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La materia oscura "accese" le prime stelle?

Le prime stelle nell'universo potrebbero essere state innescate e alimentate dall'annichilazione della materia oscura
Credit: universetoday.com
Nell'universo attuale la materia oscura non sembra capace di fare molto pur essendo un componente dell'universo (27% della massa-energia totale) che contribuisce a definire il valore di densità che farà spostare l'ago della bilancia "evolutivo" verso un universo piatto, chiuso o aperto. Mattone essenziale, certo, ma di fatto ignoto nella sua identità e non previsto fino agli anni 60 quando sorse il problema della "materia mancante". Importante ma "elitario" dato che non interagisce con la materia standard (fotoni inclusi) e con una densità troppo bassa per potere interagire con se stesso.
Ottima introduzione divulgativa alla materia oscura
Agli albori del cosmo (stavo per scrivere "all'inizio dei tempi", ma questo è un termine quanto mai sdrucciolevole dati i concetti di spazio-tempo, come ben ci insegna anche il film Interstellar) tuttavia, le condizioni erano del tutto diverse e non è immotivata l'idea che esistessero sacche in cui la materia oscura aveva una densità sufficientemente elevata da fungere da innesco per la formazione di stelle molto particolari chiamate dark stars (stelle oscure)
Attenzione a non confondere questo termine con quelle ipotizzate a fine XVIII secolo da John Mitchell, precursori dell'idea dei buchi neri, la cui "idea" risale alla prima metà del XX secolo (vedi il precedente articolo sul tema). Le dark stars ora ipotizzate sono stelle innescate dalla materia oscura (dark) ma composte prevalentemente da materia ordinaria (l'anno scorso un articolo aveva postulato che l'origine dei buchi neri supermassici fosse da ricercare nel collasso della materia oscura)
Nei modelli più semplici di materia oscura questa fa ben poco, dato il suo non interagire con praticamente nulla (perfino meno di quanto facciano gli elusivi neutrini). I segni della sua esistenza ci arrivano dalla azione gravitazionale su scale dimensionali non inferiori a quelle di una galassia.

Questa immagine semplicistica della materia oscura presenta però alcuni problemi che si palesano quando gli astrofisici eseguono simulazioni al computer sulla formazione delle galassie, e devono introdurre tra gli "ingredienti" della ricetta anche la materia oscura: se si "disegnano" queste particelle in modo eccessivamente inerte, le simulazioni restituiscono un quadro non coerente con l'osservazione, ad esempio galassie molto più dense e con troppe galassie satellite.
Aumentando un poco la sua capacità interattiva (non interagisce con materia standard e fotoni ma può, in condizioni opportune, con se stessa) il risultato delle simulazioni migliora.
L'interazione non può essere però troppo forte, altrimenti la materia oscura si sarebbe aggregata e/o annichilita molto tempo fa.
Utilizzando questo scenario e applicandolo ad un universo "in fasce" (cento milioni di anni) i risultati ottenuti si fanno piuttosto interessanti.
A quel tempo l'universo era molto diverso da oggi: molto più denso, con tutta la materia oggi esistente stipato in un volume molto più piccolo, trasparente alla luce (in contrasto con la dark age iniziata poi)  ma ancora privo di stelle. 
Credit: National Geographic
L'universo era composto da materia oscura (qualunque cosa sia), fotoni e atomi neutri di idrogeno ed elio. Lentamente, nel corso del tempo, tutto quel materiale iniziò a collassare gravitazionalmente, formando strutture sempre più grandi. Le prime protostelle iniziarono come densi ammassi non più grandi di un millesimo della dimensione del Sole.
Nell'immagine tradizionale della formazione delle prime stelle, quei grumi crebbero costantemente fino a diventare colossi centinaia di volte più grandi del Sole, alimentati dalla fusione nucleare resa possibile al suo interno dal collasso gravitazionale della materia e il raggiungimento di densità e temperature sufficienti.

La modellistica prima citata ha però fatto sorgere il dubbio ad un team di astrofisici che questa visione fosse alquanto lacunosa. Le loro ipotesi sono state pubblicate come preprint su arXiv. 
Il punto centrale è che se la materia oscura riesce ad interagire con se stessa in condizioni di densità adeguata, da queste "collisioni" si libera un po' di energia. Ogni collisione non ne produce molta, ma nelle condizioni esistenti in quell'epoca la quantità di collisioni locali potrebbe essere stata sufficiente affinché la materia oscura abbia avuto un ruolo importante nella formazione delle stelle.
In questo scenario, le prime stelle non furono alimentate dalla fusione nucleare, ma dall'annichilazione  della materia oscura nei nuclei proto-stellari. Il nome "stelle oscure" è in realtà fuorviante perché per la maggior parte erano composte da materia normale, mentre la materia oscura funse "solo" da innesco.

Queste stelle non esistono nell'universo moderno, perché oggi (leggasi un universo di dimensioni non così piccole come allora) la materia oscura ha una densità troppo bassa perché possa interagire con se stessa; inoltre le stelle allora formatesi sono da lungo tempo "defunte" (le prime stelle avevano masse ben superiori alla media attuale il che si traduce in emivita di pochi milioni di anni).
Le prime stelle erano fatte da solo idrogeno e uno "zicco" di elio
Credit: NASA/WMAP Science Team


I ricercatori sperano che il James Webb Space Telescope, progettato specificamente per studiare l'universo primordiale e le prime generazioni di stelle (guardando lontano, quindi indietro nel tempo), possa cogliere qualche indizio dell'esistenza di queste stelle.
Un eccellente articolo divulgativo sulla possibile correlazione PBH (buchi neri primordiali) e materia oscura la trovate su "Dark horses in the cosmos"

Fonte
- Dark Stars Powered by Self-Interacting Dark Matter
Youjia Wu et al, (2022), arXiv:2205.10904







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