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Anche i virus vanno (non invitati) ai congressi dei virologi

Migliaia di infezioni da coronavirus negli USA sono state ricondotte ad un unico individuo infetto che aveva partecipato ad un meeting organizzato da una importante biotech per capire come affrontare l'allora nascente epidemia covid19. 
Credit: CDC/ Alissa Eckert, Dan Higgins
La notizia viene da un interessante studio da poco pubblicato sul portale medrxiv (in attesa che si completi il processo di peer review) in cui i ricercatori hanno seguito le tracce genetiche del virus (usando un marcotore genetico come tracciante)  dal momento in cui alcuni dei partecipanti mostrarono i sintomi, giorni dopo la fine dei lavori.
Nota. Con marcatore genetico mi riferisco qui ad una (delle tante) mutazioni che spontaneamente compaiono nel genoma virale per il semplice fatto che si riproduce. Come tutti i virus a RNA anche il SARS-CoV-2 ha una intrinseca propensione a mutare causata dalla RNA polimerasi, priva di attività di controllo errori (proof-reading) come invece le DNA polimerasi. Se la mutazione ha un effetto vantaggioso/svantaggioso per il virus questa verrà selezionata positivamente/negativamente per cui potrebbe diventare la versione "standard" o scomparire del tutto dalla popolazione. Nel caso di mutazioni neutre (effetto nullo o irrilevante) questa potrebbe lo stesso diffondersi/scomparire in una data popolazione pur in assenza di selezione grazie ad effetti come la deriva genetica, comune quando l'evento infettivo primario è numericamente basso. Se ad esempio una mutazione senza effetto comparisse nella progenie virale di un singolo individuo infetto che, lui solo, funge da veicolo per ulteriori infezioni in un limitato gruppo di individui (una famiglia, una scuola, un congresso, ...) ecco allora che questa particolare variante virale, pur funzionalmente identica alla standard ma numericamente irrilevante diventerà quella predominante in quel campione. Da quel momento si potrà seguire (anche a ritroso) il percorso dell'infezione perfino mesi dopo l'evento e (con molto lavoro computazionale e di analisi di laboratorio) si potrà tracciare le vie infettive seguite. Sebbene si prenda in esame una variante virale, le informazioni così ottenute, specie se la variante è neutra, permetteranno di comprendere il percorso del virus in generale.
Ironia della sorte questo contagio (che ribadisco a chiare lettere, NON indica una variante funzionale del virus) è avvenuto durante un meeting a Boston in febbraio promosso dalla azienda Biogen, quando il numero di casi accertati in USA era di poche decine mentre le notizie che arrivavano dall'Europa prospettavamo un reale rischio pandemico (che sarebbe stato dichiarato circa un mese dopo) e dalla Cina si aveva la chiara percezione di una epidemia di grosse proporzioni ma "nascosta".
Scopo della azienda era creare una task-force per indirizzare in modo ottimale quali aree di ricerca (diagnostica, terapeutica, etc) attivare e come fare convergere da altre aree aziendali le risorse umane, finanziarie e logistiche per farlo al meglio. Per tale ragione erano convenuti al meeting più di 100 responsabili di area.
Ricordiamoci che parliamo di inizio febbraio quando di distanziamento sociale non si parlava e il lockdown sembrava un caso limitato a Wuhan, l'epicentro della epidemia. Altra cosa da sottolineare è che si è trattato di un meeting come tanti altri in cui si presentano i dati e si discute, quindi nessun virus fuggito dalle tasche di qualche incauto ricercatore folle in puro stile Umbrella Corporation a Raccoon City (meglio premettere perché la madre dei cospirazionisti, specie quando si parla di eventi avvenuti in USA - ma stranamente mai in Cina - è sempre incinta).
Terminato il meeting si cominciò ad osservare nelle settimane successive un anomalo tasso di malati (rispetto alla media nazionale) tra chi aveva partecipato, cosa prontamente segnalata dalla azienda alle autorità sanitarie statali e che lei stessa studio per cercare di tracciarne l'origine.
I primi risultati, ottenuti dal Dipartimento della sanità pubblica del Massachusetts, quantificarono in 97 i contagi direttamente collegati all'evento verosimilmente dovuti ad un unico individuo infetto, asintomatico o con sintomi (allora del tutto "normali") attribuibili a malattie di stagione.
Lo studio ora pubblicato suggerisce che il numero "finale" nei mesi successivi di infettati riconducibili a quel particolare "caso 1" potrebbe arrivare a 20 mila nella zona nota come Greater Boston  (quattro contee). Un numero non irrilevante se si considera che ad agosto il numero di casi noti in Massachusetts era di 111 mila.
Per essere precisi il numero "20 mila" non compare nell'articolo qui citato (si parla di migliaia) ma è una stima ufficiosa ritenuta credibile fatta da addetti del settore. Non è così difficile credere come un singolo evento possa causare 20 mila, soprattutto quando si parla di malattie altamente infettive per via aerea.
Non si parla qui dell'evento ZERO che ha portato il virus negli USA, dove verosimilmente già circolava da metà' dicembre (come in Europa) grazie al massiccio flusso di persone dalla Cina, ma di come sia facile veicolare una malattia anche tra addetti ai lavori quando le informazioni sul rischio infettivo non sono disponibili.
In questo caso è stato grazie all'atteggiamento scientifico di analisi delle cause e di piena condivisione dei dati che la collaborazione Biogen ed enti statali ha permesso di ottenere uno dei più completi studi sui sottotipi di genoma virale emersi durante la pandemia.
Nel dettaglio i ricercatori hanno analizzato il genoma virale ottenuto da 772 pazienti (persone che avevano visitato un ospedale tra gennaio e maggio e senza alcuna connessione con il meeting), tra cui 28 dei 97 casi iniziali collegati alla conferenza. Da questa analisi si è identificata una singola mutazione (C2416T) che oltre ad essere presente nel virus di coloro che avevano partecipato alla conferenza compariva in 289 pazienti - più di un terzo di tutte le persone che hanno esaminato. Quei 289 genomi rappresentano il 3% di tutti i genomi SARS-CoV-2 sequenziati all'epoca in tutti gli Stati Uniti.
Non c'è niente di particolarmente speciale nella variante C2416T che la rende più potente di altre varietà. Ciò che ha fatto la differenza è che si trattava di una mutazione neutra comparsa proprio all'inizio dell'epidemia in una situazione di facile diffusione.
Un'ampia percentuale di questi casi proveniva da senzatetto che, nel gelido inverno del New England, trovavano ricovero notturno  nei centri di accoglienza e dai dipendenti che lì lavoravano. Non si sa come il virus sia passato dalla conferenza a coloro che vivono per le strade di Boston ma è facile comprendere come questi ultimi siano in senso assoluto i più sensibili e a rischio quando compaiono nuovi patogeni.

Durante l'analisi i ricercatori hanno identificato altre 79 varianti uniche di SARS-CoV-2 importate da altri stati degli USA o dall'Europa occidentale. Come prevedibile la firma genetica della variante di Boston è stata trovata successivamente in pazienti residenti in altri stati dell'Unione.

Questo è il tipo di studio che spiega perché la genomica è ampiamente usata (dai tempi della SARS a Singapore) nella ricostruzione di una epidemia (vedi -- > SARS).

Fonte
- Phylogenetic analysis of SARS-CoV-2 in the Boston area highlights the role of recurrent importation and superspreading events
Jacob Lemieux et al, medRxiv, 25 agosto 2020 





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