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Alzheimer. Placche amiloidi, sistema immunitario o disfunzioni lisosomali?

Il fallimento delle sperimentazioni cliniche delle terapie anti-Alzheimer centrate sulla rimozione delle placche amiloidi ha messo in discussione l'ipotesi amiloide come (unica) responsabile del morbo di Alzheimer. Discussione che ha spinto ad investigare altri potenziali fattori causali primari (inteso come antecedenti la comparsa delle placche) come attacco immunitario, proteine Tau, virus, colesterolo, infiammazione, etc.
Le terapie anti-amiloide testate erano basate su anticorpi finalizzati ad attivare la risposta immunitaria (e la rimozione) contro le placche amiloidi. Tra queste menziono aducanumab, lecanemab e donanemab che hanno dato (modesti) risultati accompagnati però da effetti collaterali (conseguenza quasi scontata ricordando che la loro funzione è attivare una risposta infiammatoria locale). In un prossimo futuro si prevede l'utilizzo di vaccini a RNA invece dei terapia anticorpali.
Per ulteriori informazioni vi rimando al precedente articolo sul tema o al tag "Alzheimer"
Tra le nuove ipotesi è particolarmente interessante quella proposta da Ralph Nixon della NYU, che vede nella disfunzione dei lisosomi cioè gli organuli cellulari deputati alla distruzione dei prodotti di scarto delle cellule, l'evento causale.
Evidenze prodotte in molti laboratori hanno mostrato che sia nei modelli animali che nelle cellule cerebrali dei pazienti affetti dal morbo di Alzheimer (AD), i lisosomi appaiono ingrossati e disfunzionali ancor prima della comparsa delle placche amiloidi. Lo stesso vale per gli endosomi, anch'essi componenti del meccanismo di eliminazione dei prodotti di scarto delle cellule. L'idea è che una minore efficienza nello smaltimento provochi l'accumulo di prodotti di scarto, tra cui la β-amiloide, all'interno delle cellule cerebrali e a cascata morte cellulare e liberazione nello spazio extracellulare di molecole che fungono da centri di aggregazione per placche sempre maggiori, alterando la funzionalità delle cellule cerebrali adiacenti. 
Questo spiegherebbe per quale motivo la rimozione delle placche amiloidi (ottenuta mediante anticorpi) si sia dimostrata di scarsa utilità: sarebbe come rimuovere un irritante che tuttavia continua ad essere prodotto.
La disfunzione lisosomiale sarebbe causata da una alterazione del pH di questi organelli, insufficientemente acidi perché avvenga la degradazione delle molecole di scarto. A conferma di questa ipotesi esperimenti condotti sui topi con farmaci che riacidificano i lisosomi hanno evidenziato una riduzione delle placche di beta-amiloide e una minore morte cellulare.
Nesso causale confermato anche dalla scoperta che le stesse mutazioni geniche associate al rischio Alzheimer (favorendo la produzione di β-amiloide) alterano anche la funzionalità dei lisosomi.
Nello specifico si ritiene che il frammento di APP (proteina precursore della β-amiloide) che rimane nella membrana endosomale dopo l'azione della β-secretasi, noto come APP-βCTF (o C99), interferisca con le pompe che regolano il pH lisosomiale. Ipotesi rinforzata dall'osservazione che mutazioni nel gene APP, responsabile di alcune forme di Alzheimer familiare (FAD), causano una produzione eccessiva di APP-βCTF. 


APP e le secretasi nella genesi degli aggregati amiloidi
(credit: J. Zhao et al)

Altro gene le cui varianti sono associate al rischio FAD è PSEN1, le cui mutazioni sono state correlate alla comparsa di anomalie funzionali nelle pompe che acidificano i suddetti organelli. 

In sintesi mentre il modello standard (anche noto come ipotesi amiloide) presuppone che le placche di β-amiloide si formino e uccidano i neuroni dall'esterno, il lavoro del gruppo di Nixon ha prodotto una quantità crescente di evidenze che suggerisce il contrario, cioè che "la scintilla della malattia" inizi dentro le cellule (nei lisosomi) per poi diffondersi alle cellule adiacenti attraverso l'accumulo di prodotti di scarto liberati dalle cellule morte. Terapie finalizzate alla sola rimozione delle placche porterebbero nel migliore dei casi ad un rallentamento della progressione della malattia senza però rimuovere le cause della malattia.

Sebbene anche i sostenitori irriducibili dell'ipotesi amiloide concordino con il fatto che l'Alzheimer sporadico sia principalmente un problema di mancata eliminazione dei prodotti tossici, ritengono responsabili di tale carenza le cellule della microglia (deputate alla pulizia e difesa del sistema nervoso centrale). Ipotesi contestata da Nixon secondo cui queste cellule entrano in gioco più tardi nel corso della malattia; la microglia elimina l'amiloide extracellulare, ma questo avviene solo dopo che è stata rilasciata dalla cellula morente.

Ref.
- Makin S. Nature 640, S4-S6 (2025)
- van Dyck, C. H. et al. N. Engl. J. Med. 388, 9–21 (2023). 
- Sims, J. R. et al. JAMA 330, 512–527 (2023).
- Malampati, S. et al. Alzheimers Dement. 20, e095538 (2025).
- Lee, J. H. et al. Nature Neurosci. 25, 688–701 (2022).
- Im, E. et al. Sci. Adv. 9, eadg1925 (2023).


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