Il tratto digestivo contiene migliaia di miliardi di batteri, molti dei quali utili nel processo digestivo e per tenere sotto controllo i batteri nocivi. Recenti studi hanno dimostrato che alcuni di questi batteri possono influenzare, nel bene e nel male, diabete, patologie cardiovascolari e cancro.
Nota. Il tema "patogenicità" è alquanto sdrucciolevole essendo in genere il risultato di una assenza di equilibrio tra "ospite" e "ospitato". La coabitazione si ottiene quando entrambi hanno un mutuo vantaggio o semplicemente "assenza di danno". Uno dei principali responsabili della comparsa di patologie successive "all'incontro" con microbi (fatti salvi quelli "francamente patogeni") è il nostro sistema immunitario e più specificamente l'induzione di uno stato infiammatorio cronico. L'infiammazione nello stato acuto è fondamentale per debellare una infezione o riparare un danno, ma se cronicizza è di suo causa di danni tissutali anche permanenti. L'esempio classico è nella correlazione tra scarsa igiene dentale (quindi infiammazione cronica delle gengive) in giovane età e il rischio elevato di patologie del miocardio in età matura; sebbene la causa prima sia l'entrata di alcuni batteri nel flusso sanguigno e il loro depositarsi nei tessuti cardiaci il danno non è legato alla loro proliferazione ma alla risposta immunitaria che provoca danni al miocardio i cui effetti diventano evidenti sul lungo periodo.
Imparare a conoscere i microbi con cui conviviamo è quindi la chiave di volta per massimizzare la loro utilità e contrastare, modificando la composizione della loro popolazione, quelli negativi. Per avere una idea di quanto il nostro stato sia intrinsecamente "legato" a quello dei microbi ospiti, pensate che una persona di 70 kg è fatta di circa 3,8 x1013 cellule e ospita sulla sue superficie (ivi compresa quella intestinale) 3 x 1013 cellule microbiche. Un rapporto quasi di 1:1 (Ron Sanders et al, 2016) come a dire che metà delle "nostre" cellule è batterica.
Tra i tanti gruppi impegnati in questi studi, segnalo oggi il lavoro condotto da un team del MIT di Boston.
Tra i tanti gruppi impegnati in questi studi, segnalo oggi il lavoro condotto da un team del MIT di Boston.
Il lavoro pubblicato dal team di Ana Jaklenec sulla rivista Advanced Materials, è centrato su come inglobare batteri utili all'interno di rivestimenti polimerici di una capsula in modo da farli transitare in tutta sicurezza attraverso il brodo corrosivo dello stomaco e il potere emulsionante dei sali biliari fino all'intestino dove colonizzeranno (come fanno tutti i loro simili) le mucose, sostituendosi idealmente ai ceppi patogeni o semplicemente non ottimali (come quelli associati all'obesità).
Microbi e obesità. Molteplici modelli animali (e alcuni studi su essere umano) hanno dimostrato che il trapianto (leggasi trasferimento di residui fecali) da un donatore normopeso ad uno obeso è sufficiente a trasformare l'animale da obeso a normopeso, a parità di dieta. Una chiara indicazione del rapporto causa-effetto tra i due.
Un esempio di prodotto da scaffale |
Nello
specifico, le capsule qui testate sono dotate di un rivestimento polisaccaridico fatto di chitosano e alginato. Oltre alla
biodegradabilità, questi zuccheri complessi hanno il vantaggio di
essere mucoadesivi, di attaccarsi cioè alle pareti intestinali,
favorendo così il rilascio locale dei batteri. I test sono stati
condotti usando il Bacillus coagulans, un batterio già in uso nel
trattamento della colite e della sindrome dell'intestino irritabile.
Questo ceppo non si trova normalmente nell'intestino umano, ma si è
dimostrato molto efficace nell'alleviare il gonfiore addominale e il
dolore associato, grazie alla sua capacità di produrre acido lattico.
Sebbene possa sembrare strana l'idea di trattare una colite fornendo dei batteri, bisogna ricordare che la causa prima di queste patologie è uno sbilanciamento della popolazione microbica locale verso ceppi meno benigni che a sua volta induce uno stato infiammatorio cronico. Fornire ceppi benigni (e tollerati dal sistema immunitario che li riconosce come "non pericolosi") è il modo più naturale per spegnere la miccia.
La
superficie carica negativamente del Bacillus è ideale per l'assemblaggio dei 4 strati del
rivestimento della capsula, grazie all'alternanza delle cariche positive del chitosano a
quelle negative dell'alginato, con il risultato di una capsula ben compatta.
I batteri incapsulati hanno un tasso di sopravvivenza al transito gastrointestinale sei volte maggiore di quello dei batteri non rivestiti.
I batteri incapsulati hanno un tasso di sopravvivenza al transito gastrointestinale sei volte maggiore di quello dei batteri non rivestiti.
Capsule del genere sono in tutto e per tutto dei probiotici ma a differenza di quelli reperibili in farmacia o nei reparti frigo dei supermercati, sono personalizzabili e con una efficienza di colonizzazione molto più alta. Gran parte dei batteri presenti nei vari prodotti oggi in commercio sono invece "labili" e con scarsa resistenza al transito gastrico; il che si traduce in una variabilità nel dosaggio utile, che è individuo e dieta specifico.
I primi beneficiari di questi trattamenti saranno le persone afflitte da coliti ricorrenti come le persone affette dal morbo di Crohn.
Fonte
- Layer-by-Layer Encapsulation of Probiotics for Delivery to the Microbiome
Anselmo AC et al, (2016) Adv Mater. 28(43):9486-9490
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