I gemelli sono il campione ideale di studio quando il fine è caratterizzare il peso della componente genetica rispetto a quella ambientale nella predisposizione a malattie o in generale al comportamento (in tutte le sue sfaccettature, non solo e non necessariamente di tipo patologico).
Tra le peculiarità osservate (anche se finora su base aneddotica) vi è il fatto che i gemelli "veri" (intesi come gemelli monozigoti) abbiano una vita media più lunga sia rispetto ai controlli "singoli" che ai gemelli dizigoti, al netto ovviamente dei casi in cui di soggetti con genetica predisponente a qualche malattia.
A fare luce su questa ipotesi arriva ora uno studio condotto dall'università di Washington che dopo avere valutato la fondatezza statistica di questa ipotesi ne ha ricercato una possibile spiegazione identificandola nel legame "speciale" che unisce i gemelli per tutta la vita. In pratica sarebbe la loro naturale condivisione esperienziale ed emotiva a fornire la marcia in più per ridurre lo "stress esistenziale" (e quindi lo stress tout court).
Lo studio, pubblicato sulla rivista PLoS ONE, è partito misurando attraverso una analisi retrospettiva l'aspettativa di vita dei gemelli rispetto a quelli di controlli vissuti nella stessa area in modo da minimizzare la componente genetica e ambientale. I dati sono stati ricavati da un database danese (--> The Danish Twin Registry) il più antico e meglio fornito registro sui gemelli a livello mondiale.
I risultati hanno mostrato che in effetti i gemelli (qualunque fosse il
sesso della coppia) avevano tassi di mortalità più bassi qualunque
fosse l'età anagrafica di riferimento (per capirci valori misurati
rispetto ai controlli di pari età); non tassi straordinariamente
inferiori ma statisticamente significativi.
L'analisi ha preso in esame 2932 coppie di gemelli monozigoti nati in Danimarca tra il 1870 e il 1900, e sopravvissuti oltre i 10 anni (ricordiamoci che i tassi di mortalità infantile nell'Europa di fine '800 erano molto elevati); si sono quindi incrociati i dati sul loro decesso con quelli della popolazione danese (geneticamente omogenea) pesati per età.
Nel caso dei gemelli di sesso maschile si è osservato che il vantaggio massimo in termini di minor tasso di mortalità si aveva intorno ai 40 anni ed era pari a circa il 6 per cento; in altre parole se per 100 ragazzi danesi di partenza quelli ancora vivi a 45 anni era 84, questo numero diventava 90 nel caso dei gemelli. Per le donne il vantaggio massimo lo si aveva poco dopo i 60 anni con un incremento relativo di 10 punti percentuali.
Nella discussione dell'articolo gli autori avanzano l'ipotesi che il vantaggio di sopravvivenza sia una diretta conseguenza di un maggiore sostegno reciproco che si protrae per tutta la vita (e che infatti viene meno nei casi di gemelli separati prima della maturità).
L'idea che la rete di sicurezza sociale fornita da rapporti stabili fornisca anche vantaggi psicologici e di salute sul lungo periodo non è nuova in quanto già proposta per le coppie sposate (e stabili) da almeno un decennio. Il problema di tale ipotesi è che era difficile capire se fosse veramente il matrimonio a stabilizzare le persone (riducendo i fattori di stress sociale) oppure se non fosse vero il contrario, cioè che le persone sane hanno maggiore probabilità di sposarsi (e di godere dei benefici di una rete sociale allargata) rispetto a persone meno "appetibili" o meno "stabili" per il matrimonio.
Lo studio sui gemelli permette di superare questo ostacolo teorico per il semplice motivo che le persone non possono scegliere se avere o meno un gemello.
Il maggior peso protettivo riscontrato nei gemelli maschi fa pensare che la mutua vigilanza e supporto tra i due fratelli funzioni come minimizzatore dei fattori di rischio (alias maggiore "tendenza a cacciarsi nei guai" tipica nei maschi sotto i 30 anni).
Il fatto che i dati confermino l'esistenza di un vantaggio di
sopravvivenza dimostra che le relazioni sociali sono benefiche nel
minimizzare i rischi della salute
Un risultato che va oltre la casistica sui gemelli.
Fonte
University of Washington, news
- A Twin Protection Effect? Explaining Twin Survival Advantages with a Two-Process Mortality Model
David J. Sharrow & James J. Anderson, (2016) PLoS One, 11(5)
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