È stato a lungo un mistero perché il sonno REM, o sonno da sogno, sia correlato con la temperatura della stanza, che non deve essere maggiore o minore di quello detto "confort".
Alcuni ricercatori dell'università di Berna hanno osservato tempo fa che l'attività dei neuroni ipotalamici che producono l'ormone MCH (melanin-concentrating hormone) favoriscono la comparsa del sonno REM quando la temperatura ambientale percepita è ottimale (per cui l'organismo non deve implementare misure correttive).
Non si tratta di una osservazione meramente accademica data l'importanza della fase REM nel mantenere efficiente (e giovane) il cervello.
Il sonno REM, che copre circa il un quarto del sonno totale, non solo svolge un ruolo essenziale per la salute cerebrale ma una sua diminuzione è un indicatore precoce di invecchiamento e di deterioramento cognitivo.
Quando ci addormentiamo, entriamo nel sonno non-REM durante il quale abbiamo un respiro lento e regolare, con scarso o nullo movimento oculare. Dopo circa 90 minuti si ha un primo ingresso nella sonno REM (il passaggio avverrà varie volte durante il sonno con fasi REM sempre più lunghe) caratterizzato da maggiore attività cerebrale, respiro veloce e irregolare e movimenti oculari (da cui il nome).
Credit: I, RazerM via wikipedia |
La fase REM è anche associata alla paralisi muscoli volontari, una "sicura" che impedisce di tradurre in movimenti "reali" le molteplicità attività svolte durante il sogno, e cosa che più ci interessa qui una diminuita capacità di di termoregolare (attività che consuma molte risorse energetiche). Quest'ultimo dato ha fornito il punto di partenza per indagare i circuiti neurali che permettono il sonno REM.
Secondo un'ipotesi, il sonno REM è una strategia comportamentale che sposta le risorse energetiche lontano dalla costosa difesa termoregolatoria verso attività di "manutenzione" e mantenimento di efficienza delle funzioni cerebrali. Una strategia "inventata" dai mammiferi per coniugare due funzioni essenziali ma dispendiose.
I dati raccolti sono concordi nell'evidenziare che una ristretta popolazione di cellule dell'ipotalamo agiscono su entrambi i suddetti fronti ma in modo "alternato". I ricercatori hanno dimostrato che i topi aumentano dinamicamente il sonno REM quando la temperatura della stanza supera la zona di comfort, in modo simile a quanto era stato visto negli umani.
La conferma del dato in topi ha permesso test più approfonditi, impossibili negli umani, volti a testare la correlazione tra le suddette cellule e il sonno REM. Grazie a topi geneticamente modificati, funzionalmente privi del recettore per MCH, si è osservato che i topi non aumentavano il sonno REM durante il riscaldamento, esattamente quanto atteso dalla perdita di un sensore attivante la fase REM.
Nel dettaglio, lo spegnimento dei geni di interesse (e quindi della proteina oggetto di studio) è stato effettuato mediante tecniche di optogenetica (attivazione espressione genica mediante impulsi luminosi) con cui attivare/disattivare in modo selettivo i neuroni MCH durante la fase di riscaldamento ambientale.
I risultati confermano la necessità del sistema MCH nel facilitare l'ingresso in fase REM quando la necessità di controllo della temperatura corporea è ridotta al minimo. Tradotto, significa che questi neuroni non sono di per sé l'innesco della fase REM tout court ma dei facilitatori in determinate condizioni di sonno "ottimale".
Si tratta della prima dimostrazione funzionale del legame sonno REM-temperatura ambientale. Ragione in più per ottimizzare la temperatura dei luoghi in cui dormiamo e in cui il nostro cervello svolge la manutenzione programmata quotidiana.
Un articolo sul tema correlato (neuroni e sonno non-REM) lo trovate ––> "The brainstem neurons that regulate non-REM sleep"
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Fonte
- Dynamic REM Sleep Modulation by Ambient Temperature and the Critical Role of the Melanin-Concentrating Hormone System
Noëmie Komagata et al, Current Biology 29 (12) pp. 1976-87
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