I programmi di Brain Training non funzionano ... o almeno non quanto vorrebbero farci credere i venditori di attività declamate come "ringiovanenti il cervello".
Degenerazione cerebrale e il deterioramento cognitivo sono tra le conseguenze più temute di un mondo che invecchia. Problemi non solo legati a malattie specifiche come la demenza fronto-temporale o il morbo di Alzheimer ma all'invecchiamento in sé. Per avere una idea dei numeri parliamo di 100 milioni di persone affette nel 2050.
(tvblogs.nationalgeographic.com) |
Dato che i problemi associati sono di natura e di entità varia limitiamoci a definire come demenza il progressivo declino nei processi mentale e mnemonici di una persona al punto di non rendere impossibile svolgere compiutamente le mansioni quotidiane.
Di fronte a questa minaccia è comprensibile che a partire dalla mezza età molte persone cerchino di contrastare il pericolo, percepito come imminente, impegnandosi in attività di stimolo mentale più o meno divertenti (e magari costose). Chi di noi del resto non si è mai imbattuto in libri o allegati di giornali che promettono di "allenare" il cervello arrivando in molti casi addirittura a promettere di potere migliorare il proprio QI.
Il presupposto è fallace in quanto si considera il cervello come un muscolo la cui tonicità può essere condizionata dall'allenamento. E' vero che si tratta di un organo che fa della plasticità il suo cardine ma è altrettanto vero che già con l'adolescenza la sua indiscussa capacità di assorbire informazioni (e di essere da queste plasmata) subisce un drastico calo.
Le attività di Brain Training non sono una semplice curiosità ma fanno parte di una industria che nel mondo occidentale muove miliardi di dollari; nulla di male, dato che tenere impegnato il cervello evita altri problemi e può ragionevolmente far passare il tempo in modo magari divertente e soddisfacente. La domanda vera è se i corsi (siano essi libri o attività al computer) servono veramente o se sia molto più importante pesare il loro costo per l'efficacia promessa.
Negli anni molti sono stati gli studi che hanno cercato di valutare scientificamente l'utilità del Brain Training e, sebbene il consensus tra gli scienziati è che non forniscono alcun vantaggio reale, mancano studi sufficientemente forti metodologicamente per chiudere il discorso definitivamente. Come spesso avviene è una metanalisi, condotta all'università di Sidney, a venirci in aiuto.
Metanalisi. Studio che raggruppa le casistiche raccolte da studi precedenti, pesandoli per il valore statistico e ripulendo da eventuali vizi di forma, in modo da ottenere una casistica molto forte statisticamente (e non altrimenti ottenibile in uno studio singolo).
L'analisi australiana, in cui si sono raccolti i dati di 51 studi clinici randomizzati per un totale di quasi 5 mila soggetti, ha dimostrato che sebbene impegnare gli anziani in attività cognitive centrate sul computer possa aiutare a migliorare alcuni aspetti di memoria, velocità e abilità visivo-spaziali, NON ha invece alcun impatto su attenzione e funzioni esecutive, come il controllo degli impulsi, la pianificazione e la capacità di risolvere i problemi.
Ancora più utile il dato che per avere anche solo parte dei risultati positivi osservati è necessario non solo che le attività avvengano in contesti sociali (o in centri specializzati) e non con programmi da usare a casa ma anche che è bene farle a giorni alterni, senza saturare troppo il cervello di input.
I guadagni sono in ogni caso modesti e di sicuro non in grado di controbilanciare problematiche serie.
Molto meglio quindi usare queste attività come scusa per cementare vincoli sociali e massimizzare la componente ludica dell'attività.
Molto meglio quindi usare queste attività come scusa per cementare vincoli sociali e massimizzare la componente ludica dell'attività.
Non vale la pena invece spendere troppi soldi per correre dietro a promesse da imbonitori.
Fonte
- Computerized Cognitive Training in Cognitively Healthy Older Adults: A Systematic Review and Meta-Analysis of Effect Modifiers
Amit Lampit et al, PLOS Medicine, 18 novembre 2014
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