Negli ultimi anni i progressi tecnologici (tra cui i nuovi telescopi spaziali) hanno permesso di acquisire informazioni impensabili fino a pochissimi anni fa. Lo studio degli esopianeti - cioè pianeti orbitanti intorno ad altre stelle della nostra galassia - ne è un esempio chiave con il centinaio di pianeti identificati (vedi qui per l'ultimo articolo sul tema).
Diversi sono i metodi per inferire la presenza di un pianeta, alcuni diretti (mini eclissi stellari) e altri indiretti (perturbazione orbitale).
Dato che si tratta di approcci oramai ben noti rimando a fondo pagina per fonti di approfondimento "divulgative".
Immagine ottenuta con il Telescopio Spaziale Hubble che mostra il disco di polveri di Beta Pictoris (wikimedia). |
Tra i dati più entusiasmanti che queste
osservazioni hanno permesso vi è la caratterizzazione dell'atmosfera del
pianeta; un dato che unito alla massa e alla distanza orbitale permette
di ricavare molte altre informazioni sulle caratteristiche dello
stesso.
Non bastasse, astronomi
olandesi sono anche riusciti a ricavare i dati sulla velocità di rotazione del
pianeta sfruttando la variazione della luce stellare
filtrata dalla sua atmosfera.
Nell'articolo pubblicato sulla rivista Nature, Ignas Snellen, professore
all'università di Leiden (NL), descrive un pianeta gassoso che
orbita intorno alla stella β Pictoris ad una velocità di 25 chilometri
al secondo al suo equatore - una delle velocità più alte registrate per
un pianeta (sappiamo che le pulsar sono ben più veloci).
A scopo comparativo questa è una velocità 50 volte maggiore di quella terrestre.Una giornata sul pianeta, denominato β Pictoris b, dura poco più di otto ore, anche se il pianeta ha un diametro 16 volte maggiore di quello terrestre.
Come facilmente intuibile osservare direttamente un pianeta è una impresa date le sue dimensioni, la distanza e ovviamente l'assenza di luminosità propria (anche se in realtà bisognerebbe tenere conto della cosiddetta "radiazione di corpo nero" - vedi link a fondo pagina). In estrema sintesi la presenza di un pianeta può essere rilevata durante il passaggio dello stesso davanti alla stella (diminuzione del flusso luminoso a valori decimali di percentuale) e anche - se il pianeta è sufficientemente lontano - dalla luce riflessa dal pianeta (in questo caso un parametro importante è l'albedo).
Se si vuole osservare direttamente un pianeta due dei parametri da utilizzare sono l'orbita apparente della stella e la variazione della lunghezza d'onda della luce emessa durante questo ciclo. La presenza di uno o più pianeti è in grado di alterate la posizione del fulcro gravitazionale della stella rispetto al caso che essa fosse l'unico oggetto a rotare. Per semplificare pensiamo ad un pattinatore che rota su stesso intorno al suo asse e a cosa succederebbe se il pattinatore tenesse - durante la rotazione - per le mani un pattinatore bambino: il punto di rotazione della coppia non sarebbe più coincidente con la massa dell'adulto ma sarebbe tanto + esterno tanto maggiore è la massa del "compagno". Discorso simile per la lunghezza d'onda emessa verso di noi. La luce che arriva dalla parte della stella che rotando si muove verso di noi subirà un blue-shift, quella che si allontana un red-shift.
Molto spesso entrambi i metodi sono necessari per avere una conferma incrociata del pianeta soprattutto nei casi di pianeti troppo vicini alla stella o per inferire la presenza di molteplici pianeti, nascosti in quanto troppo lontani dalla stella o troppo piccoli.
Nel caso di β Pictoris b è stata sufficiente l'osservazione diretta data la giovane età del pianeta. Con soli 20 milioni di anni, si può ben dire che il pianeta sia un "neonato" e come tale (grazie anche alla sua massa considerevole) è ancora sufficientemente caldo da emettere una discreta radiazione infrarossa, rilevata dal Very Large Telescope (VLT) sito nel deserto di Atacama in Cile. A supporto dell'osservazione due altri elementi: il sistema stellare si trova a soli 20 parsec (65 anni luce) dalla Terra ed infatti la costellazione Pictor di cui fa parte è visibile nel cielo australe ad occhio nudo; il pianeta orbita ad una distanza quasi doppia a quella che separa Giove dal Sole, sufficientemente lontano per non essere coperto dalla luce stellare.
Il passaggio della luce infrarossa attraverso l'atmosfera evidenzia la presenza di monossido di carbonio atmosferico. Come accennato sopra la direzione dello shift è opposta sui due lati del pianeta.
In condizioni normali sarebbe impossibile distinguere le due faccie del pianeta dato che la risoluzione consentita convoglierebbe in un unico pixel la luce catturata dal pianeta. In questo caso però l'insieme dei blu-shift e dei red-shift sommato alle linee di assorbimento del monossido di carbonio (vedi linee spettrali) permette di ricavare linee di assorbimento "allargate". L'ampiezza di questo "allargamento" rende possibile calcolare la velocità di rotazione.
Con il passare del tempo (su scala non umana) il pianeta si raffredderà e rimpicciolirà e questo dovrebbe portare ad un ulteriore aumento della velocità di rotazione; lo stesso fenomeno che si osserva quando un pattinatore su ghiaccio cambia di posizione stringendo le braccia al corpo. Snellen ha ipotizzato che nell'arco di poche centinaia di milioni di anni, il pianeta aumenterà il suo spin a 40 km al secondo, con il risultato che dalla sua superficie si potrà assistere ad un tramonto ogni tre ore.
La caratteristica di β Pictoris b non è tuttavia unica. Anche nel nostro sistema solare, con l'eccezione di Mercurio e Venere, i pianeti più massicci tendono a ruotare più velocemente. L'idea è che più massicio è il pianeta e più materia cattura nelle fasi iniziali della formazione del sistema. Con la cattura di nuovo materiale aumenta anche lo spin (rotazione) del pianeta "maturo".
Il vero puzzle teorico è nella apparente similitudine tra massa e rotazione riscontrata nei pianeti rocciosi e in questo pianeta gassoso dato che si è sempre ritenuto che queste due tipologie di pianeti si accrescano in modo diverso.
Comunque sia, la determinazione della rotazione è il primo passaggio per costruire mappe atmosferiche sui giovani pianeti gassosi. Ad esempio la variazione negli spettri di assorbimento potrebbe indicare la presenza di nuvole nell'atmosfera. L'idea è stata messa alla prova da Ian Crossfield del Max Planck Institute che ha sfruttato questo metodo per ricavare informazioni da una stella nana bruna; il metodo, pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics, affronta le problematiche che si incontrano quando si vogliono creare mappe meteo sui pianeti gassosi, per risolvere le quali saranno necessari nuovi telescopi di grosse dimensioni.
Fonti e link utili
- First exoplanet seen spinning
Nature (2014) 15132
- beta Pictoris b nel catalogo degli esopianeti --> qui
- Metodi per identificare gli esopianeti ---> wikipedia, Smithsonian , astrosociety e l'ottimo divulgativo Center for Science Education.
- Modelli di formazione planetaria ---> astrobio.net , space.com
- Radiazione del corpo nero ---> qui
-Albedo ---> qui
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