Siamo ben lontani dall'avere superato l'emergenza covid19 e il periodo di quiete che stiamo vivendo ora è solo frutto delle condizioni meteo non particolarmente adatte a questo tipo di virus. In attesa che arrivino i risultati degli studi campione sulla sieropositività della popolazione nelle regioni colpite, vale
la pena quindi seguire gli studi miranti a massimizzare l'efficacia
del triage verso le ICU, utili qualora dovessimo affrontare di nuovo la crisi dei mesi passati.
Detto per inciso il test sierologico dovrebbe essere esteso a tutti i prelievi di sangue fatti per altri motivi e in generale a tutti coloro che hanno lavorato durante la quarantena anche in ambiti non ospedalieri. Il dato certo è che solo ieri sono risultati positivi al tampone poco meno di 300 persone; sebbene il titolo virale sia basso (minimo rischio contagio) e i soggetti asintomatici si tratta di un chiaro segnale dell'esistenza di serbatoi del virus che oggi sono contenuti solo dalle condizioni climatiche non favorevoli a questo virus (fortunatamente diverso dall'agente causale della MERS). Una panoramica dei focolai in giro per l'Europa la trovate --> QUI.
Uno studio interessante a tal proposito viene dalla università di Yale (citata su queste pagine qualche settimana fa) al momento disponibile sul sito MedRxiv in attesa che venga completata la peer review.
Oggetto dello studio, lo sviluppo di uno strumento diagnostico predittivo che permetta, usando una serie di parametri clinici, di identificare tra le persone sintomatiche che si presentano al pronto soccorso, quelli che hanno maggiore probabilità di subire un repentino aggravamento delle condizioni di salute.
Oggetto dello studio, lo sviluppo di uno strumento diagnostico predittivo che permetta, usando una serie di parametri clinici, di identificare tra le persone sintomatiche che si presentano al pronto soccorso, quelli che hanno maggiore probabilità di subire un repentino aggravamento delle condizioni di salute.
Articoli tematici curati dalla università di Yale --> qui |
Un tratto distintivo di COVID-19 è l'imprevedibilità del decorso della malattia una volta sviluppati sintomi che superino la soglia di "malessere stagionale". Un fatto questo ben noto agli operatori sanitari che hanno notato in un numero non secondario di persone il non prevedibile aggravamento delle condizioni circa 24h dopo il ricovero.
Il conseguente trasferimento dei pazienti ai reparti di terapia intensiva si accompagna a diverse criticità. Dal lato gestionale espone gli operatori a rischi supplementari di esposizione al virus e ad una non facile gestione dei posti letto disponibili che, come abbiamo visto nei mesi passati, porta ad una rapida saturazione delle ICU. Dal lato paziente l'entrata nei reparti di terapia intensiva si associa ad un aumento del rischio di complicazioni legato alla particolarità dei trattamenti e della immobilità forzata a cui sono esposti.
Prevedere in anticipo chi potrebbe aggravarsi avrebbe un duplice vantaggio: pianificazione espansione posti necessari; intervento rapido che potrebbe impedire l'aggravamento e con esso il trasferimento ai reparti ICU.
Il conseguente trasferimento dei pazienti ai reparti di terapia intensiva si accompagna a diverse criticità. Dal lato gestionale espone gli operatori a rischi supplementari di esposizione al virus e ad una non facile gestione dei posti letto disponibili che, come abbiamo visto nei mesi passati, porta ad una rapida saturazione delle ICU. Dal lato paziente l'entrata nei reparti di terapia intensiva si associa ad un aumento del rischio di complicazioni legato alla particolarità dei trattamenti e della immobilità forzata a cui sono esposti.
Prevedere in anticipo chi potrebbe aggravarsi avrebbe un duplice vantaggio: pianificazione espansione posti necessari; intervento rapido che potrebbe impedire l'aggravamento e con esso il trasferimento ai reparti ICU.
Lo strumento sviluppato, chiamato indice di gravità COVID-19, permette di valutare il rischio individuale con il semplice inserimento da parte degli operatori di tre parametri base rilevati al momento del ricovero: frequenza respiratoria, livello di saturazione ossigeno e quantità di ossigeno supplementare somministrato mediante cannula nasale.
Per sviluppare l'algoritmo diagnostico, i ricercatori hanno utilizzato i dati di 1000 adulti positivi al COVID-19 trattati dal 1 marzo al 22 aprile in nove reparti di emergenza nell'area afferente a Yale-New Haven.
Sono stati esclusi dal campione coloro che le cui condizioni si sono rivelate critiche entro le prime 4 ore dal ricovero. Tra i soggetti del campione "approvato" il numero di pazienti che ha manifestato un peggioramento critico della funzionalità respiratoria è di circa il 12%. E' sulla distinzione intrinseca tra questi individui e il resto del campione che si è focalizzata la domanda dello studio: tra i parametri raccolti durante l'anamnesi ve ne sono di utili per prevedere il decorso?
Sono stati esclusi dal campione coloro che le cui condizioni si sono rivelate critiche entro le prime 4 ore dal ricovero. Tra i soggetti del campione "approvato" il numero di pazienti che ha manifestato un peggioramento critico della funzionalità respiratoria è di circa il 12%. E' sulla distinzione intrinseca tra questi individui e il resto del campione che si è focalizzata la domanda dello studio: tra i parametri raccolti durante l'anamnesi ve ne sono di utili per prevedere il decorso?
L'ampia mole di dati raccolta (dai dati demografici a quelli clinici) è stata sottoposta a vari metodi di apprendimento automatico che ha permesso di identificarne i tre principali di cui sopra.
I medici stanno pianificando uno studio multi-ospedaliero per convalidare ulteriormente l'indice ed è per questo che l'hanno reso disponibile online (l'algoritmo si trova su covidseverityindex.org)
Fonte
- Development and validation of the COVID-19 severity index (CSI): a prognostic tool for early respiratory decompensation
Adrian Haimovich et al (2020) medRxiv
- Development and validation of the COVID-19 severity index (CSI): a prognostic tool for early respiratory decompensation
Adrian Haimovich et al (2020) medRxiv
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