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I Bajau e la genetica dell'apnea

Gli umani sono gli unici mammiferi ad aver colonizzato tutti gli ambienti della Terra, compresi quelli più estremi. Dalle catene montuose ai deserti, dalle zone dove il ghiaccio regno sovrano fino alle remote isole del Pacifico, nulla è rimasto disabitato.
Vero che i sapiens a differenza di altri animali hanno evoluto la capacità cognitiva di escogitare soluzioni alle sfide ambientali (vestiario, strumenti di caccia, abitazioni, ...) ma la proattività umana si innesta sulla biologia cioè sulla selezione operata dall'evoluzione da cui emergono (nell'arco di centinaia di generazioni)  gli individui con le varianti genetiche più adatte ad un dato ambiente. Esempi oramai classici sono quelli degli Inuit le cui ghiandole sudoripare si concentrano sul volto o i tibetani in grado di vivere senza problemi ad alta quota (vedi articolo precedente --> "Tibetani e geni denisovani").
Gli adattamenti ad ambienti estremi sono da tempo oggetto di ricerche sia per le informazioni che possono dare sulla fisiologia che per le implicazioni terapeutiche.
Gli effetti dell'ipossia ipossica (carenza di ossigeno nel sangue) e della depressione barometrica (che rende più difficile lo scambio dei gas a livello alveoare) sono di particolare interesse in campo medico per la terapia intensiva e la tumorigenesi, giusto per citare due campi di immediato impatto.
Se nel caso dei tibetani (o degli abitanti delle Ande) l'adattamento è legato alla vita in un ambiente naturalmente ipobarico, nel caso del popolo Bajau l'adattamento è una conseguenza di un particolare stile di vita.
I Bajau (noti anche come nomadi del mare) vivono da quasi 1000 anni una vita "sulle onde" dei mari del sud est asiatico grazie alle loro case galleggianti. Sono un popolo di cacciatori-raccoglitori marini che per trovare il cibo passa gran parte della giornata in acqua (di cui cumulativamente circa 5 ore al giorno sott'acqua) con immersioni in apnea fino a 70 metri! Attività che svolgono con null'altro che una serie di pesi per facilitare le immersioni e degli occhialini di legno.

Lo stile di vita unico del Bajau è un mix di adattamenti culturali e di innovazioni tecniche (ma preindustriali) su un substrato di adattamenti fisiologici alla ripetuta ipossia da immersione.
Foto: James Morgan via matadornetwork.com
La risposta fisiologica all'ipossia negli umani non è diversa da quella di altri mammiferi acquatici. Due le componenti principali: una risposta indotta dall'apnea e una dal contatto della faccia con l'acqua fredda. Gli effetti fisiologici includono la bradicardia (che riduce il consumo di ossigeno), la vasocostrizione periferica (che ridistribuisce selettivamente il flusso di sangue agli organi più sensibili all'ipossia) e la contrazione della milza, che inietta un surplus di globuli rossi ossigenati nel sistema circolatorio. Il coinvolgimento della milza quando, sotto sforzo, si va in carenza di ossigeno, fu studiata la prima volta negli Ama, i pescatori di perle giapponesi; uno studio che evidenziò l coinvolgimento adattativo di un recettore adrenergico.
Una singola contrazione splenica mette in circolo 160 ml di globuli rossi, e con essi l'emoglobina. Il risultato è un aumento dell'ossigeno trasportato tra il 3 e il 9%. La contrazione permette così di prolungare il tempo di apnea. Una conferma indiretta viene dalle foche in cui è nota una correlazione positiva tra il tempo di immersione massimo e la massa della milza.
Quello che mancava negli studi precedenti era la parte genetica cioè la identificazione delle varianti alleliche in grado di fornire un legame tra dimensione della milza e resistenza all'apnea. 
L'unico studio che conosco in materia è quello su una variante del gene BDKRB2 capace di influenzare direttamente la risposta all'immersione agendo sulla vasocostrizione periferica. 

Il gap informativo è stato riempito alcune settimane fa con la pubblicazione sulla importante rivista Cell, di uno studio genetico sul popolo Bajau. 
In estrema sintesi tra i molti geni analizzati,  quello ad avere un ruolo centrale (attraverso le sue varianti) nell'adattamento alle immersioni in apnea è PDE10A. Tecnicamente il gene codifica per un enzima con attività fosfodiesterasica, in concreto la variante diffusa tra i Bajau produce un effetto a cascata che ha ripercussioni sulla dimensione della milza e sulla funzione tiroidea.
La tiroide è un attore importante in quanto i suoi ormoni regolano la normale eritropoiesi (la produzione di globuli rossi).
Il maggior volume splenico osservato nei Bajau potrebbe anche essere un epifenomeno legato alla maggior produzione di cellule eritrocitarie. 
Riassumendo, il particolare genotipo selezionato nei Bajau potrebbe dare il vantaggio di una maggior quantità di cellule ossigenate e di un "serbatoio" (la milza) più grande in cui stoccarle. In alternativa il maggior volume della milza sarebbe solo un effetto secondario del maggior volume cellulare.
Indipendentemente da quale sia la relazione causale il cambiamento fisiologico ha fornito un adattamento funzionale alle condizioni di ipossia acuta.
Una selezione che si potrebbe definire "quasi" lamarckiana, se mi passate il termine, se vista come risposta adattativa ad uno stile di vita continuativo. In realtà è vero l'opposto cioè solo i soggetti "adatti" hanno potuto "perseverare" in uno stile di vita che aveva nella caccia subacquea l'unico sostentamento; quindi i non adatti sono stati semplicemente contro-selezionati.
Vale la pena sottolineare che gli alleli "identificati" nei Bajau non sono specifici per quella popolazione ma sono presenti, con diversa frequenza, in altre popolazioni (come è il caso degli alleli per PDE10A e BDKRB2). Solo la variante del gene FAM178B (un gene che agisce sulla regolazione del livello ematico della CO2) sembra avere una ascendenza nei denisovani come visto in altri geni nel caso dei tibetani. 
I Bajau hanno semplicemente "raccolto" le varianti genetiche preesistenti che meglio conferivano un adattamento al loro stile di vita. 
L'importanza di questi studi è oggi ancora più importante e urgente, in un mondo sempre più omogeneizzato che porta con sé la perdita delle connotazioni genetiche di popolazioni rimaste a lungo "isolate".
Una ricchezza sia umana che scientifica spazzata via dalla globalizzazione.

Fonte
- Physiological and Genetic Adaptations to Diving in Sea Nomads
Melissa A. Ilardo et al, (2019) Cell 173, 569-580




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