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Influenza 2018. L'alto numero di casi non stupisce

Nelle ultime settimane si è registrato un picco inusitato (per le medie di periodo) di malati di influenza.
I numeri dell'Istituto Superiore di Sanità parlano di superamento dei casi registrati durante la pandemia del 2009-10, con numeri simili a quelli registrati nel 2004, sebbene con un numero inferiore di decessi (ad oggi 30 in Italia).
I più colpiti sono i bambini sotto i 5 anni (circa 3%), seguiti dal gruppo fino a 14 anni (1,6 %) e dai giovani adulti. I casi più gravi sono in gran parte a carico degli over-60.
Non tutte le influenze sono uguali e questo riflette la genetica del virus responsabile che ogni anno muta di quel tanto da riuscire a superare le barriere immunitarie sviluppate dall'ospite durante l'infezione dell'anno prima. Le pandemie (picchi di casi su scala globale) sono la conseguenza della comparsa di un ceppo "più diverso del solito", tale da rendere inefficaci i sistemi di difesa immunitaria sviluppati nel corso delle passate infezioni, e adeguatamente virulento da infettare un buon numero di persone.

L'influenza umana è causata da tre tipi di virus a RNA (noti come virus influenza A, B e C) di cui il tipo B è presente solo nell'uomo e il tipo C ha effetti molto blandi se non asintomatici. Il principale accusato delle epidemie è il virus di tipo A data la sua capacità di infettare sia esseri umani che alcuni mammiferi e uccelli; da questa promiscuità la maggiore facilità a mutare in modo consistente con conseguente pandemia. Una delle caratteristiche del virus dell'influenza è l'avere un genoma suddiviso in 8 segmenti che potremmo alla lontana paragonare a mini cromosomi virali ("mini" in quanto contengono un solo gene per segmento). Ciascun virus "funzionante" dovrà essere dotato sia del pacchetto completo di informazioni genetiche (necessarie per tutte le loro funzioni, dalla modalità di infezione a come "ricondizionare" l'apparato cellulare alle proprie esigenze) che di un involucro su cui sono posizione proteine chiave per l'entrata nella cellula bersaglio. I geni chiave per capire il perché delle pandemie sono quelli che codificano per la neuraminidasi e la emoagglutinina, due proteine esposte all'esterno del capside virale.
La capacità di questi virus di eludere di anno in anno le difese immunitarie ha una doppia spiegazione. La classica variabilità annuale è legata al cosiddetto antigenic drift  (deriva antigenica) che porta all'emersione di mutanti in grado di sfuggire agli anticorpi generati durante l'influenza (anche se asintomatica) degli anni passati. Si tratta di mutazioni "di facciata", quel tanto che basta per non essere identificati nel momento in cui entrano nell'organismo. Prima che il sistema immunitario "aggiorni" le difese, il virus avrà tempo di fare più cicli di replicazione e di trasmettere all'esterno la progenie infettiva. In genere i malanni influenzali dovuti a questi ceppi sono più blandi rispetto a quelli dell'anno precedente, proprio perché il sistema immunitario ha "una idea di chi cercare" anche se si è "fatto un lifting" per sfuggire ai controlli. Nel caso delle pandemie il meccanismo "mutagenico" è diverso e si parla di antigenic shift (spostamento antigenico); qui la situazione si complica perché è come se il virus si fosse mischiato ad un consimile e avesse dato luogo ad un "individuo con carta d'identità e aspetto alterati". Il fenomeno origina in genere in un animale infettato contemporaneamente da due tipi di virus influenzali. Durante l'assemblaggio del virione può capitare che i segmenti di RNA originati dai due ceppi di virus si rimescolino generando così un virus che è ha alcune caratteristiche di ciascun ceppo parentale. La composizione in segmenti finale sarà ovviamente quella classica (8 segmenti ciascuno in singola copia) ma la diversità maggiore.
Influenza virus A
Esempio classico di quello che può avvenire è l'infezione contemporanea negli uccelli (molto spesso i polli) di un virus dell'influenza umana A e un virus dell'influenza aviaria A; tra la progenie virale "classica" è probabile che siano particelle virali, ascrivibili sempre al virus dell'influenza A, dotate di emoagglutinina "umana" e neuroaminidasi "aviaria".
Esistono 18 sottotipi di emoagglutinina (HI-H18) e 11 di neuraminidasi (N1-N11). Teoricamente potrebbe avvenire una qualsiasi combinazione delle 18 emoagglutinine e delle 11 proteine neuraminidasi, in realtà il collo di bottiglia è nella capacità di ciascuna di queste varianti di essere funzionali (pena l'immediata estinzione). Non a caso solo alcune di queste varianti sono state trovate negli animali infettati e ancora di meno sono quelle risultate capaci di infettare prima l'animale e poi l'essere umano. I soggetti più a rischio sono tra coloro che lavorano negli allevamenti; nel momento in cui emerge un virus capace non solo di infettare ma anche di replicarsi efficientemente in un essere umano, la strada alla pandemia è spianata. Per semplificare ancora il quadro, mentre il virus emerso dall'antigenic drift ha una fisiognomia (perdonatemi il paragone umano) che richiama quella originale salvo alcuni camuffamenti che rallenteranno il processo di scrutinio delle guardie immunitarie (che ci metteranno un po' di tempo a ridisegnare gli identikit da distribuire alle volanti che pattugliano il corpo) nel secondo caso si tratta di una "soggetto mai visto prima" e come tale ci vorrà del tempo prima che le difese acquisiscano le informazioni su chi devono cercare. Se il soggetto ha malattie pregresse o se a questa infezione si sommano quelle di altri microbi opportunisti, l'organismo non avrà il tempo o la capacità di reagire e finirà per soccombere (questa la ragione dei casi letali di influenza il cui numero percentuale aumenta nelle pandemie). In sintesi mentre i "bersagli" privilegiati delle influenze annuali sono i bambini (privi di "ricordi" antigenici registrati sugli anticorpi) e le persone anziane o malate, quando emerge un nuovo ceppo il bacino degli infettabili si amplia a dismisura.
Il virus di quest'anno è
H3N2, una combinazione allelica nota per essere particolarmente aggressiva e foriera di complicazioni.

Tale  variabilità annuale spiega per quale motivo i vaccini anti-influenzali abbiano "validità" annuale; non nel senso dell'efficacia della azione protettiva ma perché il ceppo dell'anno successivo cambierà. Ciascun vaccino viene creato qualche mese prima dell'arrivo nelle nostre regioni basandosi sulle caratteristiche del ceppo virale nei luoghi in cui è emerso, dato che si rispecchia nel nome del ceppo (influenza asiatica, Michigan, ...). Come tutti i vaccini, il trattamento è efficace solo se preso settimane prima del probabile contatto con il virus e avrà copertura limitata per quel particolare ceppo virale (o altri strettamente imparentati). Nonostante queste limitazioni la vaccinazione influenzale può fornire un aiuto decisivo per alcune categorie di persone a rischio.
Vaccinare i bambini è inoltre importante anche per limitare la diffusione del virus: i bambini, per una serie di ragioni biologiche e comportamentali sono il principale incubatore dei virus e fungono (come ben sanno i genitori) da centri di diffusione dei malanni stagionali.
Nota. Non tutti i virus causa di malattie "classiche" sono così variabili e questo si ripercuote nell'efficacia dei vaccini che in molti casi danno una copertura "a vita". L'esempio classico è il virus del morbillo talmente restio a mutare che una sola vaccinazione sarà sufficiente ad evitare per decenni ogni rischio di malattia (e di epidemie). Da qui emerge con forza la stupidità del rifiuto di questi vaccini che ha causato una serie di epidemie di morbillo (malattia ad alto rischio di complicazioni gravi) come non se ne vedevano dagli anni '50 (articolo precedente --> QUI)
Le ragioni del picco influenzale del 2018 sono quindi molteplici, riassumibili nella sua biologia (la particolare combinazione H e N di cui sopra) e nella limitata copertura del vaccino.
Riguardo quest'ultimo punto le cause sono duplici e vanno dalla limitata efficacia di quello disponibile quest'anno alla crescita del numero di persone non vaccinate. Se da un punto di vista tecnico il problema della scarsa efficacia del vaccino 2017-18 è conseguenza del fatto che il virus "dominante" è mutato proprio durante la produzione su larga scala dei vaccini (procedura fatta in uova di gallina) ad aggravare il problema vi è il fatto che i vaccini autorizzati sono due, il trivalente e il tetravalente. Il primo capace di coprire tre ceppi di influenza (due di tipo A e uno di tipo B), il secondo che aggiunge a questi un quarto ceppo (di tipo B).
Quale prescrivere è una scelta in genere legata al budget sanitario disponibile (in Italia tale attività sanitaria è delegata alle regioni) e questo ha fatto si che più del 60 per cento dei vaccini utilizzati fossero del tipo meno costoso (trivalente) con il risultato di una minore copertura, tanto più che nell'epidemia 2018 sta avendo un ruolo importante un virus di tipo B.
Se a questi problemi aggiungiamo che negli ultimi è sceso sensibilmente il numero di individui a rischio (bambini, anziani, malati e personale sanitario) che hanno usufruito della vaccinazione stagionale, si ottiene il risultato netto di una minore copertura globale a livello della popolazione e quindi la perdita della cosiddetta immunità collettiva (per dettagli su parametri come R0 vi rimando al precedente articolo --> "La nuova epidemia di morbillo: la stupidità si paga").



Fonti
Per semplicità sono state direttamente associate alle parole chiave in questo articolo a cui potete accedere tramite il semplice "clic" sulla parola.
Le fonti sono il Center for Disease Control americano (CDC), l'Istituto Superiore di Sanità (ISS) e ViralZone (il principale database virale).
Sarà una coincidenza ma l'unico sito che ancora non si è adattato ai requisiti di sicurezza del https è l'ISS italico che ancora "impone" un traffico attraverso l'obsoleto http. Quindi se quando cliccate sul link il browser vi fa comparire un avviso è solo causa del non essere una comunicazione cifrata.

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