Non passa settimana oramai senza che vi sia l'annuncio del lancio di un nuovo dispositivo tecnologico indossabile che promette di fornirci dati in tempo reale sui parametri più svariati, fisiologici e non.
Abbiamo solo l'imbarazzo della scelta tra Google-Glass e cinturini di varia forma e natura pensati sia per lo sport (misuratori di battito cardiaco, percorso fatto, calore bruciate) che come aiuto in grado di fornire le informazioni (mail, brano musicale, messaggistica) veicolate allo smartphone senza doverlo estrarre dalla tasca. E mi sono limitato alle funzionalità base tralasciando i cinturini che monitorano caratteristiche personali (abitudini alimentari, qualità del sonno, attività fisica, ...) e quelli di monitoraggio in remoto, siano essi ad uso militare o per il controllo ambientale.
Abbiamo solo l'imbarazzo della scelta tra Google-Glass e cinturini di varia forma e natura pensati sia per lo sport (misuratori di battito cardiaco, percorso fatto, calore bruciate) che come aiuto in grado di fornire le informazioni (mail, brano musicale, messaggistica) veicolate allo smartphone senza doverlo estrarre dalla tasca. E mi sono limitato alle funzionalità base tralasciando i cinturini che monitorano caratteristiche personali (abitudini alimentari, qualità del sonno, attività fisica, ...) e quelli di monitoraggio in remoto, siano essi ad uso militare o per il controllo ambientale.
E siamo solo all'inizio.
La corsa alla miniaturizzazione dei sistemi di monitoraggio non ha solo finalità legate alla sfera militare o all'area "utility". Mi riferisco ad esempio ai dispositivi pensati per sia la ricerca biomolecolare che per la clinica. Se al primo caso appartengono i cosiddetti "lab on a chip", in grado di raggruppare all'interno di un singolo chip diverse funzioni come separazione di cellule specifiche, estrazione del DNA e analisi, al secondo caso appartengono strumenti che già oggi permettono di monitorare in tempo reale parametri come glicemia, fornendo così al soggetto diabetico insulina solo quando necessario.
La corsa alla miniaturizzazione dei sistemi di monitoraggio non ha solo finalità legate alla sfera militare o all'area "utility". Mi riferisco ad esempio ai dispositivi pensati per sia la ricerca biomolecolare che per la clinica. Se al primo caso appartengono i cosiddetti "lab on a chip", in grado di raggruppare all'interno di un singolo chip diverse funzioni come separazione di cellule specifiche, estrazione del DNA e analisi, al secondo caso appartengono strumenti che già oggi permettono di monitorare in tempo reale parametri come glicemia, fornendo così al soggetto diabetico insulina solo quando necessario.
Un laboratorio in un Chip (©gene-quantification.de) |
Ovvio quindi che i sensori indossabili siano al centro dell'interesse per la pletora di applicazioni che essi permettono di immaginare.
Se alla immaginazione non vi è limite, l'ostacolo principale è nella disponibilità di sensori indossabili, siano essi sensori fotometrici o elettrochimici, che rappresentano il cuore di un qualunque strumento non invasivo finalizzato a
misurare (e a convertire in segnali elettrici) il livello di costituenti
chimici presenti nella saliva, nel sudore o anche nelle lacrime.
- Sensori fotometrici. Ad esempio biosensori ottici che utilizzano il fenomeno della risonanza plasmonica di superficie (SPR). I plasmoni sono onde elettromagnetiche superficiali che si propagano in direzione parallela all'interfaccia tra metallo e materiale dielettrico.
- Sensori elettrochimici. Qualunque sensore basato su una reazione che produce o consuma elettroni.
Ed è proprio qui, nella carenza di sensori non invasivi ultra-affidabili il vero collo di bottiglia tecnologico.
Ma quando c'è un mercato miliardario (come numero di utenti e come ricavi) le probabilità di successo tendono ad aumentare considerevolmente. In particolare sono i sensori elettrochimici, le cui dimensioni sono tali da essere facilmente indossati, ad essere il nucleo della rivoluzione a livello consumer. Piccole dimensioni, elevate prestazioni e basso costo produttivo, sono i cardini su cui lavorano le aziende.
La strategia dietro il business è quella di coniugare la crescente consuetudine in ampie fasce della popolazione nell'uso di smartphone (ampiamente indotta grazie ad un marketing pervasivo iniziato una decina di anni fa) con lo sviluppo di App dedicate in grado di trasformare il telefono (eventualmente associato ad altri dispositivi tascabili) in un bionsensore.
La strategia dietro il business è quella di coniugare la crescente consuetudine in ampie fasce della popolazione nell'uso di smartphone (ampiamente indotta grazie ad un marketing pervasivo iniziato una decina di anni fa) con lo sviluppo di App dedicate in grado di trasformare il telefono (eventualmente associato ad altri dispositivi tascabili) in un bionsensore.
Tra i dispositivi dedicati al grande pubblico in arrivo nei prossimi mesi abbiamo l'iWatch di Apple che, secondo le informazioni riportate in un recente articolo pubblicato sul Wall Street Journal, sarà dotato di più di 10 sensori. Sebbene la tipologia dei sensori sia ancora top-secret (e Apple è una maestra in questa riservatezza), il consensus degli analisti indica tra i biosensori presenti il cardiofrequenzimetro, misuratori di pressione arteriosa e di glicemia fino rilevatori dello stato di idratazione.
L'annuncio è atteso prima dell'autunno e, verosimilmente, coinciderà con il lancio del nuovo iPhone.
L'annuncio è atteso prima dell'autunno e, verosimilmente, coinciderà con il lancio del nuovo iPhone.
Fonte
Non-invasive wearable electrochemical sensors: a review
Trends in Biotechnology Volume 32, Issue 7, p363–371, July 2014
Nessun commento:
Posta un commento