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I cani ascoltano le parole e non solo le voci (o quasi)

Chiunque abbia convissuto con un cane sarà pronto a testimoniare che il suo amico peloso era in grado di capirlo quando gli si parlava.
I più dubbiosi ribatteranno però che è il tono della voce, più che il contenuto verbale, ad essere percepito dal cane.
E su questo dibattito è difficile prendere una posizione data sia la tendenza generale ad umanizzare l'animale che per l'effettiva capacità di molti cani (anche se ho dubbi su quelli chiassosi e nevrastenici di piccola taglia) di riconoscere parole diverse (tipo "pallina", "rossa" e "prendi") e associarle ad una azione.
Chaser e gli oggetti che riconosce
(credit: The Independent)
Un esempio oramai classico è quello di Chaser, un border collie della Carolina del Sud che si è dimostrato capace di riconoscere fino a 1022 parole (vedi il sito), il tutto validato da test associativi condotti da esperti.
Al di là delle esperienze personali, l'unico modo per giungere a risultati affidabili è l'analisi dei circuiti cerebrali che vengono attivati da parole specifiche e l'influenza della tonalità nella trasmissione del messaggio. Sappiamo bene infatti quanto la stessa frase detta con tonalità diversa (neutra o emozionalmente ricca) venga da noi percepita in modo diverso; l'esempio classico è quello di un testo letto da un computer che ci "suona" come altamente dissonante anche se le singole parole sono pronunciate correttamente (vi ricordate i vecchi annunci alla stazione?).

Proprio su questo tema vale la pena segnalare uno studio pubblicato su  Current Biology, da un team della università del Sussex, il cui autore principale, Victoria Ratcliffe, è la giovane dottoranda ripresa nella foto qui a lato.

Negli esseri umani la "comprensione" delle parole è il risultato di un processamento distinto operato dai due emisferi cerebrali. L'emisfero sinistro analizza la parte verbale di una parola mentre l'emisfero destro lavora sia sulla componente emotiva legata al tono della frase che nella identificazione del sesso della voce di chi parla, oltre a svolgere un ruolo centrale nel comprendere una musica.
Comprendere le differenze funzionali associate a ciascun emisfero deve molto allo studio di quegli sfortunati individui che in seguito ad un incidente si sono trovati a dover convinvere con anomalie percettive estremamente peculiari. Ad esempio l'incapacità di comprendere il significato di una parola ascoltata e a loro nota (rimanendo però in grado di nominare tale termine se l'oggetto viene loro mostrato) oppure di capire dal tono della voce l'intenzione sottesa dell'interlocutore. La correlazione tra il sito della lesione e l'anomalia percettiva è stata la chiave per mappare funzionalità specifiche nei due emisferi o in regioni molto specifiche degli stessi.

A questo proposito bisogna ricordare che dato che l'orecchio destro si interfaccia direttamente all'emisfero sinistro del cervello, è l'orecchio destro quello che ha un ruolo dominante nell'elaborazione rapida del significato dei suoni; viceversa, l'orecchio sinistro domina nel comprendere il contenuto tonale (emozionale) di un suono.
Studi oramai classici hanno dimostrato come questa dicotomia funzionale non sia una esclusiva umana ma è presente anche in altri mammiferi. Nessuno aveva però finora studiato in dettaglio il fenomeno negli animali domestici e in particolare per quanto riguarda la capacità "eventuale" di comprendere la vocalizzazione tipica della propria specie.

Lo studio è consistito nell'analisi comportamentale (niente di intrusivo) di cani di tutte le razze per un totale di 250 animali. Ciascuno di essi è stato posizionato in modo tale da avere un altoparlante su ciascun lato della testa; sono state quindi prodotte combinazioni di parole (sensate o con suono simile ad una parola sensata ma del tutto prive di senso) e di intonazioni (dal neutro prodotto da un computer a quello emotivo di un essere umano) come quello associato a un rimprovero.
Per capirci alcune combinazioni erano parole che suonano come "vieni" e "qui" e in parallelo "niesi" e "qui"; sia in tono giocoso che con una pronuncia neutra o da elaboratore vocale.
In contemporanea ad ogni comando verbale si registrava la direzione verso la quale il cane volgeva la testa, cioè verso il diffusore sinistro o verso il diffusore destro (ricordo che il suono è in stereo e quindi la torsione della testa era solo indice dell'emisfero "operativo").
Il modello che è emerso da questi test è abbastanza chiaro: quando il cane gira la testa a destra è perché è il suo emisfero sinistro ad avere giocato il ruolo chiave nella elaborazione del suono. Viceversa quando si gira verso destra. Nel dettaglio, quando un cane sentiva una parola "sensata" (cioè una parola che ha imparato ad associare ad una azione/oggetto), nell'80% dei casi girava la testa verso destra, segno che era stato l'emisfero sinistro a svolgere l'azione dominante. Quando invece nel comando prevaleva la componente emotiva, la testa si voltava verso sinistra.
Il dato mostra indubbiamente una capacità di distinguere sequenze di suoni significativi da quelli insignificanti. Attenzione però, ci si riferisce sempre e solo a parole che il cane aveva precedentemente imparato a "riconoscere" e non a sequenze di parole nuove o non ancora fissate nella loro memoria associativa. Utilizzare parole "sconosciute" ha il solo effetto di mandare i cani in confusione dato che si tratta di input per loro privi di senso (anche se per noi lo hanno). In quest'ultimo caso è probabile che la componente emotiva (tonale) è l'unica riconoscibile dal cane.
Quando si interagisce con un cane ha quindi ben poco senso fare discorsetti di rimprovero o di congratulazione (tipico della mia vicina di casa), dato che pur "cercando di capire" cosa diciamo, il nostro povero amico capterà solo un profluvio di suoni privi per lui di significato e sicuramente "ansiogeni" 
Negli esseri umani la elaborazione è ovviamente più complessa. Nella comprensione di una frase intervengono in contemporanea molte aree specifiche del cervello, tra cui quelle coinvolte nel linguaggio. Vedere a riguardo le conseguenze associate a lesioni nelle aree di Broca e di Wernicke.


Tra i test futuri, il primo che mi viene in mente è quello di analizzare cani (ma non solo) selvatici, non "condizionati" quindi dall'uomo quando ancora cuccioli; questo dovrebbe permetterci di capire se e quanto questa capacità (soprattutto il riconoscimento tonale) sia presente in natura.
Altro punto chiave è il ricordare che il cane è il prodotto di una selezione operata dall'essere umano in migliaia di anni. Una selezione che ha di fatto creato una specie ben diversa da quella originaria. La selezione ha di fatto favorito solo quei cani che non solo hanno dimostrato di potere adattarsi a convivere con l'Uomo ma che erano dotati di una adeguata responsività (e comprensione) agli ordini.  

Fonte
- Orienting asymmetries in dogs' responses to different communicatory components of human speech" 
Victoria Ratcliffe and David Reby,  Current Biology, 26 novembre 2014.

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