Dell'utilizzo del DNA in ambiti diversi dalla biologia ne ho parlato a suo tempo descrivendo i supporti di memoria digitale basati sull'acido nucleico.
Oggi vediamo un nuovo utilizzo centrato sulla creazione di circuiti logici che permettono di sfruttare la sensibilità del DNA al pH ambientale così da creare una sorta di biosensore.
Credit: Angewandte Chemie via phys.org |
In fondo la miriade di processi chimici che avvengono nelle cellule possono, in linea di principio, essere considerati come una successione di eventi dettati dal verificarsi di date condizioni; una sequenza che potrebbe essere utilizzata per creare circuiti digitali.
Questo il pensiero che ha guidato alcuni ricercatori nello sviluppo di un circuito di commutazione molecolare sotto forma di DNA, capace di indurre alterazioni meccaniche in un gel al variare del pH; una alterazione che, si noti bene, non passa dalla classica funzione di magazzino dell'informazione propria del DNA
L'articolo è stato pubblicato sulla rivista Angewandte Chemie.
Partiamo da alcuni concetti base. Il DNA è una molecola costituita da una successione ininterrotta di nucleotidi (da pochi nucleotidi ad alcune centinaia di milioni, 247 milioni nel caso del nostro cromosoma 1) che può assumere conformazioni diverse e particolari in regioni adiacenti in base alla caratteristiche locali. Può essere anche vista come una spina dorsale (a carica negativa a causa dei fosfati) da cui sporgono le basi azotate che si appaiano, nei classici filamenti doppi, con le controparti complementari su un altro filamento. La struttura più nota, quella descritta da Watson e Crick negli anni '50, è la forma B.
In quale conformazione si trova il DNA (A, B o Z) dipende da tre condizioni: ambiente ionico e idratazione; la sequenza; la presenza di proteine che possono legarsi al DNA in una conformazione elicoidale e costringere il DNA ad adottare una diversa conformazione (Image credit: microbenotes.com) |
La flessibilità intrinseca del DNA, specie nella forma a singolo filamento dove puoi formare strutture a forcina anche molto complesse, è stata di ispirazione ai ricercatori per costruire dei veri e propri interruttori fatti da DNA, in cui il cambio di conformazione si associava ad un segnale rilevabile dall'esterno.
Senza entrare troppo in tecnicismi i ricercatori hanno creato una serie di quattro interruttori a singolo filamento di DNA, ciascuno con sequenza e lunghezze leggermente diverse, progettati per reagire in modo diverso al pH ambientale (vedi prima immagine).
Ad esempio, a pH 8 due di questi interruttori cambiamo conformazione formando un triplex (DNA a triplo filamento) mentre gli altri due rimangono sostanzialmente lineari.Queste alterazioni sono progettate per generare eventi secondari come fossero funzioni logiche in un circuito di commutazione.
Due esempi:
- l'emissione di un segnale fluorescente facilmente rilevabile da rilevatori esterni;
- veicolando l'alterazione in un vero sistema meccanico, ottenuto incorporando il DNA all'interno di gel di poliacrilamide. Il DNA qui agisce come un connettore che tiene unite le molecole polimeriche del gel. Più corto è il linker (cioè tanto più piegato il DNA) e tanto maggiore la densità finale del gel. Aggiungendo alla miscela filamenti di DNA complementari è possibile variare le caratteristiche del circuito favorendo o meno la formazione di triplex e con esso la dimensione finale del gel.
Dato il numero di combinazioni quasi infinito di questi interruttori, i ricercatori considerano il risultato un passo avant verso la cosiddetta soft robotics, da alcuni anche detta bio-robotica.
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Fonte
- Multi‐Mode Reconfigurable DNA‐Based Chemical Reaction Circuits for Soft Matter Computing and Control
Qian Tang et al, Angewandte Chemie International Edition (2021). DOI: 10.1002/anie.202102169
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