Uno studio condotto dalla univesità di Yale suggerisce che tra le persone anziane risultate positive al SARS-CoV-2, il tasso di ospedalizzazione (quindi gravità dei sintomi) era inferiore nei soggetti in tratttamento con farmaci anti-ipertensivi della classe ACE-inibitori.
Come noto il virus utilizza come "porta" di ingresso il recettore ACE2, presente nelle pareti arteriose, cardiache, renali e intestinali, ma particolarmente abbondante nelle cellule alveolari dell'epitelio polmonare.
Nota. I livelli di ACE2 aumentano in chi fuma (ma non pare persistere in chi ha smesso) e in chi soffre di COPD, un dato che indica la loro maggiore suscettibilità all'infezione.
Il recettore ACE non pare invece essere riconosciuto dal virus ma è esso stesso il bersaglio dell'attività di ACE2 che controbilancia l'azione vasocostrittrice tipica di ACE.
Image credit: The Conversation (CC BY-SA) |
Tale funzionalità di ACE spiega il razionale dell'utilizzo di farmaci ACE-inibitori nel trattamento della ipertensione (per dettagli sul meccanismo d azione di tali farmaci vi rimando al --> sistema renina-angiotensina).
Per precisione due sono le classi di farmaci che agiscono su questo sistema: molecole che bloccano il recettore della angiotensina (ARB, angiotensin receptor blockers, agenti sui recettori AGTR-1 e -2) e molecole che agiscono sul ACE (angiotensin-converting enzyme, che catalizza la formazione di angiotensina 2, l'effettore della vasocostrizione). I primi sono in genere preferiti perché con meno effetti collaterali.
Image credit: The Conversation (CC BY-SA)
Farmaci che agiscono su un sistema "hackerato" dal coronavirus hanno da subito sollevato l'interesse dei ricercatori. L'idea di partenza era capire se qualcuno dei farmaci già in uso e ampiamente diffuso nella popolazione fosse associato ad una variazione (in positivo o negativo) del rischio di ammalarsi di covid-19.
Proprio il lavoro condotto da un team di ricercatori di Yale che hanno incrociato i dati tra le prescrizioni di questi farmaci e il tasso di ricovero per sintomatologie acute da coronavirus.
Lo studio, preliminare in quanto ancora non sottoposto a peer-review, è stato pubblicato sul sito medRxiv in attesa di passare al vaglio di riviste specializzate del settore.
In breve questi i dati.
Lo studio retrospettivo ha riguardato circa 10 mila pazienti affetti da ipertensione (con almeno una prescrizione per farmaci ARB o ACE) risultati positivi al SARS-CoV-2.
Dal confronto tra tasso di ospedalizzazione e trattamenti in essere, i ricercatori hanno notato che chi usava gli ACE-inibitori aveva un tasso di ricovero inferiore del 40% rispetto ai non trattati o a chi usava farmaci di classe diversa.
- L'effetto protettivo non è generale ma si riferisce SOLO ai pazienti anziani".
- Nessuna "protezione" aggiuntiva appare associata all'uso di ARB.
- In nessun caso le due tipologie di farmaci alterano il tasso di mortalità tra gli individui ospedalizzati.
In conclusione sembra che l'azione protettiva agisca sulla "riduzione" del rischio ospedalizzazione per le persone anziane che già assumono ACE-inibitori, e NON nel decorso della malattia nei casi più gravi.
Il dato è interessante non per lo sviluppo di terapie preventive (devi essere già sotto trattamento ed essere anziano perché l'effetto emerga) ma come strumento di stratificazione del rischio nella popolazione.
Se confermato in studi su larga scale, potrebbe incentivare lo studio dei meccanismi d'azione che spiegano tale effetto protettivo in modo che possa essere esteso anche a soggetti con patologie diverse da quella ipertensiva.
Fonte
- Association of Angiotensin-Converting Enzyme Inhibitors and Angiotensin Receptor Blockers with the Risk of Hospitalization and Death in Hypertensive Patients with Coronavirus Disease-19
Rohan Khera et al, posted on medrxiv May 19, 2020
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