estinto ma recente cammello gigante dello Yukon (vissuto soli 2 milioni di anni fa) le cui ossa erano state trovate 1200 km a sud dal luogo dell'attuale ritrovamento.
La dimensione dell'osso è circa il 30 % maggiore di quella dei camelidi odierni, il che ovviamente suggerisce che l'animale fosse altrettanto più grande.
La dimensione dell'osso è circa il 30 % maggiore di quella dei camelidi odierni, il che ovviamente suggerisce che l'animale fosse altrettanto più grande.
Il dato tuttavia di maggiore interesse è il luogo del ritrovamento. Pur considerando la deriva dei continenti e l'età dei reperti, la zona era anche al tempo artica, quindi inattesa per una specie che noi associamo ai climi torridi. In realtà all'epoca la temperatura dell'Alaska era meno fredda dell'attuale a causa di un generale surriscaldamento.
Ricordo che cammelli e dromedari fanno parte della famiglia dei Camelidi a cui appartengono anche il lama e l'alpaca.
Il doppio ritrovamento dei reperti in questa zona fa pensare che qui sia vissuto il paracamelus (se mi passate il termine, il corrispettivo della nostra Lucy nei camelidi); dato interessante in quanto permette di fare luce sulla linea evolutiva dei camelidi.
La caratteristica forma appiattita del piede, gli occhi grandi e i depositi di grasso non sarebbero altro che adattamenti al freddo che con il tempo si sono rivelati utili anche ai loro discendenti trovatisi a vivere in ambienti altrettanto estremi.
Perché il cammello dell'Alaska si sia estinto non è chiaro. Probabilmente un insieme di cause legate al raffreddamento successivo e/o alla presenza di predatori agguerriti (ad esempio gli antenati dei Grizzly).
La caratteristica forma appiattita del piede, gli occhi grandi e i depositi di grasso non sarebbero altro che adattamenti al freddo che con il tempo si sono rivelati utili anche ai loro discendenti trovatisi a vivere in ambienti altrettanto estremi.
Perché il cammello dell'Alaska si sia estinto non è chiaro. Probabilmente un insieme di cause legate al raffreddamento successivo e/o alla presenza di predatori agguerriti (ad esempio gli antenati dei Grizzly).
Fonti
- Mid-Pliocene warm-period deposits in the High Arctic yield insight into camel evolution
Natalia Rybczynski et al, Nature Communications, 2013, 4(1550)
- University of Manchester, news
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