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Usi molti strumenti digitali? Il cervello si modifica

Multitasking e cervello

Introduzione
Il cervello è un organo con una elasticità funzionale incredibile, in grado di adattarsi a molteplici e nuovi input esterni ma anche di compensare debolezze interne.
Anche i cervelli anatomicamente più semplici, sono di gran lunga più efficienti di un supercomputer nell'elaborare informazioni e rispondere alle mutate condizioni esterne; allo stesso modo la cosiddetta plasticità neuronale permette di compensare i danni derivanti da lesioni traumatiche o patologiche, delegando le funzionalità perse ad altre regioni. Una capacità evidente dai progressi ottenibili con la rieducazione post-ictus oppure con il fatto che la sintomatologia di alcune patologie neurodegenerative compare "solo"quando il danno è talmente esteso da non potere essere più compensato (ad esempio nel Parkinson non si hanno sintomi fino a che il 70% dei neuroni dopaminergici della substantia nigra non sono morti).
E' noto da tempo che la struttura fine del cervello, vale a dire le connessioni neuronali e la neurochimica (in sintesi il wiring), è  in continuo divenire con il picco di modificazioni che si raggiunge prima dell'età adulta. Ogni nuova esperienza agisce sul wiring in modo più o meno esteso e con risultati potenzialmente di lungo periodo, positivi o negativi (come nel caso dello stress post-traumatico, vedi anche QUI) che siano. La plasticità si attua sia a livello cellulare (grazie a nuove connessioni o alla variazione di densità dei recettori sinaptici, come avviene durante apprendimento e memoria) che mediante rimappaggio corticale, più comune nel processo di recupero da lesioni cerebrali.

Per capire l'entità di questa plasticità pensiamo alla storia recente dell'essere umano e a come ad ogni generazione il cervello "vergine" si sia sempre dimostrato in grado di adeguarsi a stimoli assenti nelle generazioni precedenti. Nell'ultimo migliaio di anni l'accumulo di conoscenze e di abilità "non naturali" (cioè non proprie della nostra specie) è stato progressivo ed ha subito un aumento più che esponenziale negli ultimi anni quando la cultura digitale è penetrata in ogni alveo esperienziale dei giovani. Ognuno dei quali possiede, ovviamente, un corredo genetico di fatto identico a quello degli abitanti del neolitico, ma che non di meno non mostra esitazione alcuna nel padroneggiare un tablet nel giro di pochi giorni dal primo utilizzo.

Di fronte a questi nuovi e inusitati stimoli le reazioni comuni oscillano tra chi profetizza una generazione di persone con il cervello "in pappa" a causa dell'eccessiva dedizione agli strumenti digitali e chi ritiene che questo intercalarsi con le nuove tecnologie sia inevitabile e non stressante per un organo come il cervello... se opportunamente mediato.

Media, multitasking e cervello
Ma cosa succede (sempre che qualcosa succeda) nel cervello di chi usa frequentemente dispositivi multimediali? A trovare questa risposta si è dedicato un team dell'università del Sussex i cui risultati sono stati sono pubblicati nel numero di settembre di PLoS ONE.
Lo studio è stato effettuato mediante tecniche di risonanza magnetica funzionale (fMRI) su 75 volontari, ciascuno dei quali ha compilato al momento dell'ammissione al gruppo di studio un questionario volto a scoprire l'intensità di utilizzo dei dispositivi multimediali, dal tablet fino ai media classici.
La ACC è coinvolta nei processi di controllo cognitivo ed emozionale.
(®Loh & Kanai - Univ of Sussex)
Al netto dei profili caratteriali individuali, la costante che emerge è che coloro che sono soliti usare più strumenti multimediali e in contemporanea (questo è l'elemento chiave) mostra in maniera riproducibile una piccola diminuzione nella densità della materia grigia nella parte del cervello nota come corteccia cingolata anteriore (ACC), regione coinvolta nell'attribuzione di valore emotivo ad eventi interni o esterni.

I risultati non sono in contraddizione con i dati precedenti che indicavano un legame tra intensa attività su supporti digitali e problemi emotivi come depressione e l'ansia. Ma questo non deve preoccupare in quanto, secondo gli autori, il nesso rilevato non sarebbe causale ma più probabilmente dovuto ad un legame funzionale tra attività svolta e funzioni delle zone coinvolte.
Chiaramente "è ancora presto per trarre conclusioni" chiosa uno degli autori, Kep Kee Loh. "Anche se non si può escludere che gli individui con riduzione nella densità del ACC siano più propensi ad eccedere nei multitasking con i nuovi media a causa della debole capacità di controllo cognitivo o di stabilità socio-emotiva, è altrettanto plausibile che le modifiche siano degli epifenomeni. Solo uno studio longitudinale potrà rispondere circa l'esistenza di un nesso di causalità ".

Lo studio è il primo ad indagare il legame tra utilizzo contemporaneo di più media e struttura del cervello.

Fonte
- Brain scans reveal ‘grey matter’ differences in media multitaskers
University of Sussex, news
-  Higher Media Multi-Tasking Activity Is Associated with Smaller Gray-Matter Density in the Anterior Cingulate Cortex 
Loh KK, Kanai R (2014)  PLoS ONE 9(9)

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