La strada che porta alla comprensione clinica dell'autismo è tortuosa, e non solo in senso metaforico. Per tutta una serie di motivi che ruotano intorno alla definizione stessa della malattia, ASD (Autism Spectrum Disorder): un "contenitore" in cui finiscono malattie diverse e poco caratterizzate, accomunate dal fatto che i malati presentano tratti comportamentali comuni. In assenza di altre informazioni diventa quindi molto difficile identificare gruppi di soggetti omogenei da un punto di vista della patogenesi molecolare, il primo e fondamentale passo per identificare l'anomalia (o molto più probabilmente le anomalie) alla base della malattia.
E' sempre importante allora tenere d'occhio la letteratura scientifica per monitorare la comparsa di nuovi tasselli dal cui assemblaggio emerge pian piano un quadro meno "nebuloso". Una nebulosità che ha reso possibile la diffusione di ipotesi infondate, nel migliore dei casi ma molto spesso folli, sulla causa prima dell'autismo. Nell'elenco delle peggio teorie ricordo la bufala del legame vaccino del morbillo autismo (vedi figura in basso e mio precedente articolo QUI) e l'ipotesi, ancora peggiore se possibile date le reazioni che innescava, formulata da uno psicologo che identificava nella carenza di cure materne la causa scatenante della malattia.
Tra i tanti lavori seri emersi negli ultimi anni, quello pubblicato da un gruppo di ricerca della università di Princeton è particolarmente interessante in quanto mette al centro dell'indagine il cervelletto, un'area importante del sistema nervoso centrale e in particolare il suo ruolo di filtratore degli input tra il mondo esterno e la corteccia cerebrale.
Se molto si sa del coinvolgimento del cervelletto nel controllo motorio molto meno nota è la sua azione nello sviluppo infantile per problematiche non di tipo motorio. Dato che il cervelletto processa le informazioni sensoriali (sia interne che esterne) è verosimile che un suo anomalo funzionamento causi una alterata gestione degli stimoli sensoriali da parte dei centri corticali superiori. In effetti una delle caratteristiche comuni dell'ASD è proprio l'incapacità sociale legata ad una non corretta gestione degli input esterni, siano essi precipuamente sensoriali (suoni, odori, …) o relazionali.
Il bambino autistico è spesso descritto come un bambino in gabbia, non in grado di "assimilare" input sociali altrimenti facilmente elaborati in tutti i bambini. Un bambino privo di questa "comprensione" è condannato, se lasciato a se stesso, ad una vita di isolamento e di sofferenza.
Ed è proprio quello che i dati pubblicati sulla rivista Neuron sembrano avere confermato. All'interno dell'ampia variabilità associata all'ASD, potrebbe esserci anche una lesione del cervelletto avvenuta in fase molto precoce con conseguente diaschisi dello sviluppo, vale a dire una anomalia a cascata in zona "altra" del cervello.
Gli autori dell'articolo ipotizzano che la presenza di lesioni cerebellari possa provocare interruzioni nel flusso di dati proprio nella fase dello sviluppo in cui si apprende ad elaborare gli input sensoriali. Spiega Sam Wang, professore associato di biologia molecolare al Neuroscience Institute di Princeton, "è ben noto che il cervelletto è un processore in grado di elaborare input di per se neutri. La nostra neocorteccia [NdB "nostra" in quanto sebbene presente anche in altri mammiferi siamo solo noi Homo sapiens ad averla molto sviluppata] non riceve informazioni che non siano state precedentemente filtrate. Esistono passaggi critici che devono avvenire prima che un input esterno raggiunga la corteccia neurale. Ad un certo punto, si impara che sorridere è bello perché la mamma ti sorride. Si tratta di associazioni fatte durante lo sviluppo postnatale. Il sorriso diventa bello. Nell'autismo tuttavia qualcosa in questo processo va male, e l'elaborazione di almeno una parte degli stimoli esterni viene meno".
Proprio quello di cui parlavo prima. E' come se vi fosse una barriera tra il soggetto autistico intrappolato in un mondo in cui le informazioni dall'esterno sono "in una lingua non comprensibile".
Mustafa Sahin, professore di neurologia alla Harvard Medical School, non autore dello studio, avvalla questa idea."L'associazione tra deficit cerebellari e autismo era nell'aria da un po' di tempo. Quello che Sam Wang e i suoi colleghi hanno fanno è stato razionalizzare idee sparse e collocarle all'interno dello sviluppo post-natale, legando cervelletto e circuiti neocorticali".
Già nel 2007 un articolo pubblicato sulla rivista Pediatrics riportava casi di individui con lesioni al cervelletto alla nascita e che avevano 40 volte più probabilità di risultare successivamente positivi al test diagnostico per l'autismo.
"Quello che abbiamo capito dallo studio della letteratura scientifica è che questi due problemi - autismo e lesioni cerebellari - sono potenzialmente correlati tra loro" continua Wang.
Da un punto di vista sperimentale la strada è ancora molto lunga. La prova può infatti solo venire dalla disponibilità di modelli animali in cui sia possibile, inattivando elettricamente alcune aree del cervelletto, agire sulle aree corticali. Un'altra possibilità è quella di avvalersi dei metodi computazionali forniti dal progetto BRAIN per studiare il legame tra aree diverse del cervello.
In entrambi i casi siamo solo all'inizio.
Fonti
- Early cerebellum injury hinders neural development, possible root of autism, theory suggests
Princeton University, news
- The Cerebellum, Sensitive Periods, and Autism
Samuel Wang et al, (2014) Neuron, 83 (3) 518-532
- Does cerebellar injury in premature infants contribute to the high prevalence of long-term cognitive, learning, and behavioral disability in survivors?
C. Limperopoulos et al, (2007) Pediatrics, 120 (3) 584
A titolo di esempio vale la pena ricordare come l'autismo sia una patologia principalmente maschile e che i casi femminili riportati nella letteratura scientifica siano di fatto riferiti ad una malattia eziologicamente diversa.
E' sempre importante allora tenere d'occhio la letteratura scientifica per monitorare la comparsa di nuovi tasselli dal cui assemblaggio emerge pian piano un quadro meno "nebuloso". Una nebulosità che ha reso possibile la diffusione di ipotesi infondate, nel migliore dei casi ma molto spesso folli, sulla causa prima dell'autismo. Nell'elenco delle peggio teorie ricordo la bufala del legame vaccino del morbillo autismo (vedi figura in basso e mio precedente articolo QUI) e l'ipotesi, ancora peggiore se possibile date le reazioni che innescava, formulata da uno psicologo che identificava nella carenza di cure materne la causa scatenante della malattia.
Tra i tanti lavori seri emersi negli ultimi anni, quello pubblicato da un gruppo di ricerca della università di Princeton è particolarmente interessante in quanto mette al centro dell'indagine il cervelletto, un'area importante del sistema nervoso centrale e in particolare il suo ruolo di filtratore degli input tra il mondo esterno e la corteccia cerebrale.
Se molto si sa del coinvolgimento del cervelletto nel controllo motorio molto meno nota è la sua azione nello sviluppo infantile per problematiche non di tipo motorio. Dato che il cervelletto processa le informazioni sensoriali (sia interne che esterne) è verosimile che un suo anomalo funzionamento causi una alterata gestione degli stimoli sensoriali da parte dei centri corticali superiori. In effetti una delle caratteristiche comuni dell'ASD è proprio l'incapacità sociale legata ad una non corretta gestione degli input esterni, siano essi precipuamente sensoriali (suoni, odori, …) o relazionali.
Il bambino autistico è spesso descritto come un bambino in gabbia, non in grado di "assimilare" input sociali altrimenti facilmente elaborati in tutti i bambini. Un bambino privo di questa "comprensione" è condannato, se lasciato a se stesso, ad una vita di isolamento e di sofferenza.
Ed è proprio quello che i dati pubblicati sulla rivista Neuron sembrano avere confermato. All'interno dell'ampia variabilità associata all'ASD, potrebbe esserci anche una lesione del cervelletto avvenuta in fase molto precoce con conseguente diaschisi dello sviluppo, vale a dire una anomalia a cascata in zona "altra" del cervello.
Gli autori dell'articolo ipotizzano che la presenza di lesioni cerebellari possa provocare interruzioni nel flusso di dati proprio nella fase dello sviluppo in cui si apprende ad elaborare gli input sensoriali. Spiega Sam Wang, professore associato di biologia molecolare al Neuroscience Institute di Princeton, "è ben noto che il cervelletto è un processore in grado di elaborare input di per se neutri. La nostra neocorteccia [NdB "nostra" in quanto sebbene presente anche in altri mammiferi siamo solo noi Homo sapiens ad averla molto sviluppata] non riceve informazioni che non siano state precedentemente filtrate. Esistono passaggi critici che devono avvenire prima che un input esterno raggiunga la corteccia neurale. Ad un certo punto, si impara che sorridere è bello perché la mamma ti sorride. Si tratta di associazioni fatte durante lo sviluppo postnatale. Il sorriso diventa bello. Nell'autismo tuttavia qualcosa in questo processo va male, e l'elaborazione di almeno una parte degli stimoli esterni viene meno".
Proprio quello di cui parlavo prima. E' come se vi fosse una barriera tra il soggetto autistico intrappolato in un mondo in cui le informazioni dall'esterno sono "in una lingua non comprensibile".
Mustafa Sahin, professore di neurologia alla Harvard Medical School, non autore dello studio, avvalla questa idea."L'associazione tra deficit cerebellari e autismo era nell'aria da un po' di tempo. Quello che Sam Wang e i suoi colleghi hanno fanno è stato razionalizzare idee sparse e collocarle all'interno dello sviluppo post-natale, legando cervelletto e circuiti neocorticali".
Uno schema riassuntivo delle connessioni cervelletto-corteccia nel topo. Vi rimando al sito originale (QUI) dove è disponibile la versione animata dello schema in cui è possibile confrontare le differenze tra topo mutato e normale (Credit: Simons Foundation Autism Research Initiative / IMAGE: Emily Elert) |
Già nel 2007 un articolo pubblicato sulla rivista Pediatrics riportava casi di individui con lesioni al cervelletto alla nascita e che avevano 40 volte più probabilità di risultare successivamente positivi al test diagnostico per l'autismo.
"Quello che abbiamo capito dallo studio della letteratura scientifica è che questi due problemi - autismo e lesioni cerebellari - sono potenzialmente correlati tra loro" continua Wang.
Da un punto di vista sperimentale la strada è ancora molto lunga. La prova può infatti solo venire dalla disponibilità di modelli animali in cui sia possibile, inattivando elettricamente alcune aree del cervelletto, agire sulle aree corticali. Un'altra possibilità è quella di avvalersi dei metodi computazionali forniti dal progetto BRAIN per studiare il legame tra aree diverse del cervello.
In entrambi i casi siamo solo all'inizio.
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Fonti
- Early cerebellum injury hinders neural development, possible root of autism, theory suggests
Princeton University, news
- The Cerebellum, Sensitive Periods, and Autism
Samuel Wang et al, (2014) Neuron, 83 (3) 518-532
- Does cerebellar injury in premature infants contribute to the high prevalence of long-term cognitive, learning, and behavioral disability in survivors?
C. Limperopoulos et al, (2007) Pediatrics, 120 (3) 584
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