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Malattie da prioni. Sicurezza alimentare e ospedaliera come strumenti di prevenzione

Introduzione
Le encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE) sono un gruppo di malattie che colpiscono il cervello e il sistema nervoso dell'uomo e degli animali. Nello specifico si tratta di malattie neurodegenerative causate da misfolding (perdita della corretta struttura 3D) di proteine cellulari. Dire quindi che la malattia è causata da prioni non è semanticamente corretto in quanto i prioni sono in realtà proteine proprie (a differenza dei virus, veri e propri "alieni") che per vari motivi subiscono una alterazione strutturale che innesca un processo di aggregazione "da contatto" tra proteine correlate.
Il risultato è una reazione a cascata che comporta la trasformazione di proteine prioniche normali in "strutturalmente alterate". 
Per facilitare la comprensione immaginate il caso di una malattia altamente invalidante veicolata dal semplice ed estemporaneo contatto tra due persone che devono essere morfologicamente molto simili tra loro; per quanto l'untore sia solito frequentare luoghi affollati come gli autobus, sarà solo il contatto fortuito con un passeggero "simile" a trasformare quest'ultimo in un nuovo malato e untore. 
La proteina normale (PrPc) e quella alterata (PrPsc), una proteina non necessariamente mutata.
Sorge spontanea la domanda sul perché una proteina prionica normale diventi un prione "contagioso". Le possibili risposte sono molteplici: mutazioni predisponenti e/o l'interazione con proteine esogene alterate (ad esempio il caso "mucca pazza" derivante dal consumo di carne di bovini affetti da BSE o il kuru, una malattia neurodegenerativa trasmessa mediante pratiche di cannibalismo rituale in Nuova Guinea).

Le encefalopatie spongiformi umane vengono tradizionalmente suddivise in tre gruppi a seconda delle cause dell'innesco: infettiva (veicolata da agente esogeno); familiare (predisposizione genetica) e sporadica.
A metà degli anni 80, la encefalopatia spongiforme bovina (BSE) balzò agli onori della cronaca per il picco di di bovini infetti nel Regno Unito (ma non solo) i cui effetti nell'essere umano si palesarono a partire dalla metà degli anni '90 con la variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob. A differenza dell'esempio precedente in cui semplificavo la trasmissione dell'alterazione prionica tra le proteine al contatto su un autobus affollato, nel caso della trasmissione tra organismi diversi è necessario che la proteina alterata non solo penetri nel nuovo organismo ma che raggiunga i tessuti/distretti corporei in cui sono presenti le proteine "omologhe. Non importa che la proteina "innesco" sia integra; sono sufficienti frammenti (peptidi) di una certa dimensione come quelli che residuano dai processi digestivi perché l'interazione "distruttiva" sia possibile. L'ingresso della proteina alterata può avvenire attraverso il cibo, trapianti o l'utilizzo di strumenti medici "contaminati".
Negli animali la malattia può avere anche una origine "ambientale". Ad esempio nel caso di animali infettati all'interno di allevamenti intensivi, il colpevole fu identificato nel mangimi ad alto contenuto proteico, prodotto mediante arricchimento con proteine animali ricavate da frattaglie di ovini, bovini, suini, e pollame; nel caso di animali selvatici (ad esempio i cervi) o di quelli al pascolo la modalità di trasmissione più probabile è la contaminazione dei pascoli con residui organici lasciati da animali bradi infetti (notizia recente è la scoperta che anche le renne possono contrarre naturalmente la malattia spongiforme --> Nature)
Il risultato è stata l'amplificazione della diffusione della proteina prionica (esistente in natura) ben oltre i livelli standard naturali; una diffusione che per essere bloccata ha imposto l'abbattimento e la cremazione di ogni animale considerato a rischio (anche se non malato).

I casi recenti
Nel 2014 si ebbe un caso di vCJD in Texas, i cui primi sintomi si erano palesati 18 mesi prima con depressione e ansia, seguita da delirio, allucinazioni e altri cambiamenti del comportamento. Nel corso dei mesi le condizioni del paziente peggiorarono rapidamente con la perdita della capacità di deambulare e parlare. Dopo alcune complicanze conseguenti a polmonite il paziente morì; fu solo con l'analisi dei tessuti cerebrali che si ebbe la conferma della fondatezza dei sospetti sulla natura prionica della malattia.
In seguito sono stati registrati altri tre casi negli USA, tutti accomunati dall'essere immigrati "recenti" essendo nati e avendo vissuto buona parte della loro breve vita (età media sotto i 40 anni) in UK (due di loro) e in Arabia Saudita (uno).
L'ipotesi è che l'infezione sia avvenuta nel Regno Unito o nei paesi che hanno ricevuto dal Regno Unito (Russia, Libano e Kuwait) carne "infetta"; un evento che può essere avvenuto molti anni prima della comparsa dei sintomi (non sono rari casi in cui i tempi di incubazione - termine non correttissimo in realtà - sono stati superiori ai 20 anni).
E' verosimile che in futuro ci saranno altri casi di vCJD (che ricordo è diversa dalla CJD in quanto conseguente all'assunzione di carne bovina infetta) come lasciano supporre le analisi condotte sui campioni di tessuti (tipicamente derivanti da appendicectomia) conservati negli ospedali inglesi; nel solo Regno Unito 1 persona su 2000 tra quelle nate nel periodo 1941-1985 è verosimilmente portatrice di una infezione vCJD, sebbene asintomatica. Questi portatori "sani" potrebbero trasmettere ad altri le proteine prioniche in seguito a trapianti, trasfusioni di sangue o all'utilizzo di strumenti chirurgici infetti (il prione, non essendo un organismo vivente ed essendo già di suo parzialmente denaturato, è resistente alla classica sterilizzazione fatta in autoclave).
Nota. Un caso paradigmatico è quello descritto sulla rivista Injury di un individuo di 59 anni ricoverato al pronto soccorso di un ospedale della Pennsylvania con un foro di proiettile al cranio, autoinflitto. Subito dopo l'intubazione e durante la consultazione della sua cartella clinica elettronica si scoprì che il paziente era malato di CJD. Date le sue condizioni e le sue volontà (che negli USA sono dominanti sul parere del medico) si decise di non procedere con la rianimazione, rimuovendo il tubo respiratorio e constatando il decesso dopo pochi minuti. A quel punto dovettero essere avviati i protocolli di decontaminazione predisposti nei casi di intervento su soggetti affetti da TSE. Non solo gli indumenti ma anche diverse parti dei macchinari venuti a contatto con i fluidi cerebrali vennero distrutti; una procedura drastica e costosa (decine di migliaia di dollari) presa per proteggere i lavoratori dell'unità traumi, e i futuri degenti, dal rischio di CJD.
Le normali condizioni di sterilizzazione (121 gradi centigradi per 20 minuti ad alta pressione) sono come detto sopra inefficaci; l'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda l'incenerimento di ogni materiale potenzialmente contaminato e di lavare le superfici con idrossido di sodio o sodio ipoclorito per circa 1 ora, seguito da abbondante risciacquo.
Prima di suscitare allarmismi è bene dire che la vCJD è estremamente rara con soli 230 casi scoperti in questi anni a livello globale. La cattiva notizia è che avremo nuovi casi di vCJD per ancora molti molti anni, almeno fino a che non si esauriranno i "postumi" dell'assunzione di carne pre-1984 e non si avranno strumenti per evitare che entrino nella filiera alimentare i prodotti (sebbene rari) derivanti da animali asintomatici con malattia ad esordio spontaneo (non causata cioè da mangimi infetti).

Una ragione per non mangiare carne (nella giusta quantità)? No, perché il rischio reale è inferiore a quello di ammalarsi per avere ingerito vegetali trattati con prodotti chimici o con tossine naturali (ad esempio le aflatossine del frumento) e perché una assunzione equilibrata è condizione essenziale per il nostro benessere, soprattutto nel caso dei bambini.


Fonti
- vCJD Cases Reported in the US

-  Study: In UK, 1 in 2,000 may carry vCJD protein
- An alarming presentation of Creutzfeldt–Jakob disease following a self-inflicted gunshot wound to the head
Carissa Harnish et al, Injury (2015) 46(5) pp926-928

- Prion contamination in the emergency room

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