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Eppur si muove. Terremoti, lunamoti e martemoti

Affermare "meno male che ci sono i terremoti" non è una provocazione (né vuole esserlo) e tanto meno una mancanza di rispetto per chi ha vissuto tali esperienze e ne ha subito le conseguenze, economiche e umane.
Il senso intrinseco della frase è nella correlazione indissolubile tra i terremoti (maremoti, eruzioni, ...) e l'essere la Terra un pianeta attivo, condizione quest'ultima necessaria (ma non sufficiente) perché sorgano le condizioni minime per ospitare la vita. L'attività sismica non deve essere intesa come una anomalia, una malattia in un organismo sano, ma è una componente intrinseca di un pianeta "maturo", diverso sia dall'ammasso di roccia fusa dei primordi che da una fredda roccia che vaga nello spazio. 

La crosta terrestre e la parte più esterna del mantello costituiscono la litosfera ed è qui che nascono i terremoti. Le rocce che formano la crosta e il mantello superiore sono sottoposti ad enormi forze, risultato del movimento delle grandi placche in cui è suddiviso lo strato più superficiale della Terra (vedi "tettonica a placche"). Tali movimenti sono il risultato dei moti convettivi del mantello che spingono e trascinano le placche come (perdonatemi il paragone semplicistico) tante zattere su un oceano incandescente in continua frizione tra loro (per approfondimenti --> INGV). 
Le rocce fuse nel mantello terrestre (descrivibile come qualcosa di semi-solido, a viscosità molto elevata) sono rimescolate continuamente grazie ai moti convettivi, con il materiale più caldo che nel risalire verso la superficie cede calore (dissipato poi nello spazio), si raffredda, diviene più denso e ridiscende negli strati più caldi del pianeta dove ricomincerà il ciclo.
Come è fatta la Terra al suo interno: litosfera, mantello, nucleo.
(credit: Surachit  via wikipedia). Vedi anche l'articolo "Why Earth core is so hot?"
Sotto il mantello abbiamo il nucleo, diviso in una parte più esterna liquida ed una interna solida (la pressione qui è tale da superare l'effetto "liquefacente" della temperatura). E' nella composizione ferrosa del nucleo, specificamente nel nucleo esterno a causa delle correnti convettive, che trae origine il campo magnetico terrestre ed è nel gradiente di temperatura interno-esterno e nell'esistenza di un mantello "viscoso" che originano due aspetti essenziali che hanno reso il pianeta compatibile con la mera ed effimera possibilità della vita.
Il campo magnetico è all'origine dello scudo (magnetico) che protegge la Terra dal vento solare (risparmiando al pianeta sia la componente radiante che la perdita dell'atmosfera spazzata via dal vento) e dalle radiazioni cosmiche: senza questa protezione nulla potrebbe sopravvivere sulla superficie.
Lo scudo magnetico che protegge la Terra è percepibile vicino ai poli come Aurora Boreale
 Credits: NASA / SOHO
I moti convettivi del mantello, e a cascata la frizione sulla crosta terrestre e con essa terremoti ed eruzioni vulcaniche, sono alla base del continuo riciclo geologico e della presenza di una atmosfera. Pianeti in cui tali processi sono terminati eoni fa (Marte) o non sono mai realmente iniziati (Luna) mostrano le conseguenze: la scomparsa dell'atmosfera e degli oceani di acqua (e forse della vita) marziani; la sterilità intrinseca della Luna dove l'assenza di atmosfera porta a variazioni di temperatura tra i 127 °C delle zone esposte al Sole ai -170 °C delle notti lunari.

Tale premessa spiega l'interesse degli astronomi che si occupano dello studio dei pianeti per la "eso-sismologia", utile sia per comprendere l'evoluzione planetaria che per studiarne la composizione interna.

I media generalisti hanno titolato a caratteri cubitali "terremoti lunari perché la Luna rimpicciolisce". Un tipico esempio di come vendere una notizia in sé corretta facendo pensare a chissà quali sconvolgimenti volumetrici. Facciamo un poco di chiarezza.
La Luna si sta restringendo perché il suo nucleo si raffredda opponendo così un minore contrasto alla pressione della massa soprastante.
La Luna in pillole.
Il nucleo lunare è piccolo rispetto a quello di altri pianeti ed è composto da ferro con tracce di solfo e nichel. Circa il 20% del volume complessivo, mentre ad esempio il nucleo terrestre ha un raggio circa la metà del totale. La temperatura nel nucleo si ritiene essere intorno ai 1600 °C (inferiore a quello della Terra). Il calore di un pianeta viene in genere da tre processi: "originario" (legato al processo di formazione); frizionale (il movimento delle parti più dense verso l'interno); decadimento radioattivo. La diffusione del calore può avvenire per convezione o per conduzione (lenta). Minore la dimensione di un pianeta, maggiore la velocità con cui si raffredda. Se troppo veloce, non ci sarà il tempo per il ferro di "precipitare" (data la sua densità) verso il nucleo e questo spiega per quale motivo il calore interno lunare sia solo frutto del decadimento radioattivo e perché Marte abbia una una superficie molto più ricca in ferro (colore rosso) della Terra. La somiglianza tra la composizione chimica delle rocce lunari e quella del mantello terrestre è una delle migliori prove dell'origine della coppia Terra-Luna attuale, come conseguenza della collisione tra la proto-Terra e Theia, un pianeta di dimensioni marziane, con parte del proto-mantello terrestre scagliato nello spazio e riaggregatosi insieme ad altri detriti a formare la Luna (una variante a questa ipotesi implica un fase detta di sinestesia). Si ritiene che le eruzioni lunari consistenti (indicazione di attività magmatica interna) risalgano ad almeno 3 miliardi di anni fa e che siano scomparse totalmente da almeno 1 miliardo di anni. La testimonianza di questi eventi è nelle zone chiamate mari lunari. La maggior velocità di raffreddamento spiega anche la presenza di una crosta più spessa, che a sua volta diminuisce la probabilità di una attività tettonica. La crosta lunare è il 4% del volume contro l'1% su Marte e lo 0,5% sulla Terra e Venere. La luna gioviana Io, sembrerebbe contraddire quanto ora detto visto che pur essendo un poco più piccola della Luna ha una evidente attività vulcanica: la spiegazione è che il calore interno è da attribuire alla distorsione della luna (quasi ovalizzata durante l'orbita, quindi sottoposta a potenti forze frizionali) causate dalla somma delle forze mareali provocate da Giove e dalla risonanza con Europa, un'altra luna.
Per farla semplice di che rimpicciolimento si parla nel caso della Luna? Circa 50 metri nel corso di centinaia di milioni di anni. Tradotto, 50 metri su un diametro di 3470 km corrisponde allo 0.0014 % di differenza. 
Possiamo immaginare quanto avviene sulla Luna pensando ad un acino d'uva. Così come la superficie dell'acino che si asciuga passa da tesa a raggrinzita, la riduzione, seppur minima del volume lunare porta a tensioni sulla crosta superficiale che deve riposizionarsi su un volume minore. 
Nuovi dati hanno dimostrato che queste forze di riposizionamento sono ancora oggi in atto e sono la causa dei terremoti lunari la cui intensità può essere notevole (5 sulla scala Richter sebbene a questa magnitudo attribuite a frane delle pareti dei crateri). Quindi un terremoto lunare ed uno terrestre hanno cause totalmente diverse.
L'effetto di tali forze è visibile sulla superficie per la presenza di "cicatrici", faglie che si presentano come rilievi "a gradini" alti qualche decina di metri che si estendono per diversi km. Una particolarità ben nota agli astronauti della Apollo 17 (Eugene Cernan e Harrison Schmitt) quando guidarono il rover lunare lungo la parete rocciosa che costeggia la scarpata della faglia Lee-Lincoln.

Eugene Cernan sul rover lunare (credit: NASA)

Una faglia da "raggrinzimento" e crateri (frecce) da impatto meteoritico (credit: NASA)

Video credit: NASA Goddard

Nonostante siano trascorsi 50 anni dall'ultima missione umana sulla Luna, sono stati da poco presentati nuovi dati, frutto della sinergia tra innovativi metodi di analisi al computer, immagini satellitari in HD e i sismografi lasciati sulla superficie lunare dagli astronauti durante le missioni Apollo 11, 12, 14, 15 e 16 (la missione Apollo 13 è andata come sappiamo).
Tralasciando il sismometro dell'Apollo 11 (ha funzionato per sole tre settimane), i quattro rimanenti hanno rilevato, nel periodo compreso tra il 1969 al 1977, circa 10 mila terremoti di cui 28 terremoti poco profondi - il tipo associabile alle faglie di "raggrinzimento".
In totale sono 12500 i lunamoti rilevati. Di questi 3 mila di tipo profondo (700-1000 km sotto la superficie, verosimilmente di origine mareale), 1700 attribuiti ad impatto meteoritico e 28 superficiali (20-30 km sotto la superficie). Il resto troppo debole o non facilmente catalogabile. Si stima che ogni giorno precipiti sulla superficie lunare una tonnellata di materiale meteoritico. 
Lo studio ora pubblicato sulla rivista Nature Geoscience ha ricostruito la mappa sismica del nostro satellite sfruttando capacità di calcolo prima impossibili. 8 dei 28 terremoti superficiali sono stati mappati entro 30 chilometri dalle faglie superficiali, abbastanza vicino da correlare i terremoti all'esistenza dei rilievi. Inoltre 6 degli 8 terremoti sono avvenuti quando la Luna si trovava all'apogeo, il punto orbitale più lontano dalla Terra e quello in cui l'effetto mareale terrestre ha maggior effetto, rendendo più probabili gli eventi di slittamento della crosta lunare.
Attraverso più di 10 mila simulazioni al computer, i ricercatori hanno calcolato la probabilità che la colocalizzazione (fisica e temporale) dei terremoti con le faglie superficiali e con l'orbita lunare all'apogeo, fosse una coincidenza. Il risultato è del 4% il che indica, con ragionevole certezza, che non è una coincidenza.
Non  soddisfatti sono andati a verificare se le onde sismiche rilevate potessero avere una causa diversa dal previsto, ad esempio uno dei tanti impatti meteoritici a cui la Luna priva di atmosfera è esposta. Ipotesi esclusa perché "l'impronta sismica" prodotta da un meteorite è diversa da quella di faglia
Ultima prova presentata nello studio viene dalle immagini (migliaia e ad alta risoluzione) ottenute dalla navicella spaziale Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO) della NASA. Le radiazioni solari e spaziali provocano l'oscuramento del materiale sulla superficie, quindi quando si osservano aree più chiare è una indicazione che si tratta di regioni apparse sulla superficie solo di recente. Queste aree si trovano, non a caso, in prossimità dei rilievi, ad indicare che si tratta di zone "movimentate". La pioggia di micro-meteoriti cancella in tempi relativamente brevi queste tracce, il che rafforza l'origine (geologicamente) recente.
Lo studio permetterà di indirizzare i futuri siti di atterraggio lunare in aree chiave per il mappaggio sismico. Non è superfluo ricordare che mappare sismicamente la Luna è il modo più semplice per analizzarne l'interno, ricostruendo la propagazione delle onde sismiche, e in ultima analisi per comprenderne l'evoluzione (vedi l'articolo precedente "L'origine della Luna").
Prendiamo Mercurio come esempio di un pianeta "ristrettosi" con l'età e sottoposto a forze mareali importanti come quelle causate da un vicino "scomodo" come il Sole. Le faglie di superficie su Mercurio sono molto più estese (oltre 3 km in altezza e un migliaio di lunghezza) di quelle lunari, ad indicare che il suo restringimento è stato maggiore. Poiché i mondi rocciosi si espandono quando si scaldano e si contraggono quando si raffreddano, le grandi faglie di Mercurio rivelano che poco dopo la sua formazione era abbastanza caldo da essere completamente fuso. La Luna primordiale era completamente o solo parzialmente fusa? La dimensione relativamente piccola delle faglie sembra favorire lo scenario parzialmente fuso.
La NASA invierà i prossimi astronauti entro il 2024 e prevede di creare sedi stabili entro il 2028.



MARTEMOTI
Ad accorgersi delle "scosse" sul pianeta rosso è stato il lander InSight della NASA a solo pochi mesi dall'inizio della sua fase operativa (articolo precedente --> "InSight ci manda un selfie").
Due sono gli strumenti principali montati su InSight: sismografo e la sonda termica, detta anche "la talpa". Il sismografo è entrato in azione poco dopo l'atterraggio.
Il selfie di InSight (credit:NASA)
Il 6 aprile, 128 giorni marziani (131 terrestri) dopo l'atterraggio sul pianeta lo scorso novembre, i sensori della navicella hanno percepito un lieve tremito della superficie marziana. Una scossa relativamente debole, simile a quella rilevate dai sismometri sulla Luna.
InSight appoggia il sismometro. Il primo su un altro pianeta.
(credit: NASA/JPL-Caltech via NewScientist)


Fino a quel momento l'opinione comune tra i ricercatori era che l'attività sismica marziana fosse collocabile in un punto imprecisato tra quella terrestre e quella lunare, ma più prossima alla prima. I dati ottenuti sembrano invece indicare che sia più simile a quella lunare, il che rafforzerebbe l'ipotesi di un pianeta "morto", cioè privo di quelle caratteristiche planetarie nel nucleo e nel mantello che dotano la Terra di uno scudo magnetico e di un continuo rimescolamento delle rocce (quindi degli elementi chimici presenti).

Ma per ora si tratta ancora di ipotesi. I dati sono ancora troppo scarsi per poter elaborare chiavi di lettura affidabili. A differenza di quanto fatto sulla Luna (mi riferisco allo spettro sismico) non è ancora chiaro se la scossa  abbia avuto origine all'interno di Marte o se sia attribuibile all'impatto di un meteorite da qualche parte sulla superficie marziana, la cui "eco" ondulatoria si sia poi propagata attraverso l'interno del pianeta.
InSight (operante nella zona equatoriale di Elysium Planitia) è dotato di un sismometro basato su tre sensori estremamente sensibili la cui parte esterna è protetta da una cupola che serve per proteggerli dai venti marziani. Già prima di aprile il centro di controllo della NASA aveva rilevato delle vibrazioni ma queste erano state attribuite ai potenti venti, e relative tempeste di sabbia, che di tanto in tanto solcano la superficie (il problema della polvere sui pannelli solari di InSight è discusso sul sito spaceref).
L'evento del 6 aprile aveva però qualcosa di diverso: il segnale proveniva dall'interno del pianeta. Da dove non è ancora possibile dirlo. Comprenderne l'origine ha una valenza ben superiore alla rilevazione di un martemoto; tracciare come l'energia sismica si irradia attraverso il pianeta è il punto di partenza per comprendere come è fatto Marte, che poi è l'obiettivo principale di InSight.
Altri tre eventi si sono verificati il 14 marzo, il 10 aprile e l'11 aprile, ma erano più deboli rispetto all'evento del 6 aprile.
C'è ancora tempo. Il lander è progettato per funzionare per circa due anni terrestri; se si è fortunati (vedi l'esempio del rover Opportunity) la missione potrebbe continuare ben oltre questa data. Un primo problema che dovrà affrontare è però molto pratico: i controllori della missione devono capire come disincagliare la sonda termica che si incastrata sotto un sasso durante le fasi di penetrazione nel terreno per fare le misure.
Dettaglio tecnico del lander InSight (credit: NASA)

Schema comparativo in scala della struttura interna dei 4 pianeti rocciosi del sistema solare. Il vero pianeta gemello della Terra è Venere, che però "è morto nella culla" asfissiato e abbrustolito" da una micidiale combinazione di gas serra.
aggiornamento giugno 2020
Mentre il sismografo ha iniziato da subito a fare il proprio dovere, la sonda termica ("la talpa") ha dato parecchi grattacapi al centro di controllo sulla Terra.
Nelle previsioni la talpa avrebbe dovuto scavare il suolo marziano fino a circa 5 metri di profondità per ottenere informazioni sulle caratteristiche geologiche del pianeta rosso.  Nella realtà i primi tentativi sono andati a vuoto, anzi la sonda sembrava quasi espulsa dal terreno. Al netto di ipotizzare marziani adirati che rispedivano al mittente la sonda quando cercava di penetrare nel terreno, le cause dei problemi non sono mai state del tutto comprese. Probabile un terreno troppo duro o il rover che non riusciva a rimanere fermo mentre posizionava la sonda. Comunque sia, prova e riprova si è riusciti almeno ad iniziare la perforazione usando come perno il braccio robotico pensato in origine per fare tutt'altro.
Una impresa (minima) che ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai tecnici come si vede dal tweet con il video dell'operazione

Seguite gli aggiornamenti della "talpa" sul sito ufficiale --> The InSight mission logbook



Fonti
- Shallow seismic activity and young thrust faults on the Moon
Nature Geoscience (2019)
- Shrinking Moon May Be Generating Moonquakes
NASA
- NASA's LRO Reveals 'Incredible Shrinking Moon'
NASA
- The moon is a lot more seismically active than we thought
MIT Technological Review
- The moon is quaking as it shrinks
Phys.org

- NASA's InSight Detects First Likely 'Quake' on Mars
mars.nasa.gov
- First ‘marsquake’ detected on red planet
Nature
- Marsquake! NASA's InSight Lander Feels Its 1st Red Planet Tremor
space.com
- Mars Winds Clean InSight's Solar Planels
spaceref.com
- marsquakes


   

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