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Una bolla sferica nella Via Lattea

Cosa potrebbe essere quell’area dello spazio che appare così perfettamente sferica tale da essere stata stata chiamata Teleios (“perfezione”)? 
(Filipović et al., arXiv, 2025)
Secondo un articolo apparso su arXiv, si tratterebbe del risultato di una particolare supernova che ha spazzato via in modo simmetrico tutto il materiale circostante.
La scoperta è stata fatta mediante il radiotelescopio Askap (Australian Square Kilometre Array Pathfinder) che annovera tra le precedenti scoperte gli Orcs (Odd Radio Circles di cui ho scritto QUI). Durante lo studio i ricercatori si sono accorti di una debole luminosità (a lunghezze d’onda lunghe quali le onde radio) associata che faceva pensare ai resti di una supernova di tipo Ia. Ricordo che queste supernova si verificano nei sistemi binari costituiti da una nana bianca e altra stella (in genere più grande e meno densa) da cui la nana bianca cattura materia fino a raggiungere la soglia di massa che innesca la supernova.
Quanto dista da noi? Difficile dirlo con certezza ma si stimano distanze 7-25 mila anni luce, una differenza che ovviamente ha implicazioni sulla dimensione e l’età di questa bolla che sarebbe di 46 o 157 anni luce e 1000 o 10.000 anni, rispettivamente. 
Uno dei problemi nella sua caratterizzazione è data dalla mancata rilevazione di raggi X che invece sono prodotti dalla supernove Ia. Una assenza che ne cambia la classificazione da Ia a Iax, che si differenzia per il fatto che la nana bianca presente non sia andata completamente distrutta (generando una stella di neutroni o un buco nero) lasciando come residuo una stella “zombie”. Se questo fosse il caso, la bolla si troverebbe a 3 mila anni luce da noi e avrebbe un diametro di 11 anni luce.

La stranezza della perfetta sfericità è considerato un fenomeno raro ma non impossibile e sarebbe dovuto al fatto che è avvenuta in una regione di spazio con poco gas e polvere interstellare.


Fonte
Teleios (G305.4-2.2), the mystery of a perfectly shaped new Galactic supernova remnant
Miroslav D. Filipovic et al, (2025) arXiv:2505.04041 [astro-ph.HE]

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Un picco di dopamina cancella le memorie legate alla paura

La sindrome di stress post-traumatico (vedi articoli precedenti seguendo il tag PTSD) colpisce sia i militari di ritorno da teatri di guerra che le vittime di aggressioni e abusi, e rappresenta un problema sanitario importante anche perché di lungo periodo e con gravo conseguenze sulla qualità della vita delle persone colpite (e dei loro familiari).
Negli ultimi anni si è scoperto, grazie ai modelli murini, l’importanza della dopamina, un neurotrasmettitore coinvolto nella regolazione dell'umore, della motivazione e della risposta allo stress. Alcune ricerche suggeriscono che alterazioni nel sistema dopaminergico possano contribuire ai sintomi del PTSD, influenzando la capacità di elaborare le esperienze traumatiche e modulare le risposte emotive.
La PTSD è associata a disfunzioni neurotrasmettitoriali causate da fattori ormonali attivati dallo stress, che possono cronicizzare anche dopo essere venuti meno gli eventi traumatici originali, e con gli episodi acuti riattivati da "triggers" indiretti come ad esempio una porta che sbatte.
Il sistema dopaminergico interagisce con altre componenti neurobiologiche coinvolte nel PTSD, come l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, che regola la produzione di cortisolo e la risposta allo stress.

Avere identificato il sistema dopaminergico come parte in causa del problema permette, potenzialmente, di ipotizzare terapie mirate a ristabilire l’equilibrio nel sistema mediante farmaci modulanti i livelli di dopamina.
Tra i farmaci in uso noti per agire (anche) sui livelli di dopamina vale la pena citare antidepressivi come gli SSRI e gli SNRI, utilizzati per migliorare la regolazione dell'umore e ridurre l'ansia, sebbene il loro effetto sulla dopamina sia indiretto. Alcune ricerche stanno esplorando l'uso di antipsicotici e modulatori dopaminergici per trattare specifici sintomi del PTSD, come le risposte emotive eccessive e la difficoltà di elaborazione del trauma.
In un recente articolo pubblicato sulla rivista PNAS, si riporta la scoperta che quando la dopamina agisce sui neuroni di una specifica area della amigdala**(1) nota come amigdala basolaterale (BLA)(2), si innesca un meccanismo di "sovrascrittura" delle precedenti memorie capaci di innescare paura, capace  di indurre l'estinzione della paura quando il pericolo è passato.
Fenomeno ben visibile in natura negli erbivori. Subito dopo che il carnivoro di turno (leone, etc) ha catturato la sua preda, gli altri componenti della mandria prima impaurita si fermano a brucare come se nulla fosse successo.
I neuroni che producono questa dopamina si trovano in una regione del cervello nota come area tegmentale ventrale (VTA) (3). Sebbene lo studio sia stato condotto su modelli murini è ben ricordare che le stesse aree esistono negli esseri umani, aree evolutivamente conservate essendo finalizzate agli stessi meccanismi comportamentali.
Tale osservazione suggerisce che i neuroni della BLA potrebbero essere un bersaglio per farmaci che aiutano a trattare condizioni legate alla paura come il disturbo post-traumatico da stress.

Fonte
Dopamine induces fear extinction by activating the reward-responding amygdala neurons
X. Zhang et al. (2025) PNAS



  1. L'amigdala, area cerebrale che fa parte del sistema limbico, ha un ruolo chiave nella regolazione delle emozioni, in particolare della paura e della risposta agli stimoli minacciosi, e nel consolidamento dei ricordi emotivi. Quando percepiamo un pericolo, l'amigdala attiva il meccanismo di "attacco o fuga", preparando il corpo a reagire rapidamente. Nei soggetti affetti da PTSD si nota spesso una iperattivazione della amigdala che si traduce in ipervigilanza, ansia intensa e difficoltà nel regolare le emozioni. Inoltre, il PTSD è associato a una ridotta capacità della corteccia prefrontale di modulare l'attività dell'amigdala, rendendo difficile la gestione delle reazioni emotive (un fenomeno ben evidente nei bambini, in cui il circuito che collega corteccia prefrontale e amigdala non è ancora pienamente sviluppato, il che spiega perché eventi "paurosi" (come un film) inducono paure prolungate anche quando i bambini sono consapevoli che si tratta di eventi fittizi.
  2. La BLA è una regione chiave dell'amigdala coinvolta nella regolazione delle emozioni, in particolare nella memoria della paura e nei processi di apprendimento associativo. Questa area riceve informazioni sensoriali dalla corteccia cerebrale e dall'ippocampo, elaborandole per modulare le risposte emotive e comportamentali. Coinvolta in fenomeni come: la memoria della paura (consolidamento dei ricordi legati a esperienze traumatiche); apprendimento associativo (stimoli neutri vengono associati a risposte emotive); regolazione della risposta allo stress; influenza sul comportamento (comunica con il nucleo accumbens e altre strutture per influenzare la motivazione e la presa di decisioni).
  3. La VTA è una delle principali produttrici di dopamina nel cervello ed è centrale nei meccanismi di ricompensa, motivazione e apprendimento emotivo. La VTA invia dopamina alla BLA, modulando la risposta emotiva agli stimoli stressanti e influenzando la memoria della paura. Studi recenti suggeriscono che la dopamina rilasciata dalla VTA nella BLA non solo rafforza i ricordi della paura, ma (la scoperta di cui si è parlato in questo articolo) è anche coinvolta nel processo di estinzione della paura, aiutando il cervello a riconoscere quando un pericolo non è più presente.


Alzheimer. Nuovi bersagli terapeutici negli enzimi astrocitari che producono il GABA

Gli astrociti, cellule cerebrali che un tempo si pensava avessero solo un ruolo di supporto ai neuroni, sono oggi sotto i riflettori data la loro capacità di influenzare attivamente le funzioni cerebrali.
Una funzione (quella di manutentori e ripulitori) che può prendere una direzione non voluta in presenza di placche amiloidi.
Per approfondimenti circa le potenziali cause della malattia (ipotesi amiloide e non solo) vedi l'articolo precedente. QUI invece un approfondimento sui soggetti che non manifestano alcun sintomo pur essendo portatori delle mutazioni causali l'alzheimer precoce. 
Nella malattia di Alzheimer, gli astrociti diventano reattivi in risposta alla presenza di placche di beta-amiloide (Aβ).
Mentre gli astrociti tentano di eliminare queste placche, il processo innesca una reazione a catena che peggiora la sopravvivenza cellulare. Inizialmente, i detriti cellulari e le placche vengono catturati tramite autofagia a cui segue la loro degradazione attraverso il ciclo dell'urea. Tuttavia, tale processo degradativo provoca una sovrapproduzione di GABA (neurotrasmettitore inibitorio), che riduce l'attività cerebrale e porta a disturbi della memoria. Il processo genera anche perossido di idrogeno (H₂O₂), un sottoprodotto tossico che causa ulteriore morte neuronale esitando in processi neurodegenerativi

Un team di ricercatori coreani ha iniziato ad indagare la causa dell'eccessiva produzione di GABA, sperando di trovare un modo per bloccarne selettivamente gli effetti dannosi senza interferire con altre funzioni cerebrali. Utilizzando approcci di analisi molecolare, imaging ed elettrofisiologia, i ricercatori hanno identificato SIRT2 e ALDH1A1 come enzimi critici coinvolti nella sovrapproduzione di GABA negli astrociti dei malati di Alzheimer.
Nello specifico è stato riscontrato (usando un modello murino di Alzheimer) un aumento della proteina SIRT2 negli astrociti, dato confermato (post-mortem) anche nel cervello di pazienti affetti da Alzheimer.

Gli effetti collaterali della rimozione delle placche amiloidi operata dagli astrociti
(credit: Molecular Neurodegeneration)

A conferma del nesso causale, l'effetto positivo sul recupero della memoria ottenuto inibendo SIRT2 (e a cascata minore espressione di GABA) negli astrociti dei topi malati. 
Recupero mnemonico parziale in quanto limitato alla sola memoria a breve termine (memoria di lavoro) senza invece alcun miglioramento nella memoria spaziale.
SIRT2 partecipa all'ultima fase della produzione di GABA, mentre il perossido viene prodotto nella fase iniziale del processo. È quindi possibile che l'H₂O₂ venga prodotta e rilasciata continuamente dalle cellule anche in assenza di SIRT2; in conseguenza la degenerazione neuronale potrebbe continuare anche usando farmaci che riducono la produzione di GABA, da cui il limite intrinseco a questa terapia se usata singolarmente.

Dato importante emerso dallo studio è stata l'identificazione di SIRT2 e ALDH1A1 come bersagli a valle, scoperta che consentirà ai ricercatori di separare tra loro gli effetti (deleteri) causati dall'eccesso di GABA e di H₂O₂, pesando il contributo individuale.



Fonte
SIRT2 and ALDH1A1 as critical enzymes for astrocytic GABA production in Alzheimer’s disease
Mridula Bhalla et al, (2025) Molecular Neurodegeneration volume 20, Article number: 6 


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