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Combattere le allucinazioni con gli avatar

La schizofrenia, con una prevalenza pari a circa 1 persona su 100, è una malattia più comune di quanto non si pensi. Tali numeri implicano che in media ciascuno di noi conosce, magari senza saperlo, una persona che ne soffre.
Uno dei motivi per cui potremmo non essercene mai accorti è che sotto questo "ombrello" diagnostico sono racchiuse molte "varianti" di diversa gravità che vanno dalla episodicità e modesta entità dei sintomi alle forme gravi che rendono praticamente impossibile alle persone affette il condurre una vita normale, sia da un punto di vista lavorativo che sociale.
Tra i sintomi che possono (il condizionale è d'obbligo) comparire, uno dei più problematici come impatto nella qualità della vita è quello delle allucinazioni sensoriali (visive e/o uditive).

Come per tutte le malattie, il percorso terapeutico deve essere pianificato da un medico specializzato nel campo che individuerà gli aspetti più critici su cui agire. Si tratta di un percorso complicato data la complessità della malattia e la scarsa conoscenza dei meccanismi causali, non imputabile ad una mancanza di studi ma alla eterogeneità delle cause anche quando le manifestazioni sintomatiche appaiono simili. La prima conseguenza di tale eterogeneità è la difficoltà nella scelta delle terapie che potranno funzionare molto bene in un sottogruppo di pazienti ma essere del tutto inefficaci in altri; il risultato sarà un approccio a volte frustrante fatto di tentativi.
Da qui la diversità degli approcci che vanno da quelli prettamente farmacologici basati sugli antipsicotici (ad esempio la clozapina) alle terapie comportamentali con le quali si "istruisce" il paziente a identificare e a "negare" i segnali sensoriali fallaci.
Nessuno dei due è come detto univocamente efficace o privo di effetti collaterali (la clozapina può indurre la agranulocitosi), quindi è alto l'interesse per ogni trattamento che aiuti in qualche modo a normalizzare la vita travagliata dei pazienti.
In questo ambito rientra lo studio pubblicato su The Lancet Psychiatry, che mostra i vantaggi di un approccio che sfrutta le immagini (avatar) create al computer nella gestione degli episodi allucinatori. Lo studio randomizzato, condotto al King's College di Londra, ha messo a confronto l'approccio classico centrato sull'interazione con una persona di supporto con quella integrata da un avatar che riproducesse "la fonte" delle voci percepite dal paziente ma neutralizzate nel suo contenuto.
Il risultato netto è una riduzione nell'impatto causato dalle allucinazioni uditive, che si mantiene a fino ad almeno 6 mesi dall'inizio dei test.

Vale la pena precisare che durante i test i pazienti non hanno mai interrotto la terapia "classica" ma l'hanno integrata o meno (nel caso facessero parte del gruppo di controllo) con quella basata sugli avatar.
I pazienti sono stati reclutati nello studio su base volontaria, purché fossero affetti da schizofrenia caratterizzata da allucinazioni uditive persistenti e angoscianti da almeno un anno, nonostante le terapie usate.
Ho scritto "angoscianti" in quanto il 60-70% dei malati di schizofrenia vanno incontro ad allucinazioni uditive il cui contenuto è generalmente offensivo e minaccioso, con conseguente disagio e angoscia del paziente. Nella maggior parte dei casi i trattamenti farmacologici sono capaci di ridurre l'entità e/o la frequenza di questi sintomi, ma in media una persona su quattro continuerà a "sentire" voci inesistenti. La terapia cognitivo comportamentale è un utile aiuto nella gestione degli attacchi psicotici ma si tratta di un approccio lungo e di efficacia molto variabile.
Lo studio ha coinvolto 150 pazienti affetti da schizofrenia (in media malati da circa 20 anni) che sentivano 3-4 voci; una metà dei soggetti ha seguito la "terapia avatar" mentre l'altra metà ha goduto dell'ausilio di una terapia comportamentale. In entrambi i casi il trattamento farmacologico è rimasto lo stesso che usavano prima dell'inizio dello studio.
La "terapia avatar" si è svolta in sei sessioni della durata di 50 minuti ogni settimana. Prima di iniziare il trattamento, i pazienti hanno lavorato insieme al medico terapeuta per creare una simulazione computerizzata video (avatar) della voce a cui attribuivano maggior peso nei loro episodi allucinatori.
Alcuni degli avatar creati su indicazione dei pazienti
(credit: kcl.ac.uk)
 La terapia consisteva in una conversazione a tre tra paziente, terapeuta e avatar (la voce dell'avatar è quella del terapeuta e riproduce inizialmente il contenuto delle frasi che il paziente "sente"). Ciascuna sessione iniziava con la discussione degli obbiettivi di quel giorno e proseguiva con il paziente che interagiva per circa un quarto d'ora da solo con l'avatar alternando una fase di difesa dalle affermazioni dell'avatar ad una azione di contrasto e correzione di tali affermazioni. L'idea portante era quella di fare sì che il paziente prendesse il controllo della conversazione e che l'avatar (la cui voce ricordo essere quella del terapeuta) riconoscesse le ragioni e i punti di forza della difesa del paziente. Ciascuna sessione veniva registrata e l'audio veniva poi dato al paziente di modo che la riascoltasse a casa ogni qualvolta gli episodi auditivo allucinatori comparivano.
I pazienti del gruppo di controllo hanno seguito una routine simile (ma solo con il terapeuta) e anche loro hanno ricevuto la registrazione audio contenente un "messaggio rinforzante positivo" prodotto dal paziente stesso da riascoltare a casa in caso di bisogno.

Di seguito il video del disegno sperimentale
Se non vedi il video clicca su --> youtube

La valutazione dell'efficacia di ciascuna terapia è stata redatta nelle settimane successive da ricercatori che non sapevano quale terapia avesse seguito ciascun paziente. Dopo 12 settimane, i sintomi dei pazienti del gruppo avatar sono stati giudicati meno gravi di quelli che avevano ricevuto la consulenza "semplice".  Un riscontro simile è venuto anche dagli stessi pazienti del gruppo avatar che hanno descritto le loro allucinazioni come meno dolorose e potenti rispetto a prima, e con una riduzione più marcata rispetto a quanto dichiarato dai pazienti del gruppo di controllo (che ovviamente non sapeva di essere un gruppo di controllo).
In particolare dopo 12 settimane, 7 persone del gruppo avatar e 2 del gruppo di controllo hanno riferito che le loro allucinazioni erano completamente scomparse.

La terapia Avatar potrebbe essere un valido aiuto nella terapia di almeno alcuni pazienti. I risultati dovranno chiaramente essere confermati in studi più ampi ma la speranza di ottenere effettivi miglioramenti è alta

Fonte
- AVATAR therapy for auditory verbal hallucinations in people with psychosis: a single-blind, randomised controlled trial 
Craig, T et al. (2017) The Lancet Psychiatry, Volume 5, No. 1, p31–40

- Avatar therapy may help to reduce auditory hallucinations for people with schizophrenia
King's College London / news


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