I misteri di un ecosistema antartico rimasto "al buio" per centomila anni.
Torniamo in Antartide per raccontare di una missione di esplorazione biologica appena conclusa.
Torniamo in Antartide per raccontare di una missione di esplorazione biologica appena conclusa.
La missione, denominata Polarstern e iniziata alla fine di febbraio, era finalizzata ad esplorare un ecosistema marino rimasto nascosto dal sole, sotto la coltre dei ghiacci, per oltre 100 mila anni.
Il progetto nasce nel luglio 2017 dopo il distacco di un gigantesco iceberg dalla banchisa presso Larsen C, parte della Terra di Graham nel nord-est dell'Antartide, e la conseguente comparsa di una vasta area dell'oceano pericontinentale rimasta per millenni nell'oscurità sotto il ghiaccio.
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Una opportunità molto interessante per i biologi in quanto apre una finestra sulle strategie evolutive.
L'ecosistema che ha prosperato nel buio per secoli potrebbe infatti cambiare in modo significativo nel giro di pochi anni quando le nuove specie colonizzeranno l'area. Uno dei modi per rilevare se e quali cambiamenti siano già occorsi nei mesi successivi al distacco è quello della analisi isotopica nei tessuti di gasteropodi e bivalvi. Ma per farlo bisogna andare sul luogo e, paradossalmente, è molto più semplice raggiungere il polo (o fare l'attraversamento a piedi di cui ho parlato settimane fa) che raggiungere una zona periferica ma altamente dinamica come quella in cui è avvenuto il distacco dell'iceberg.
Il mega-iceberg qualche settimana dopo il distacco (credit: earthobservatory.nasa.gov) |
Il tentativo più recente è stato fatto dalla rompighiaccio tedesca Polarstern, partita a febbraio dalle coste cilene.
Prima della Polarstern altre due navi hanno tentato di raggiungere il sito. Il primo tentativo, britannico, fallì a causa dell'impossibilità di procedere dopo avere incontrato lastre di ghiaccio di 5 metri di spessore. All'inizio anno (quindi in piena "estate" australe) il secondo tentativo a bordo di una nave sudafricana che decise prudentemente di ancorarsi a circa 200 chilometri a nord dal bersaglio e di iniziare lì le misurazioni dei fondali man mano che ci cercava di avvicinarsi al bersaglio. Le condizioni del mare ghiacciato e la decisione di dare priorità ad altri obiettivi hanno fatto abortire anche questo tentativo.
(credit: Stefanie Arndt, AWI, via dlr.de) |
Si arriva quindi alla missione del Polarstern che possiamo oggi suddividere in tre fasi.
Il mega-iceberg (credit: express.co.uk) |
Nella prima prima parte ci fu il tentativo di raggiungere l'area in cui si era staccato l'iceberg. Tentativo interrotto il 3 marzo per l'impossibilità di procedere anche per vie alternative (come il procedere "sul" ghiaccio) a causa dell'alternanza di aree di fanghiglia ghiacciata a giganteschi blocchi di ghiaccio. Da quel momento iniziò la seconda opzione reimpostando la rotta verso nord per eseguire campionamenti nel Mare di Weddell. Missione conclusa dopo avere raggiunto e superato l'isola di Rosamel, uscendo così dal mare di Weddell. La terza fase ha visto la raccolta di campioni e lo scandaglio dei fondali (grazie ad un veicolo subacqueo teleguidato) nel bacino di Powell, completata nella prima settimana di aprile quando la nave ha iniziato il viaggio di ritorno verso Punta Arenas.
La missione Polarstern da Punta Arenas alle coste Antartiche (credit:Alfred-Wegener-Institut) |
Una missione solo parzialmente riuscita ma che ben evidenzia i problemi dell'esplorazione antartica ancora oggi presenti.
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