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Virtualizzazione di un sistema binario fatto da 2 buchi neri supermassicci

Due anni fa la prima visualizzazione di un buco nero (M87*) non molto diversa da quella immaginata da Kip Thorne (premio Nobel 2017 per la fisica) nel 2014 per il film Interstellar. Una prova del potere delle simulazioni al computer quando si visualizzano eventi altrimenti non osservabili 
Clip dal film Interstellar
(Image credit: Paramount Pictures)
Nel 2019 la prima reale "visualizzazione di un buco nero 


Del primo se ne è scritto abbondantemente in passato (vedi --> l'articolo dedicato) quindi oggi dedico questo breve ad una nuova simulazione con un intrinseco grado di difficoltà “al quadrato” rispetto alla precedente.

Sappiamo bene che a causa dell’intenso campo gravitazionale in gioco, quando la luce transita nei pressi di un buco nero (o in genere qualunque oggetto dotato di massa), questa si “piega” e la sua intensità cambia a seconda della direzione in cui si sta muovendo.
Cosa succede allora quando l’oggetto osservato è un sistema binario costituito da 2 buchi neri supermassicci in orbita reciproca, ciascuno con propria gravità e disco di accrescimento luminoso di polvere e gas?
Non si tratta di ipotesi borderline ma di eventi probabilmente “non rari” al centro delle galassie. Ad oggi si ha la identificazione, datata 2015 ad opera del LIGO, di un evento “minore” (ma sufficiente a confermare l’esistenza delle onde gravitazionali), noto come GW150914 e riferito alla fusione di 2 buchi neri di 36 e 29 masse solari (Ms).

Il lavoro di virtualizzazione viene da Jeremy Schnittman, lo stesso astrofisico che nel 2019 aveva effettuato la precedente simulazione che riporto qui sotto 
Credit: NASA’s Goddard Space Flight Center/J. Schnittman

Nel nuovo lavoro ha aumentato il tasso di difficoltà considerando un sistema fatto da due buchi neri supermassicci (quasi ogni galassia ne ha almeno 1 al suo centro) di cui uno da 200 milioni di Ms e l'altra circa la metà.

Il risultato della simulazione lo riassumo nell'ordine con una GIF, il video completo della simulazione e infine la descrizione semplificata di quanto il video ha mostrato.
(Credit: NASA, Goddard/ J. Schnittman & BP. Powell via sciencealert)
Se non vedi il video clicca sulla fonte 
(video credit: NASA Goddard)

 
La simulazione inizia come se si stessero guardando i due buchi neri dall’alto, rispetto all’orbita e alla loro rotazione intrinseca. Ricordiamo che il buco nero è visualizzabile solo per contrasto (nessun fotone può uscire), per cui si parla dell’ombra del buco nero (black hole shadow) circondata da un ampio disco di accrescimento.
Immagine riassuntiva delle diverse regioni che definiscono l'immagine di un buco nero
(image credit: NASA) 
Il sottile anello tra il bordo interno del disco di accrescimento e l'ombra del buco nero è chiamato anello fotonico, ed indica l’area dove la gravità è così forte che i fotoni sono intrappolati in un'orbita stabile attorno al buco nero. Se questi fotoni dovessero virare più vicino al buco nero, cadrebbero oltre l'orizzonte degli eventi, dove scomparirebbero per sempre.
Man mano che la simulazione continua, la prospettiva dello spettatore si sposta verso il basso fermandosi sul piano orbitale dei due buchi neri. All'inizio non sembra nulla di molto diverso dalle altre simulazioni, con la luce del disco piegata sul retro a formare un alone e la luce davanti all'ombra del buco nero più luminosa mentre si muove verso l’osservatore e più tenue mentre si allontana .
Un fenomeno quest’ultimo detto relativistic beam che altro non è che un effetto Doppler applicato alla luce.

E’ a questo punto che le cose si fanno più strane.
Per semplicità di visutalizzazione gli autori (Jeremy Schnittman e  Brian P. Powell) usano colori diversi per rappresentare i due buchi neri così da differenziarli e mostrare cosa succede alla luce quando i rispettivi campi gravitazionali la curvano e deformano in percorsi complessi predetti solo grazie all’enorme potere di calcolo di supercomputer dedicati. 

La visuale si sposta nuovamente verso il basso questa volta con una “zoomata” verso l'anello fotonico con vista laterale sull’altro buco nero. Visione strana ma spiegabile con il fatto che la luce viene piegata di 90 gradi, il che significa che in quel punto si ha, in contemporanea, una vista alto-basso e laterale-distorta di ciascun buco nero.
Il fenomeno è simile a quando si osservano mediante telescopi immagini che sono il risultato dell’effetto lente gravitazionale: il risultato è la visione di stelle (o galassie) “al di là” di un corpo massiccio (che può essere un buco nero, una stella di neutroni ma anche cluster di galassie) che appaiono spostate e moltiplicate. L'immagine che segue dice più di tante parole

Al centro la galassia che funge da lente gravitazionale mentre l'anello è in realtà una galassia sullo sfondo, molto più distante della galassia centrale, la cui immagine è curvata per effetto della gravità. Il fenomeno è anche noto come Anello di Einstein. La spiegazione grafica del fenomeno la trovate QUI
Image credit: Lensshoe_hubble.
 

Qualche possibilità in futuro di osservare eventi simili?
L'imaging diretto di un buco nero è un processo complesso (vedere il lavoro dietro M87*) e in più i buchi neri supermassicci binari sono rari, quindi è tutto sommato improbabile dati i nostri limiti, tecnologici e umani. Quello che importa qui è che le virtualizzazioni come questa di Schnittman aiutano la comprensione della fisica degli ambienti estremi quale è quella attorno ai buchi neri supermassicci.

***
Per i più appassionati non posso che consigliare 2 libri di Kip Thorne, di cui uno centrato sulla fisica dietro il concetto del film Interstellar.




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