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Le alghe hanno virus pericolosi per noi?

Molti virus umani ben noti, tra cui poliovirus, virus della rabbia e West Nile virus, hanno la capacità di infettare le cellule del sistema nervoso con conseguenze molto serie ma diverse a seconda delle cellule colpite. 
Ma questa non è una novità.
La domanda odierna è se un virus che infetta le alghe possa causare alterazioni neurologiche nell'essere umano.
Nota. In linea generale i virus sono "quasi-organismi" (vedi il perché QUI) altamente specifici raramente in grado di infettare cellule diverse rispetto al bersaglio anche nello stesso organismo (ad esempio l'HIV non è in grado di infettare una cellula muscolare o un adipocita sebbene sia molto bravo ad infettare i linfociti dello stesso individuo). Per uguali motivi un virus umano non è quasi mai pericoloso per il nostro cane o gatto. Perché un virus superi la barriera della specie è necessario non solo che il recettore riconosciuto sia pressoché identico tra le due specie (condizione necessaria per entrare nella cellula) ma che sia tale anche il sistema biochimico e genetico che regola la proliferazione cellulare (fondamentale perché il virus si replichi). Quando tutte queste condizioni si verificano allora si può parlare di zoonosi virale, cosa ben diversa dalla possibilità di contrarre malattie causate da microorganismi come batteri, funghi o protozoi; in questi casi l'azione patologica è mediata da tossine (ad esempio il botulino) e/o causata dalla proliferazione incontrollata di tali microbi con modalità sostanzialmente indipendenti dal macchinario cellulare dell'ospite. Se quindi la possibilità che un virus di scimmia infetti un umano (e viceversa) è "ragionevole", la probabilità teorica che un virus di una pianta o di una alga sia in grado di "usare" una cellula animale è sostanzialmente nullo. Una nozione ben nota a chiunque abbia pratica di laboratorio, dato l'ampio utilizzo di virus batterici come il fago Lambda innocui per qualuque organismo eucariotico.
Nessun problema quindi. O no?!
Quale è il razionale per l'allarme lanciato da alcuni ricercatori sulla potenziale tossicità dei virus delle alghe per l'essere umano o meglio per i mammiferi in generale?

I chlorovirus sono grossi (fino a 220 nm) virus a DNA che infettano alghe unicellulari note come zooclorelle. Come è possibile allora che siano state trovate sequenze di DNA di questo virus nella zona orofaringea di 40 su 92 individui (pari al 43,5%) testati nell'ambito di uno studio su capacità cognitive e ambiente?
La struttura del chlorovirus (fonte: Van Etten / ViralZone)

Una contaminazione ambientale fu la prima e ragionevole ipotesi. Il problema sorse quando si scoprì che vi era una correlazione lieve, ma statisticamente significativa, tra la presenza di questo chlorovirus e una minore performance in alcuni test di velocità visiva, memoria e capacità di attenzione nei soggetti analizzati.
Alga unicellulare infettata da chlorovirus
Credit: Kit Lee and Angie Fox, UNL
Ancora più inquietante il fatto che quando topi di laboratorio furono alimentati con cibo contenente alghe infettate dal virus, i dati su una ridotta prestazione nei test sopracitati vennero confermati. Ad aggiungere "pepe" al risultato la successiva scoperta che l'espressione genica nell'ippocampo dei topi poco performanti era alterata.
Ricordo che l'ippocampo è la parte del cervello essenziale per apprendimento, memoria e comportamento. 
Potrebbe ancora trattarsi di un falso allarme dovuto ad un effetto indiretto o un epifenomeno ma la coincidenza merita attenzione.
Alcuni degli animali alimentati con alghe infette hanno poi sviluppato anticorpi contro il virus, una chiara indicazione che il virus non è semplicemente penetrato (o stato catturato) nell'organismo ma si è anche replicato.
 
Nell'essere umano le evidenze sono molto più scarse, anzi direi unicamente legate al DNA virale trovato nella cavità orofaringea.
Dato che i chlorovirus sono molto comuni nelle acque lacustri le persone "infettate" potrebbero essere venute facilmente a contatto i virus inalando o bevendo acqua contaminata (magari mentre nuotavano). Non ci sono evidenze che il virus sia in grado di replicarsi nell'essere umano e quindi la correlazione con i deficit cognitivi potrebbe essere legata ad un campionamento statistico troppo debole. D'altro canto è possibile che la co-esposizione al virus insieme ad altri comuni (purtroppo) inquinanti ambientali come i metalli pesanti possa avere giocato un ruolo non secondario.
Forse non è una buona idea nuotare qui (©reuters). Anche perché la tossicità delle alghe non è legata ad un virus ma a tossine (tipico esempio è l'alga Ostreopsis ovata)

I risultati sono interessanti e meritano di essere approfonditi, per prima cosa analizzando un campione molto più ampio di persone sia per la per la presenza di DNA virale che per la presenza di anticorpi specifici.
 

Fonte
- Chlorovirus ATCV-1 is part of the human oropharyngeal virome and is associated with changes in cognitive functions in humans and mice 
Robert H. Yolken et al, PNAS vol. 111 no. 45  pp.16106–16111

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