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Epidemia degli oppioidi. Condannato il capo di una azienda farmaceutica

La notizia è di quelle impensabili in Italia (e in genere in Europa) ma un punto di svolta perfino in USA dove non sono rari i casi di dirigenti (o politici o divi o …) finiti sul banco degli imputati e condannati a pene pesanti e soprattutto reali cioè senza i benefici legati ad età, malattia o semplicemente potere (fate il confronto tra Madoff e Tanzi e ne avrete una idea).
La condanna del capo di una azienda farmaceutica segna un punto di svolta importante. Non perché in passato le aziende farmaceutiche non fossero finite sul banco degli imputati e, quando condannate, costrette a pagare fior di quattrini che da noi ci sogniamo, ma finora i "piani superiori" erano sempre sfuggiti alle accuse dirette perché "non a conoscenza del fatto o direttamente responsabili".
Da oggi, con la condanna di John Kapoor, le multinazionali avranno di che temere.
John Kapoor, tra i più ricchi, prima di finire sotto processo
Il caso verte sui guadagni miliardari fatti con una particolare formulazione dell'antidolorifico fentanyl (prodotto dalla Insys Therapeutics), o meglio sulle informazioni travisanti fornite dall'azienda ai medici per convincerli a prescrivere il farmaco al di fuori delle condizioni per cui era stato approvato.

Le prove fornite dagli agenti federali nel corso del processo tenutosi a Boston sono state ritenute sufficienti dalla giuria per condannare John Kapoor, fondatore di Insys Therapeutics, e altri 4 dirigenti per cospirazione, corruzione e racket. Accuse legate alla pervicace azione di corruzione dei medici (traviati non solo economicamente ma anche offrendo loro serate di lapdance), alle false informazioni fornite a loro e alle compagnie assicurative per incrementare le vendite del farmaco opioide Subsys (la versione spray del fentanyl). Farmaco perfettamente legittimo e funzionale ... se usato in modo corretto cioè nei casi approvati dagli enti regolatori.
image credit: CNN
Le assicurazioni qui sono parte lesa perché, come parte integrante del sistema sanitario USA, sono preposte al rimborso del costo delle cure sostenute dai loro assicurati; quindi la prescrizione di farmaci "inutili" o pericolosi ha causato loro danni economici in modo diretto (spesa immediata) o indiretto (spesa futura).
La messa sotto accusa (e la condanna) rapprensentano un precedente importante nel settore farmaceutico. In passato anche quando i dirigenti organizzavano massicce e pervasive campagne di marketing per vendere un farmaco sottacendone aspetti chiave, restavano di fatto impuniti scaricando gli oneri (multe o altri costi) sulle loro azienda; nel "migliore" dei casi erano i soliti parafulmini (pardon dirigenti di fascia inferiore) ad essere processati e incolpati di avere agito tenendo all'oscuro i piani alti.

Riassumiamo la vicenda.
Il Subsys è il la versione ad uso orale (spray sublinguale) dell'antidolorifico fentanil, un farmaco 80 volte più potente della morfina. La versione spray non è di suo una novità ma le altre formulazioni presenti sul mercato vanno spruzzate in gola e sono assorbite meno velocemente dello spray sublinguale; una differenza importante per quello che è lo scopo principe, cioè il sollievo dal cosiddetto dolore episodico intenso che affligge molti pazienti malati di cancro (in particolare quelli terminali), nonostante l'assunzione di dosi massicce di farmaci oppioidi. L'efficacia, anche se temporanea, del Subsys aveva permesso l'approvazione da parte degli occhiuti regolatori della FDA, specialmente considerando la sua natura oppioide e quindi il rischio tolleranza e dipendenza.
Come scritto in passato i farmaci vanno valutati per il loro profilo rischio/beneficio; questo spiega perché il suo utilizzo abbia senso per alleviare le sofferenze di pazienti terminali mentre invece non avrebbe mai potuto essere approvato per (ad esempio) i dolori del ciclo mestruale. Non è il farmaco ad essere finito sotto processo ma l'uso indebito.
Il problema è che nonostante la precisa indicazione delle condizioni di utilizzo, l'accusa ha dimostrato grazie a testimoni, l'esistenza di innumerevoli prescrizioni rilasciate a persone non malate di cancro, senza che il paziente fosse a conoscenza dei rischi da dipendenza di questo farmaco e mentendo alle compagnie assicurative circa l'utilizzo (per ottenere i rimborsi).

Non si tratta invero di una novità nel campo. Nel 2008, l'azienda Cephalon si dichiarò colpevole (e dovette pagare 425 milioni di dollari di danni) per avere spinto i medici a prescrivere farmaci (legittimi) come Actiq, un lecca-lecca a base di fentanyl. Anche in questo caso il farmaco, approvato per il solo trattamento sintomatico nei malati di cancro, era stato prescritto illecitamente a persone che soffrivano di emicrania, anemia o altro.
Uno dei testimoni chiave del processo è stato Alec Burlakoff che prima dell'impiego alla Insys lavorava (che combinazione!) alla Cephalon. Dopo avere ammesso le proprie colpe penali nella fase istruttoria, è divenuto la "gola profonda" per rivelare il dietro le quinte del sistema.
Oltre alla sua testimonianza (decisiva) sulle strategie che l'azienda aveva programmato e messo in atto per massimizzare le vendite convincendo i medici a prescrivere il farmaco analgesico al di fuori dei casi oncologici, l'accusa ha presentato un video che ha spazzato via i dubbi sulla piena consapevolezza dei vertici aziendali. Il video, utilizzato nelle fasi di addestramento dei loro rappresentanti del farmaco (alias quelli che devono convincere i medici) mostre due persone in una "cover" di una nota canzone rap, il cui testo, modificato, suona come
"Adoro le titolazioni, sì, non è un problema, ho nuovi pazienti e ne ho molti."
una chiara indicazione della strategia dell'azienda di aumentare la dose ("titolazione") e aumentare il numero di soggetti a cui viene prescritta.
Oltre ai due venditori nel video "rap" compare un individuo travestito da inalatore spray che si rivela essere Burlakoff.
Il problema non è nell'estetica del video (c'è di peggio) ma nell'atteggiamento incredibilmente disinvolto nei confronti di un oppiaceo potenzialmente mortale la cui prescrizione viene "pompata" nel bel mezzo di una vera e propria epidemia nell'utilizzo degli oppioidi "legali" che ha investito gli USA nell'ultimo decennio (vedi articolo riassuntivo sulla CNN --> Opioid Crisis Fast Facts).

Onestà impone nel sottolineare che la Insys NON è la causa prima di tale "epidemia" ma solo uno dei tanti attori responsabili. Sul podio il maggior responsabile va indubbiamente all'ossicodone (Oxycontin) il cui numero di prescrizioni è di gran lunga superiore al fentanil. Quelli di Insys sono finiti sotto i riflettori perché intenti in una aggressiva campagna per aumentare le vendite proprio nel momento in cui il numero delle vittime da abuso di antidolorifici raggiungeva numeri allarmanti.

Dopo due settimane di camera di consiglio la giuria ha emesso settimana scorsa il verdetto di colpevolezza. Un processo lungo (per gli standard USA) visto che l'arresto di Kapoor risale al 2017, nello stesso giorno in cui il presidente Trump dichiarò l'epidemia di oppioidi "a public health emergency" (dopo anni di politici "ciechi" ad un fenomeno ben evidente).
La pena, che dovrà essere comminata dal giudice prevede per tali reati (corruzione, …) fino a 20 anni di carcere ed è costata a Kapoor finora circa 1 miliardo di USD (dal suo patrimonio).
La linea della difesa, che riconosceva i capi d'accusa dichiarando  però che Kapoor non ne fosse a conoscenza, è stata rigettata dalla giuria
Kapoor all'uscita dalla corte federale
(credit: Steven Senne/AP via wgbh.org)
Questa è una buona notizia per dissuadere i futuri imprenditori farmaceutici dal gonfiarsi le tasche mentre, consapevolmente, pianificano il male dei pazienti.



Fonti
- Opioid Executive John Kapoor Found Guilty In Landmark Bribery Case

- Fentanyl executive John Kapoor’s conviction is good news for holding corporations accountable

-  Insys case raises risks for drug industry over opioids
Financial Times

-  Opioid Overdose Crisis
NIH (01/2019)

- America's opioid epidemic
CNN

- Dilaga l'epidemia degli oppioidi negli Stati Uniti. E in Italia?
Wired


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