Nel 1977 il regno di Monera crollò.
Era un regno giovane con i suoi 50 anni, popolato da esseri microbici, privi di nucleo e di altri organelli, altrimenti noti come procarioti.
Il responsabile della sua cancellazione fu Carl Woese ma non perché fosse cattivo. Fu solo l'inevitabile risultato della meticolosa analisi comparativa da lui fatta sul RNA ribosomale che dimostrava come all'interno di questo regno fossero raggruppati organismi tra loro molto diversi.
Fu così che il regno Monera scomparve e i suoi abitanti vennero raggruppati in due regni che noi oggi conosciamo come Eubacteria (veri batteri) e Archaeabacteria (batteri arcaici) che si andarono ad aggiungere ai 5 regni Animalia, Plantae, Fungi e Protista.
Una classificazione semplificata dalla stesso Woese dopo una decina di anni in tre regni, ma che in questo inizio secolo ha poi visto altre riorganizzazioni soprattutto nell'ambito degli eucarioti.
La versione semplificata di tutto è che l'albero della vita si distingue in cellule con nucleo (eucarioti) e cellule senza nucleo (procarioti) divisi in due regni tra loro tanto diversi quanto lo sono da una cellula nucleata.LUCA sta per Last Universal Common Ancestor. |
All'interno di questo mondo affascinante (vi rimando a precedenti articoli sulla simbiosi che ha originato gli eucarioti moderni), non trovano spazio i virus per la semplice ragione che oggettivamente non possono essere considerati organismi mancando di tutti i tratti necessari (ad esempio il metabolismo) oggi usati per definire "vita".
Vedi in proposito il precedente articolo su questo blog "Virus come quasi-organismi" e un articolo su Frontiers del 2021.
Questo non vuol dire che queste "stringhe di informazione" vaganti non si siano "evolute": dal momento della loro comparsa (per alcuni rappresentano una fase pre-biotica, per altri sono la degenerazione massima di antichi organismi) l'evoluzione ha agito anche su di essi, selezionando quelli che stavano "al passo" con l'evoluzione cellulare.
Per l'albero evolutivo dei virus vi rimando alla figura a questa pagina.
Tra i tanti virus esistenti (ne conosciamo solo una infima minoranza, vedi i 5 mila nuovi virus appena scoperti nelle acque oceaniche) alcuni sfidano il senso comune come i virus giganti, più grandi di una nostra cellula. Il virus più grande finora trovato è il Pithovirus sibericum con i suoi 1,5 micron (il coronavirus è grande 0,12 micron).
I virus giganti vanno bene per cellule giganti quali possono essere alcune amebe (Amoeba proteus può arrivare a 750 micron). Nelle profondità abissali si è trovato un vero gigante unicellulare, lo xenophyophorea che può arrivare a 10 cm (pensate che un eritrocita non supera gli 8 micron).
Il tema "dimensioni" non è solo materia da Guiness dei primati ma nasce da vincoli biologici, in primis la "sostenibilità" della cellula. Un organismo unicellulare deve infatti avere dimensioni che tengano conto di una superficie che diventa in fretta limitante all'aumentare delle dimensioni cellulari. Inoltre mentre negli eucarioti la cellula dispone di sistemi di trasporto interni molto raffinati, sotto forma di citoscheletro e di compartimenti (organelli) in cui fare avvenire reazioni specifiche, questi sono assenti nei procarioti in cui il sistema di "delivery" del cibo e dei mattoni costruttivi avviene principalmente per diffusione passiva. È proprio la velocità di diffusione a porre un limite alla dimensione batterica, che si assesta nell'intervallo 0,2-2 micron.
In sostanza se una cellula non può affidarsi alla sola diffusione passiva per trasferire i nutrienti dall'esterno alle zone dove servono, deve compiere un lavoro, e compiere un lavoro implica un cospicuo consumo di energia che i batteri non si possono permettere (gli eucarioti possono, avendo una centralina energetica sotto forma di mitocondri e plastidi).
A rimettere in discussione il dogma dimensionale nei batteri arriva la scoperta dei Magnificent Sulphur Margarita.
Tecnicamente il nome dovrebbe essere Thiomargarita magnifica (thio è il suffisso per zolfo) ma i ricercatori vollero mettere in risalto il nome Margarita.
Fino a un paio di anni fa questo organismo non solo era senza nome e noto a pochi biologi ma nemmeno era consideravato un batterio.
Tutto iniziò quando il biologo marino Olivier Gros notò fili bianchi, lunghi anche un centimetro, che aderivano alle foglie sommerse delle mangrovie.
Credit: Jean-Marie Volland et al |
All'inizio ipotizzò che fossero funghi senza però riuscire a identificarne la specie (nulla di strano, meno del 10% dei funghi è stato caratterizzato). Pensò allora di prenderne un campione e di farlo analizzare in laboratorio dove però i suoi collaboratori osservarono che c'era qualcosa di molto strano. In sintesi non solo questo era in realtà un batterio ma era 50 volte più grande del batterio più grande noto (tanto grande da potere essere visto agevolmente al microscopio ottico il cui limite di risoluzione è 0,2 micron.
Credit: Jean-Marie Volland et al |
Come prima scritto questa dimensione è sempre stata considerata impossibile nel mondo dei batteri a causa del limite intrinseco posto dalla diffusione passiva.
A questo batterio gram negativo chemolitotrofo non deve essere importato molto delle disquisizioni teoriche sulle dimensioni ed ha evoluto un modo per aggirare il limite: la parte interna della cellula è riempita per gran parte del suo volume da una sacca piena di liquido, che costringe tutto il contenuto intracellulare a ridosso della membrana (e parete) cellulare. Il vantaggio è immediato in quanto i nutrienti, per quanto grande sia la cellula, non devono diffondere molto tra il punto d'ingresso e quello di utilizzo essendo tutto lo "spazio vitale e operativo" ammassato all'esterno.
Come se non bastasse questi giganti hanno infranto un'altra regola, anzi un dogma, cioè il non possedere un nucleo (luogo in cui il genoma è racchiuso). Non si tratta in verità di un vero e proprio nucleo con tutte le sue caratteristiche strutturali ma di un compartimento semplificato.
In qualche modo, questi batteri hanno preso una svolta evolutiva inedita che finora non era stata considerata possibile.
Questo studio ci ricorda che la nostra comprensione dell'evoluzione della complessità biologica è incompleta e che molto lavoro attende le nuove generazioni di ricercatori.
Fonte
- A centimeter-long bacterium with DNA compartmentalized in membrane-bound organelles
Jean-Marie Volland et al, BioRxiv (Feb. 2022)
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