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In Asia centrale (attuale Tagikistan) il "punto zero" da cui deflagrò l'epidemia di peste nera del XIV secolo

Lo studio delle caratteristiche e dell'origine della pandemia che flagellò l'Europa (e non solo) medievale ha una importanza cruciale sia nell'analisi storica che epidemiologica.
La peste nera (in inglese nota come black death) ebbe effetti che vanno ben oltre il periodo di massima diffusione dell'epidemia (1346-1353) con periodiche ricomparse nei secoli successivi 
Sufficiente qui citare le epidemie "regionali" del XVI secolo e quella che è nota come  terza "ondata" dell'epidemia verificatasi in Cina nel 1855. La peste nera e la peste bubbonica del XVII sec. sono oggi accettati come eventi causati dallo stesso patogeno batterico. Alcuni ricercatori negli anni passati avevano invece ipotizzato che la seconda fosse stata di natura virale data le complicazioni polmonari.
L'impatto demografico sull'Europa fu devastante con la morte di circa il 30% della popolazione e conseguente crisi produttiva che si trascinò per molti decenni (ma che fu anche volano di nuove possibilità per molti).
30% è solo una media che comprende punte di mortalità come quelle registrate a Venezia e in alcune zone della Toscana dove si raggiunsero punte del 70%. 
Da un punto di vista storico il grilletto pandemico fu premuto durante l'assedio di Caffa in Crimea del 1344 (rimando alla nota di fine pagina per i dettagli) ma è evidente che il batterio Yersinia pestis, l'agente patogeno, non era comparso dal nulla. Come nel caso di Ebola, il patogeno prospera, "invisibile" a noi, in serbatoi animali dove, solitamente, non causa patologie gravi essendosi evoluto un mutuo adattamento. Quando si verifica però il contatto con animali (tra cui gli umani) permissivi all'infezione il risultato può essere una patologia acuta e ad alta morbidità.
Image credit: R. Barbieri et al
In (a) e (b) foto al microscopio di una pulce normale e una infettata con Y. pestis.
(image credit: Matteo Riccò via researchgate)
Nel caso del batterio della peste questo il serbatoio e il vettore di diffusione sono le pulci dei roditori, il cui contatto con mercanti, eserciti e pastori nomadi che transitavano nelle steppe asiatiche era un evento possibile. Contatti del genere sono verosimilmente sempre avvenuti; a fare la differenza è sempre il numero di "bersagli", il tempo necessario per raggiungere o entrare in contatto con altri umani e la virulenza del ceppo batterico. Queste variabili determinano esiti che vanno dall'autoestinzione del focolaio (guarigione o morte dei portatori) alla progressiva migrazione del patogeno lungo le vie carovaniere.
Dove fosse questo "punto zero" (prima che comparisse in Crimea) è sempre stato oggetto di ipotesi, con un consensus generale verso le steppe dell'Asia Centrale il che non dice in realtà molto data la vastità territoriale.
Image credit: R. Barbieri et al
Un aiuto sostanziale arriva da uno studio pubblicato pochi giorni fa sulla rivista Nature, che riporta l'identificazione del genoma batterico e il suo sequenziamento da 7 resti umani prelevati da un cimitero del Kirghizistan e risalenti al 1338-39
La scelta del sito non è stata casuale. Evidenze archeologiche e resoconti storici indicavano la zona prossimità del lago Issyk-kul come un'area colpita da un picco di decessi anomalo. Le iscrizioni sulle pietre tombali indicavano come "pestilenza" la causa della morte. Il Kirghizistan non è (considerando anche i tempi di spostamento dell'epoca) così vicino alla Crimea ma la distanza coperta tra questi decessi e l'epidemia in Crimea è compatibile con spostamenti di eserciti e di mercanti.
L'analisi genetica non solo ha confermato la presenza del batterio Yersinia pestis (permettono così di datare a questa data l'inizio pandemico) ma anche di ricostruire il genoma così da potere confrontarne le caratteristiche sia con i ceppi europei che con quelli ancora oggi esistenti nell'area del Tien Shan. La correlazione genetica tra questi resti e quelli rinvenuti in Europa non implica un diretto legame temporale ma ne evidenzia la "parentela" e il probabile percorso compiuto dal patogeno. Ad oggi l'ipotesi più accreditata è il batterio sia partito circa un secolo prima degli eventi in Crimea. 

L'albero genealogico basato sulla somiglianza genetica tra i batteri della peste rinvenuti nei resti umani prelevati da diversi luoghi (e tempi) geografici (credit: M. Spyrou et al.)

Vale la pena ricordare che la peste non è mai scomparsa come si può ben vedere dalla casistica globale nell'ultimo decennio.
Credit: R. Barbieri et al (2020)



Fonte
-The source of the Black Death in fourteenth-century central Eurasia. 
 M. Spyrou et al. (2022) Nature

- Yersinia pestis: the Natural History of Plague
R. Barbieri et al, (2020) Clinical Microbiology Reviews, 34(1) 

***
La peste bubbonica (batterio Yersinia pestis) arrivò in Europa nel 1347 veicolata dalle pulci presenti sui roditori "imbarcatisi" assieme agli italici (genovesi, veneziani, ...) in fuga dalla Crimea. L'anno è noto con precisione in quanto coincide con l'assedio di Caffa (l'attuale Feodosia, allora una colonia genovese) da parte dei Tartari. 
Durante il lungo (e infruttuoso) assedio i tartari cominciarono però a morire a centinaia, e non solo durante gli assalti alle mura della città. La morte arrivava a causa di un morbo sconosciuto nelle cause ma di cui si avevano notizie lungo tutta la Via della Seta, la tratta carovaniera che collegava la lontana Cina all'Impero Bizantino prima e Ottomano poi. Le voci erano univoche per quanto poco dettagliate e raccontavano di come il morbo avesse sparso morte e desolazione nei villaggi e città sperdute nelle immense steppe. Fu in questa fase che gli assedianti pensarono di utilizzare i cadaveri degli appestati come arma biologica (per quanto questa definizione sia moderna) lanciandoli con le catapulteal di là delle mura.
Per quanto efficace come strumento a fuggire per primi furono i Tartari, falcidiati dall'epidemia. Per quanto salva la città, gli assediati sfruttarono l'opportunità per imbarcarsi sulle navi in direzione Bisanzio prima e i porti italici poi. Seguiti dalle pulci.
Messina fu la prima città europea in cui il nuovo morbo si manifestò, seguita a ruota da Venezia.
Nell'autunno del 1347 una galera veneziana arrivata da Caffa portò in dote i topi e relative pulci e con essa la malattia. Nei diciotto mesi che seguirono morì di peste più della metà della popolazione. Dei 110 mila abitanti, si stima che il numero di morti sia stato tra 37 e 70 mila. L'inadeguatezza delle misure messe in atto (per quanto moderne e intelligenti) tipo la traslazione dei defunti su isole disabitate e la muratura delle case infette con rogo delle suppellettili, portò alla "invenzione" nel 1456 (mutuata in verità da una strategia usata a Ragusa, l'odierna Dubrovnik) della quarantena per chi arrivava da lontano  e un'isola deputata a lazzaretto.
Nel 1349 l'epidemia aveva oramai raggiunto anche il Nord Europa. I morti totali si stimano in circa 20 milioni sui 60 milioni allora presenti.
Illustrazione della sepoltura delle vittime della peste in Belgio (FL. 1340-1360)
(credit: WIKIMEDIA COMMONS)

Noi Europei siamo i discendenti di questi sopravvissuti. Uno studio interessante pubblicato qualche anno fa analizza le tracce genetiche che ci portiamo dietro, risultato di questa selezione**

Il batterio è sensibile ad antibiotici come streptomicina, tetraciclina e cloramfenicolo


** Aggiornamento sul tema in un articolo pubblicato a dicembre 2022.


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